Dalla pietra al mosaico: forme d'arte un po' dimenticate che rivivono in Cittadella
È fuor di dubbio che viviamo nell'epoca (forse siamo all'inizio addirittura di un era, ma si vedrà) del digitale o virtuale che dir si voglia.
I tentativi di creare universi virtuali paralleli per ora sono miseramente falliti, come nel caso del Metaverso di Zuckerberg, ma è ragionevole pensare che rientreranno e certamente con maggiore fortuna, giacché la virtualizzazione delle nostre esistenze è un progressivo e inarrestabile percorso.
C'è un certo parallelismo, probabilmente nemmeno troppo casuale, tra quanto avviene nel campo del web e quanto accade in architettura e anche nell'arte.
Sempre più gli edifici contemporanei sfidano le altezze e le intemperie con arditi capogiri fatti solo di vetro e metallo: la pietra, per millenni unico mezzo di costruzione usato dall'uomo è praticamente scomparsa se non come elemento decorativo.
Non diversamente accade nell'arte, dove tra video art, installazioni sonore, performance e arte digitale sempre più raro è imbattersi nella pittura tradizionale e soprattutto nella scultura tradizionale, cioè quella realizzata con il marmo.
Sì ha insomma l'impressione che in un certo senso le spinte "virtuali" che la nostra quotidianità subisce si ripercuotano anche nel modo in cui avvolgiamo noi stessi con gli edifici che costruiamo, e in un certo senso anche con gli oggetti con cui li decoriamo interamente: schermi invece dei quadri, oggetti illuminanti invece di statue etc…
Rimane di contro, e sarà così finché sanguineremo dopo esserci tagliati, una dimensione fisica cui non possiamo rinunciare, e che in un certo senso diviene una sorta di rassicurazione rispetto alla paura che ci fa l'idea di un universo digitale impalpabile, evanescente, infinito e inafferrabile.
Insomma ogni tanto il bisogno di toccare qualcosa di fisico, stabile e irremovibile ci rassicura: il tronco di un albero secolare, la colonna di una chiesa o di un tempio antichi, il marmo di una scultura.
Non c'è nulla da fare, la pietra è e rimane un bisogno quasi insopprimibile dell'uomo, una necessità di marcare in qualche modo la continua mutevolezza della realtà fissandola in qualcosa di immodificabile: e in questo senso il monumento è il più diffuso e permanente dei tentativi.
In Cittadella degli Archivi pochi giorni fa abbiamo appunto inaugurato una "pietra memoriale': due lunghe grandi colonne di granito rosa provenienti dal Teatro alla Scala su cui stata posta una elegante lucidissima lastra di marmo bianco di Carrara opera dell'artista Lorenzo Montinaro e dono del collezionista Marco Pelligra.
L'opera "A Liliana" è dedicata al Censimento degli Israeliti del 1938, un preziosissimo giacimento cartaceo che custodiamo nei nostri archivi ma che volevamo avesse un punto fermo nella nostra storia al di fuori dell'archivio. Ed ecco perché siamo ricorsi proprio alla pietra: quella pietra che sulle sepolture degli Ebrei sostituisce i fiori troppo rari e preziosi nel deserto; quella pietra che è l'altare su cui Abramo si accinge nella Bibbia al sacrifico più estremo, quello del suo unico adorato figlio. E vi assicuro che l'effetto è esattamente quello desiderato: davanti a quella mole di pietra bianca non si può non rimanere fermi e un po' in soggezione, a prescindere dai propri convincimenti personali: la pietra è lì, inamovibile e imperturbabile, a segnare un confine davanti al quale si è costretti a fermarsi, anche solo per un momento. Viene alla mente lo spaccapietre che Charles Peguy incontra lungo il pellegrinaggio verso la cattedrale di Chartres (gioiello assoluto di pietra) e che alla domanda su cosa stesse facendo risponde orgoglioso "costruisco la cattedrale!".
La pietra però è anche l'antesignana della pittura, nel senso che anche la pittura occidentale prima di essere "dipinta" era di pietra: il mosaico, e cioè l'utilizzo di piccole tessere colorate di marmi e pietre per realizzare delle figure è stata per millenni la nostra più diffusa e duratura tecnica di raffigurazione tra i due Imperi Romani sia d'Oriente che d'Occidente. Sarà Duccio di Boninsegna, genio assoluto del Dugento senese, a trarre definitivamente le figure bizantine dalla fissita' della pietra mosaicale e dargli forme e colori mai visti prima, anche se rimarranno ancora immerse per un centinaio di anni in quel magnifico oro iperuranico in cui per secoli la stirpe di Costantinopli le aveva imprigionato.
Gioelli assoluti di questa pratica sono ancora oggi visibili a Monreale in Palermo, nella Ravenna costantinopolitana o nelle meraviglie dei pavimenti di Piazza Armerina ad Enna.
Da lì in poi il mosaico è praticamente scomparso, salvo qualche comparsata in qualche chiesa o cimitero e poi nell'epoca moderna in qualche tribunale, ospedale o edificio pubblico.
Da qualche anno invece il mosaico è uscito dall'angolo triste e ammuffito in cui è rimasto relegato per secoli ed è tornato di grande charme ma nell'arredamento: i bagni e le piscine più lussuosi del pianeta sono oggi decorati con costosissimi virtuosismi mosaicistici, che hanno dato a questa tecnica antichissima nuove forme e strabilianti colori.
Non ha fatto eccezione la Metropolitana di New York che negli ultimi anni ha decorato centinaia di metri di superfici delle proprie stazioni con splendidi mosaici di arte contemporanea.
Anche noi abbiamo voluto ridare, nel nostro piccolo, dignità a questa antichissima tecnica: il prossimo 3 ottobre in Cittadella degli Archivi inaugureremo uno splendido mosaico di 44.000 tessere tutte intagliate a mano e dedicato ad una della figure più POP del '900: la top model americana di colore Donyale Luna, che fu musa ispiratrice di Fellini, Dalì, Andy Wharol, Pasolini e molti altri.
Il marito e grande fotografo Luigi Cazzaniga le scatto' delle splendide immagini nella Milano degli anni '70, e proprio da uno di questi magici scatti abbiamo tratto il volto che sarà oggetto del nostro splendido mosaico.
Un tentativo, perfettamente riuscito peraltro, di adattare una tecnica millenaria a quanto di più contemporaneo possiamo immaginare, e cioè una immagine digitale che farà preso il giro del mondo: la HBO ha infatti appena dedicato una biopic alla modella e tutti i grandi giornali americani dal New York Times fino a Vogue e Vanity Fair le hanno tributato in questi giorni grandiosi omaggi.
Insomma in questo mese di settembre ci piace che la pietra in forme così diverse, torni protagonista dell'arte milanese negli spazi dei nostri archivi.
(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)
Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano
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