8 febbraio 2025

Immediatezza decisionale e salvaguardia dei corpi intermedi

È possibile sopprimere i corpi intermedi? La domanda è certamente provocatoria, eppure non sono poche le persone pronte a rispondere in senso convintamente positivo, forse inconsapevoli del fatto che una prospettiva del genere andrebbe a scalfire la sagoma della democrazia rappresentativa. In realtà, sin dai tempi della Rivoluzione francese, non sono mancati coloro che si proponevano di annullare tutti gli enti intermedi presenti nella società. Oggi, ben oltre due secoli dopo, la stessa soluzione viene riproposta, in un contesto decisamente più favorevole alla sua realizzazione grazie alle potenzialità che offre il web. E, per di più, in un clima di generale sfiducia per la politica. 

La parola con la quale si può riassumere questa tendenza è disintermediazione che indica, in linea di massima, la dinamica che ha prodotto l’indebolimento dell’azione dei corpi intermedi, come conseguenza della necessità di superare la «lentezza» delle forme di mediazione e favorire la creazione di una dimensione nella quale la «rapidità» rappresenti la cifra distintiva. Come si accennava, la rivoluzione digitale ha ampiamente favorito questo processo, dove la comunicazione si contraddistingue per il fatto che le informazioni vengono prodotte, inviate e ricevute senza l’intervento di intermediari. Secondo alcuni osservatori, si trova qui la ragione principale della crisi del giornalismo professionale e, più in generale, delle autorità epistemiche, pur importanti per un buon funzionamento della democrazia. 

È dunque del tutto comprensibile che l’idea della disintermediazione venga considerata una prospettiva geniale dai fautori delle forme di partecipazione diretta digitale e, quindi, dai sostenitori di una nuova forma di governo che appunto non preveda la presenza di corpi intermedi. Alla radice si trova quella che Daniel Innerarity chiama ideologia dell’immediatezza, la quale suggerisce di trasferire al popolo il potere detenuto dai suoi rappresentanti, dal momento che si ritiene che la rappresentanza democratica costituisca inevitabilmente una falsificazione, o quantomeno una deformazione della volontà popolare. Tale ideologia può rivelarsi molto insidiosa per il funzionamento della democrazia. Ma non bisogna considerarla una declinazione inedita, perché si è manifestata anche in altri frangenti della storia politica dell’Occidente e, in tal senso, le recenti inclinazioni verso forme di immediatezza politica possono essere considerate l’ultimo capitolo di questa lunga storia. Ciò che preme sottolineare, però, è che oggi l’impeto dell’ideologia dell’immediatezza è talmente forte da provocare una trasformazione della democrazia rappresentativa in una vera e propria democrazia immediata. Quest’ultima espressione è piuttosto problematica, perché viene utilizzata nei modi più disparati: può essere evocata sia nei termini di un auspicio verso cui tendere, sia alla stregua di un rischio da evitare assolutamente. L’elemento che si vuole qui evidenziare è che tal declinazione della democrazia immediata asseconda le cittadine e i cittadini nel credere di essere costantemente presenti e in contatto con il decisore politico. 

Il tentativo di edificare una democrazia senza mediazioni non deve essere considerato alla stregua di una suggestione illusoria, perché, come ci ricorda Miguel Benasayag, il fallimento delle utopie ha instaurato una sorta di «immediatezza permanente» che ha inevitabilmente influenzato il sistema della rappresentanza politica. Infatti, la ricerca di immediatezza ha sì una dimensione temporale – quella appunto che tende a enfatizzare la velocità nel prendere delle decisioni – ma ha anche una dimensione spaziale, che riguarda la vera e propria assenza di mediazioni tra i rappresentanti e i rappresentati. Da questo punto di vista, la costante crescita della distanza tra società civile e politica, che si sarebbe voluta colmare, si è in fondo ulteriormente allargata: infatti, ci troviamo, per un verso, a dover prendere atto dell’insostituibilità di qualche forma di mediazione, per un altro, a evidenziare come il già fragile canale di connessione tra cittadini e istituzioni si sia ulteriormente indebolito a causa della pressante retorica volta a denunciarne l’obsolescenza. Per molti versi, la disintermediazione è l’ennesima promessa non mantenuta dalla democrazia. 

In questo contesto, diviene allora sempre più importante riportare l’attenzione sull’area che definisce la relazione tra rappresentanti e rappresentati, all’interno della quale operano i corpi intermedi. In primo luogo, per svelare alcuni punti deboli dell’ideologia dell’immediatezza e, poi, per far emergere i fondamentali equilibri che regolano il funzionamento di una democrazia liberale. Ma anche per ricordarci che la tutela dello spazio dove si esprimono gli attori della vita sociale, economica e politica significa anche tutelare il pluralismo, quindi la possibilità di poter esprimere liberamente la propria opinione, i propri interessi e, non da ultimo, la propria personalità. In un contesto internazionale nel quale le democrazie sono sotto attacco, ribadire l’essenzialità di una simile dimensione non appare affatto un esercizio retorico.

Università Sacro Cuore Milano

 

Antonio Campati


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti