28 gennaio 2023

La Memoria: verità, attualità, quantità

Lunedì mi trovavo alla presenza del Sindaco di Milano e della Senatrice Liliana Segre per la presentazione dell’ampissimo palinsesto di eventi e iniziative che anche quest’anno si terranno in occasione del 27 gennaio, ormai ben noto come Giorno della Memoria.

La Senatrice ha voluto ancora una volta ribadire la sua preoccupazione che quanto accaduto tra il 1941 e il 1945 in Europa, e cioè lo sterminio programmato e sistematico di 6 milioni di Ebrei, venga dimenticato. Segre sostiene con sempre più evidente preoccupazione che scomparsi loro, gli ultimi testimoni, non rimarrà che una riga sui testi di scuola e poi nemmeno quello.

La preoccupazione è assolutamente comprensibile, ma personalmente non sono così pessimista. I testimoni sono sempre destinati a scomparire, fa parte della vita: si potrebbe obiettare che se vivessimo in eterno non ripeteremmo gli stessi grandi errori come intera comunità umana, non come singolo, e questo è plausibile anche se non certo. Nelle saghe di Tolkien sono sempre gli uomini “che vivono un vita breve” a cercare fama e gloria nelle guerre, mentre gli Elfi che vivono per sempre e hanno memoria di cose già vissute, sono sempre i più restii ad accettare un conflitto. Normalmente chi ha vissuto sulla propria pelle una esperienza drammatica ne conosce a tal punto gli effetti dolorosi da volerla evitare di nuovo, e sa bene che sono illusori gli accattivanti risvolti che essa potrebbe in apparenza offrire. Gianni Agnelli, di cui in questi giorni si ricorda la ventennale scomparsa, usava dire che invidiava il lato avventuroso di chi si era fatto da sé, ma che subito pensava a quanti si erano “disfatti” da sé, che erano molti di più, e subito passava il fascino.

La Storia però ci insegna che anche se i testimoni scompaiono, alcuni fatti lasciano un segno indelebile nella tradizione della vicenda umana. I fattori che influenzano questa “permanenza” di un fatto nel passare dei secoli sono molteplici, alcuni totalmente imprevedibili e causali altri decisamente “scientifici”. Uno è certamente la “quantità”, ossia il numero di individui che la tragedia ha toccato: più sono le persone che la vicenda ha toccato, più la vicenda rimarrà nella storia collettiva. Un altro fattore è il clamore suscitato: più se ne è parlato, detto, scritto, filmato nella società dominante e nei mezzi di comunicazione o tradizione dominanti, più ne rimarrà traccia.  E qui già si aggiunge un elemento di relatività : che la Storia spesso la fanno i vincitori, e se non la fanno certamente hanno il potere di influenzarla parecchio. E per vincitori intendo non solo chi materialmente si impone agli altri, ma anche chi per una serie di circostanze raggiunge un tale li vello di sviluppo da imporre il proprio modello sociale ed economico sugli altri, e allora la “sua” storia diviene inevitabilmente la più narrata e influente anche per gli altri: gli esempi assoluti in questo senso sono l’Impero Romano, quello Vittoriano e gli Stati Uniti degli ultimi 50 anni. Quindi un fattore determinante nella tradizione della Storia è la quantità: quantità di testimoni, quantità di influenza della società o persona cui quel fatto è accaduto.

Un altro fattore è certamente la memoria. Ma cosa è la memoria? Secondo la Treccani è “la capacità, comune a molti organismi, di conservare traccia più o meno completa e duratura degli stimoli esterni sperimentati”. Secondo l’Oxford Dictionary è anche “l’apprendimento e la ripetizione fedele, non necessariamente legati a una completa o corretta comprensione, talvolta spinti fino alla nozione di ovvio e banale”. Quindi la memoria può essere il riverbero di qualcosa di vissuto personalmente, tanto quanto è la acritica ripetizione di cosa non vissuta e che si prende per vera. Perché la si prende per vera? Perché in qualche modo ci si fida della “popolarità” di un fatto, della sua ripetizione statistica… Luciano Leggio, astutissimo capo dei Corleonesi, alla domanda di Enzo Biagi sulla esistenza della Mafia rispondeva: “se c’è tutta questa Anti-Mafia, beh molto probabilmente ci sarà anche una Mafia…”, modo perfido ma astutissimo di negare la Mafia affermandone contemporaneamente l’esistenza negando la stima a chi pur detestandola, la riconosce. 

Ecco che allora subentra nella questione della memoria un’altra eterna questione: la verità…e qui si aprono come davanti alle braccia di Mosè le acque del Mar Rosso…Tanto che anche la Treccani diventa ondivaga: “verità: conformità o coerenza a principî dati o a una realtà obiettiva”, e cioè che vero non è solo ciò che corrisponde alla realtà, ma anche a dei principi…i quali sono per definizione umani e relativi.

Le pulizie etniche sono sempre esistite, da secoli, e le più recenti non hanno certo fatto eccezione, dai Turchi con gli Armeni agli Hutu coi Tutsi in Uganda. Credo, e temo, che ogni nazione abbia tra gli scheletri del proprio armadio almeno uno sterminio etnico o razziale o religioso che dir si voglia.

Quello degli Ebrei nel ‘900 ha tutte le caratteristiche prima elencate, e quindi sono certo che rimarrà per sempre nella storia dell’umanità, come del resto non sono dimenticati dalla Storia gli stermini di ebrei a Gerusalemme da parte dei Romani di Tito e a Praga da parte dei Boemi, o ancora quelli stalinisti o la cacciata dalla Spagna e perfino quella “mistica” dall’Egitto. 

Però tutte queste considerazioni mi lasciano una preoccupazione, se faccio un balzo nella quotidianità di oggi e mi guardo attorno. Un’altra delle condizioni per cui la memoria si crei e possa sopravvivere e che i contemporanei siano realisti col proprio tempo: faccio un paio di esempi apparentemente sciocchi ma tutt’altro che tali. Ieri mi è arrivato dalla mia fiscalissima padrona di casa l’adeguamento Istat dell’affitto, circa il 10% sul 2023, cioè quasi un mese di affitto extra; e dopo aver fatto la spesa ho dovuto controllare lo scontrino, perché in tutta sincerità mi sembrava una cifra troppo alta rispetto a quanto avevo acquistato per mangiare. Aumenti che piombano inarrestabili sulla mia vita, che pure sono un single con un buono stipendio, ma che per le famiglie con figli e redditi più bassi sono un vero dramma, e che stiamo portando come italiani o con enorme dignità o con vanitosa negazione... Infatti al telegiornale delle otto si parlava solo di Zalensky a San Remo, di CSM e di OMG…quasi per nulla di inflazione e problemi quotidiani. Ecco che lì quantità e realtà passano in secondo piano sull’altare dei mondi superni che fanno informazione più elitaria che popolare, e che è anche un po' un pericoloso vezzo di molta politica che preferisce parlare di grandi questioni e poco di quotidiane soluzioni. Di questi nostri anni che memoria resterà ? Che la “attualità” sia realmente attuale, e cioè dettata anzitutto da quanto accade a tutti, è un’altra condizione importantissima perché si crei una memoria collettiva veritiera.

(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano

Francesco Martelli


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