Una legge che non risolve la questione dei "violini in bianco". Il marchio? Deve essere obbligatorio
In questi giorni dopo gli entusiastici interventi di molti esponenti del mondo liutario cremonese alla notizia della presentazione in Regione Lombardia di una proposta di legge sulla salvaguardia della liuteria a Cremona e per Cremona, abbiamo assistito ad altri interventi, foto di gruppo, interviste, articoli redazionali, che inneggiavano finalmente alla soluzione dei tanti problemi sino ad ora irrisolti soprattutto dopo la approvazione della stessa legge in Regione.
L'unica “nota stonata” il PD che si rammaricava del fatto che gli aiuti regionali non potessero andare a tutti gli iscritti alla Camera di Commercio dimostrando di non aver capito niente ( come al solito ) e lamentando anche il fatto che il Comune e Distretto, che da 20 anni sono i responsabili della liuteria a Cremona, senza aver mai combinato nulla sul tema salvaguardia della produzione, potranno avere minor potere.
Fortunatamente è uscito nei giorni scorsi un intervento del dott. Perrone un po’ diverso, ma sempre molto misurato.
Mi consenta a questo punto quindi pur sottolineando che anche da parte mia ho sentito il dovere di ringraziare il consigliere regionale Ventura di FdI per il suo impegno e per essere stato il primo politico a sollevare i problemi della liuteria di Cremona in Regione con una proposta di legge, di affermare senza mezzi termini di non comprendere nella maniera più assoluta le grandi espressioni positive espresse da tanti più o meno esperti del settore a meno che non si riferissero ai fondi resi disponibili.
Mi si consenta ancora visto che sono stato presidente ALI per anni ( nonché vice presidente di Acisa) i trascorsi in Ipiall e di essere stato promotore in prima persona di un consorzio liutario (poi confluito nell'attuale ), e attuale presidente ANLAI di sollevare alcuni problemi a mio avviso mai risolti e che anche con la legge attuale non potranno trovare soluzione.
Da anni senza mezzi termini circolano a Cremona e tutti lo sanno anche se si parla semplicemente ora di sofisticazioni per non voler usare i termini esatti i famosi violini in bianco.
Violini ( che sono ovviamente anche viole e violoncelli ) costruiti in Cina o Romania e venduti anche grazie anche alla legge made in Italy come produzione cremonese.
Questo annoso problema mai risolto dal Comune e dal Distretto e che ha sempre visto UNESCO e Ministero della cultura fare orecchi da mercante ( più volte sono stati da me inutilmente coinvolti ) danneggia inequivocabilmente l'immagine della città patrimonio immateriale della liuteria e gli stessi liutai.
Sappiamo anche che molti maestri di una certa notorietà hanno segnalato anche che circolano strumenti falsi che riportano la loro etichetta.
Sappiamo infine che tribunali che hanno accettato falsificazioni si sono limitati a condannare i colpevoli alla restituzione delle somme percepite senza ulteriori interventi proprio perché è scritto nero su bianco nelle sentenze a Cremona non vi è nessun controllo qualitativo sulla produzione !
Tutto ciò premesso è chiaro che il controllo della qualità è e la certificazione della produzione liutaria è l’unico mezzo che può spazzare via i violini in bianco.
Non c' è altra via.
Ed allora come è possibile quindi a giungere a questo ?
L'ho scritto più volte purtroppo inutilmente.
E’ necessario giungere a delle imposizioni e chi non accetta le regole imposte non può pretendere che la sua produzione sia certificata mentre la certificazione è una garanzia utile e indispensabile per gli acquirenti spesso in difficoltà anche per le notizie delle sofisticazioni ormai note a tutti.
Abbiamo ricordato che il problema annoso vide possibilità di risoluzione nel “Registro del violino” proposto nel 1949 un registro in cui doveva essere inserito ogni strumento costruito con tutte le sue caratteristiche.
E’ un proposta ancora attuale che consentirebbe anche di conoscere il numero di strumenti costruiti ogni anno da ciascun liutaio.
La seconda è indubbiamente il marchio.
Su questo insiste anche la legge regionale chiamandolo Marchio liuteria .
Ma il marchio Liuteria per risolvere davvero il problema qualità dovrebbe essere apposto su tutta la produzione di ogni liutaio e non solo per gli strumenti richiesti e dovrebbe essere gratuito ( e qui avrebbe un senso che intervenisse la Regione con i finanziamenti e non invece per finanziare altre iniziative alcune a mio avviso davvero risibili ).
Alcuni liutai cremonesi sono così famosi che potrebbero evitare di sottostare a questa imposizione o proposta perché i musicisti si fidano di loro ma il numero dei maestri cremonesi in queste condizioni non sarebbe certo molto numeroso
Per gli altri chi non accettasse resterebbe fuori a suo rischio e pericolo con la produzione non certificata una auto esclusione voluta e consapevole.
Tutto il resto .. “ è noia “ , fumo negli occhi o parole inutili per riempire la bocca o per chi di liuteria conosce..... ben poco.
CONCLUDO IN DUE PAROLE MARCHIO SI’ MA OBBLIGATORIO PER RISOLVERE DEFINITAMENTE IL PROBLEMA
Ma per rincarare la dose e non evitare ulteriori polemiche che certamente mi attendo aggiungo che Cremona dovrebbe magari certificare solo la costruzione con metodo stradivariano e della forma interna per poter far rientrare la produzione nel patrimonio immateriale dell’UNESCO mentre tanti liutai anche in città cremonesi o stranieri nelle loro 200 botteghe costruiscono ....con la forma alla francese o forma esterna ?
E questo lo dico in primis agli ex sostenitori di ACLAP, di Santoro che invece sono oggi muti o osannanti ed ai tanti seguaci di Sacconi e di Fiorini che Cremona…... sta ricordando “ benissimo“ .
Ma queste sono altri piccoli e insignificanti problemi della liuteria a Cremona e solo per buttare un piccolo sasso nello stagno.
Ad majora
presidente Anlai
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