La gioia di incontrare
La pagina del Vangelo secondo Luca che viene proclamata oggi dalla liturgia, parla dell’incontro tra Maria ed Elisabetta. Il racconto è comunemente conosciuto come “Visitazione”, festa che la Chiesa romana celebra il 31 maggio, a conclusione del mese che la pietà popolare dedica alla Vergine Maria e caratterizza con la preghiera del rosario vissuta pubblicamente.
Oggi incontriamo questo racconto nell’ultima domenica di Avvento, a pochi giorni dal Natale. In questa domenica, ogni anno, leggiamo la narrazione di un evento che ha immediatamente preceduto la nascita di Gesù, per disporre il nostro ascolto verso l’annuncio che tra pochi giorni risuonerà nella Chiesa per il mondo intero, celebrando la nascita Gesù, il Cristo atteso.
A noi, già protesi a quel momento, Luca propone di sostare a pensare all’incontro di Maria con Elisabetta avvenuto nella casa di Zaccaria, marito di Elisabetta, padre di Giovanni Battista.
Nel Vangelo secondo Luca il racconto che oggi leggiamo è compreso tra l’annunciazione dell’angelo Gabriele a Maria, e a questo strettamente collegato, e il cantico del Magnificat, risposta di Maria alle parole di Elisabetta che la proclamano “beata” per aver “creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45).
Le letture che si possono fare di questo testo sono molteplici, per tanti motivi, tra i quali la ricchezza di rimandi, più o meno velati, all’Antico Testamento. Fra queste letture due sono particolarmente significative. Una ne sottolinea la dimensione caritativa, facendo leva sulla fretta con cui Maria si reca da Elisabetta, vedendo in questa corsa di Maria la sua preoccupazione per portare aiuto e sostegno alla cugina anziana restata incinta. Una seconda interpretazione, muovendosi maggiormente sulla rilettura dei racconti del Secondo Libro di Samuele (cfr. 2Sam 6), collega la salita di Maria dalla Galilea alla Giudea al trasporto dell’Arca dell’Alleanza che viene portata da Davide all’acropoli di Gerusalemme. E come Davide danzò davanti all’Arca, così ora danza Giovanni nel grembo della madre Elisabetta e fra il Messia e il profeta si instaura, ancor prima della loro nascita, il dialogo che li segnerà per tutta la loro esistenza terrena.
Ai margini di queste letture ufficiali, mi permetto di divagare, e al di là dell’intenzione di Luca scelgo di leggere il racconto di oggi all’interno della situazione in cui noi viviamo, in questo tempo in cui, croce o grazia che ci sembri, il Signore ci ha posti a vivere, per dare il nostro contributo a favore del mondo.
Da Nazareth in Galilea, Maria si sposta verso la zona montuosa della Giudea, in un luogo che nel testo di Luca resta sconosciuto. Il motivo per cui Maria si mette in cammino è taciuto dall’Evangelista, per cui se ne può scegliere uno a piacimento, anche se non tutti sono ugualmente possibili. Sicuramente è da scartare il fatto che Maria si incammini per essere certa delle parole dell’Angelo e della gravidanza di Elisabetta che le è stata annunciata, perché internamente al testo, Maria, prima di scambiare qualsiasi parola con la cugina, è detta beata per aver creduto. A me quest’anno piace pensare che Maria vada verso Elisabetta per condividere quello che le è stato annunciato, cercando qualcuno che possa capirla e con cui parlare liberamente degli eventi in cui è coinvolta. Maria esprime quel bisogno veramente umano e pienamente spirituale che è la condivisione, cioè rendere partecipi gli altri e vivere con gli altri quanto ci accade, raccontarlo e condividerlo con persone familiari che ci possono capire.
La fretta di Maria esprime l’incontenibilità di essere dentro una storia grande, nella quale si sa di essere protagonisti e allo stesso tempo ministri, cioè servi. E per questo si tratta di qualcosa che non si può vivere da soli, ma che chiede di essere portato insieme, nella comunione in cui il dare e il ricevere aiuto e sostegno non pesano, né a chi dona né a chi riceve, perché resi leggeri dal dono dell’amicizia e della familiarità.
Maria ed Elisabetta, in questo preciso momento delle loro vite, sono le uniche persone al mondo che possono capirsi e che possono aiutarsi. La corsa di Maria si giustifica nella necessità di parlare per capire meglio e per vivere in pienezza il dono che ha ricevuto, la necessità di Elisabetta è nel bisogno di avere al fianco una donna che come lei sia madre oltre la natura della normalità. E tutto ciò non lo si può fare tramite intermediari, siano essi persone, lettere, telefonate, mail o messaggi. Ci sono momenti in cui la fisicità dell’incontro è fondamentale, momenti in cui è necessario guardarsi negli occhi forse luccicanti per la commozione, momenti in cui si deve sentire il timbro della voce e il vibrare delle emozioni che da essa traspaiono, momenti in cui serve il gesto di prendersi la mano o perdersi in un abbraccio per pronunciare le parole che la bocca non può dire. Quest’anno a me piace leggerlo così il motivo del viaggio di Maria da Nazareth alla montuosa Giudea, e mi auguro che questa pagina ci aiuti a riscoprire, oltre i motivi di circostanza, il senso più profondo degli incontri che in questi giorni tutti vivranno: tra colleghi, tra nonni e nipoti, tra cugini lontani, tra persone che forse si vedono poche altre volte durante l’anno, tra amici d’infanzia che si ritrovano in questo periodo. E dentro questi incontri sarebbe bello recuperare che è Natale non perché è scritto sul calendario, bensì perché, come Maria, riconosciamo che ci è stato donato un Bambino che porta un nuovo modo di vedere il mondo e accogliendolo sentiamo l’invincibile bisogno di superare la tentazione della solitudine e di voler incontrare gli altri a partire da coloro che ci sono cari, per riscoprire che il miglior “like” che possiamo mettere è il tempo dedicato a chi è stato e continua ad essere importante per la nostra vita. E con questo pensiero auguro a tutti un sereno Natale.
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