9 maggio 2025

Il nuovo Papa: l'uomo può aspirare alla pace solo se si apre alla parola disarmata e disarmante di Cristo

“Ti piace questo Papa?”, tanti amici mi hanno scritto per chiedermi un parere subito dopo il discorso e la benedizione Urbi et Orbi di Robert Francis Prevost, Papa Leone XIV, 267° successore di Pietro, eletto solo dopo 4 scrutini in un tardo pomeriggio di inizio maggio. In realtà, in un’ottica di fede, il Pontefice non deve piacere, ma deve essere accettato come un dono di Dio, come l’esaltante risultato dell’incontro tra la libertà degli uomini riuniti in Conclave e l’azione dello Spirito Santo che sempre ispira ma mai si impone. Una volta che il nome del prescelto è proclamato dal cardinale protodiacono ciascuno deve mettere da parte i propri candidati e riconoscere nell’eletto il rappresentante di Cristo in terra.

Certo pochi si sarebbero aspettati di vedere affacciarsi alla loggia delle benedizioni questo frate agostiniano conosciuto solo dagli addetti ai lavori e catapultato a Roma, come prefetto del dicastero per i vescovi, appena due anni fa per volere di Papa Francesco. Statunitense di nascita è vissuto quasi sempre come missionario in America Latina facendo moltissime esperienze non solo come priore generale del suo ordine, ma anche come formatore di novizi, come parroco, come cancelliere…

Chi lo conosce personalmente assicura che sarà un ottimo papa perché dotato di grande equilibrio, di profonda umanità, di una forte capacità di dialogo, di una feconda umiltà.

Dal suo primo intervento mi hanno colpito alcuni aspetti. Anzitutto la scelta di tornare ai paramenti tradizionali – la mozzetta, la preziosa stola rossa, la croce pettorale – che Francesco aveva – per sua sensibilità propria – messo da parte. Pur essendo un “uomo” di Bergoglio, pur avendolo citato con grande affetto e commozione, Prevost non è incatenato allo stile del suo predecessore, non se ne sente condizionato: ciò rivela una grande libertà interiore che gli fa onore!

In secondo luogo il nome che già molti bollano come altisonante, dal sapore rinascimentale. Certo c’è stato Leone X che favorì con la vendita delle indulgenze lo scisma luterano, ma ci fu anche Leone Magno che guidò la chiesa nel difficile periodo delle invasioni barbariche o Leone III che si rapportò non senza fatica a Carlo Magno per poi arrivare a Leone XIII, il Pontefice che inaugurò la dottrina sociale della Chiesa e rivendicò i diritti dei lavoratori. Probabilmente sapremo solo nei prossimi giorni, dalla voce dello stesso Pontefice, il perché di questo nome che certamente rimane inaspettato.

Sulle parole di Leone XIV alcune sintetiche annotazioni. Anzitutto la centralità di Cristo! Prevost ha parlato di pace, ma non come sforzo umano, non come risultato della diplomazia o dell’intervento dei governanti, ma essenzialmente come dono del Risorto. L’uomo può aspirare alla pace solo se si apre alla parola disarmante e disarmata di Cristo. Ho avuto l’impressione di un uomo profondamente ancorato alla preghiera e all’amore di Gesù; di questo ha bisogno la Chiesa oggi: pastori con i piedi ben piantati sulla terra ma con lo sguardo rivolto costantemente al Cielo. Inoltre mi ha piacevolmente impressionato la sua devozione mariana: è il primo Papa che ha fatto recitare l’Ave Maria al popolo cristiano riunito per acclamarlo subito dopo l’elezione! L’8 Maggio è la memoria liturgica della Madonna di Pompei e anche una delle feste del santuario di San Michele Arcangelo al Gargano: Leone XIV potrà certamente contare sulla potente intercessione di Maria e sulla protezione del principe della milizia celeste: tra l’altro fu proprio Leone XIII a ordinare di recitare alla fine di tutte le Messe la preghiera di S. Michele contro le insidie e i condizionamenti del maligno. Un caro amico mi ha fatto notare che non ha assolutamente parlato di se stesso: la sua persona è quasi scomparsa di fronte alla centralità di Cristo, di Maria, della Chiesa, della pace!

Mi ha inoltre colpito da una parte la palpabile commozione che traspariva dal suo volto – c’è stata anche qualche lacrima che ha rigato le guance – ma paradossalmente anche la sua tranquillità e sicurezza. Umanamente egli sapeva di dover portare, da solo, una croce pesante che gli causerà tanti dolori e preoccupazioni, ma allo stesso tempo – da buon frate – egli era consapevole che se Dio gli ha posto un peso così grande sulle spalle, gli darà anche la forza per portarlo. Lo aiuteremo tutti a portare quel peso con la nostra simpatia, il nostro docile ascolto, la nostra filiale obbedienza, la nostra incessante preghiera. 

Paolo VI, un papa tra i più lungimiranti e profetici della storia, che visse solo sul Golgota, gli anni difficili del post Concilio e della contestazione, durante una visita ad Anagni si rivolse ai fedeli con parole insolite e commoventi: “Posso domandarvi la grazia che voi non vi rifiutate di amare il Papa? «Amate il Papa», al quale senza suo merito o ricerca è affidata la singolare missione di rappresentare il Signore davanti alla Chiesa universale e che non ha altra aspirazione se non quella di salvare, di farvi felici, perché la sua autorità è un servizio: il servizio del Servo dei servi di Dio”. Il regalo più bello che possiamo fare a questo frate agostiniano che Cristo ha chiamato al soglio di Pietro è proprio quello di amarlo, anche se non è il nostro candidato, anche se ci è sconosciuto, anche se non è italiano. Ora è Pietro e questo ci basta!

  

Claudio Rasoli


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commenti


harry

9 maggio 2025 10:29

I ga elegiit papa el Prevost de sant'Agustiin.