Nuovo ospedale con commercio, ristorazione e svago. Ma la priorità alla cura?
Sarà forse il nuovo ospedale di Cremona a conferire alla nostra città nuova vitalità? Temo proprio di no. Il primo risultato che si otterrebbe, qualora si realizzasse il progetto, sarebbe un ulteriore impoverimento del centro storico e delle periferie limitrofe.
Se, come si può presumere dall’idea progettuale proposta, l’ospedale assolverà anche alla funzione di luogo elitario del commercio e della ristorazione, certamente il centro storico e le prime periferie verranno ulteriormente deprezzate.
Si costata come il pullulare di supermercati abbia imposto la chiusura a molteplici attività commerciali, è quindi ipotesi credibile che i “negozi del nuovo ospedale” prenderanno il posto di “quelli del centro”? È un problema urbanistico che non va certo sottovalutato. Lo si voglia o no la progettazione del nuovo ospedale inciderà sull’impianto della Città o, per meglio dire, sul modo di fruirla. Non sarà certo il nosocomio come tale a modificare l’assetto urbano, ma lo saranno le funzioni ad esso connesse: pertinenti al commercio, alla ristorazione e allo svago. La frequentazione determina la vitalità di un luogo e, conseguentemente, l’abbandono di altri. L’identità culturale della Città verrà deprezzata in nome di un invocato sviluppo, segno di novità.
Il problema si pone alla radice: cosa s’intende per sviluppo, cosa s’intende per novità? La “sostenibilità” è tema completamente estraneo al rapporto fra il progetto del nuovo ospedale e la realtà urbana esistente. La presenza di funzioni non congrue ne snaturerebbe quella principale: quella di nosocomio. Per altro oggi il sito, su cui insiste il nostro ospedale, è adibito solo a tale scopo.
Svuotare il centro storico e le periferie limitrofe significa depauperarle. L’identità culturale di Cremona, quella consegnataci dalla storia, è a supporto della “memoria attiva”. Quest’ultima connette passato a presente, presente a futuro. La città è “monumento” di se stessa. La parola “monumento” allude al significato originario del verbo latino moneo: ricordare. Ma il ricordo ha come esito l’ammonimento.
Deragliare dalla memoria comporta amnesia e conseguentemente perdita di identità. L’amnesia non è solo patologia del singolo soggetto, ma è anche patologia collettiva che si manifesta quando si perdono i referenti storici. La società è tale perché è supportata dalla memoria di se stessa.
Non si vogliono riproporre modelli, la memoria è “attiva” in quanto è stimolo ad un cambiamento congruo che consente d’essere coevi al proprio tempo e non cancella tradizioni che si sono sedimentate nel tempo.
In questo consta la “sostenibilità”. Svilire i luoghi storici comporta distruggere il passato. Progettare implica la consapevolezza di cosa si è chiamati a realizzare in uno spazio che “prenderà forma” in un ben preciso contesto già esistente. La storia dell’architettura, studio dell’esistente, è a fondamento di una progettazione responsabile che consente uno sviluppo armonioso. Non esiste “il progetto” che possa essere realizzato indifferentemente in ogni luogo, ma “un progetto” che sia rispettoso dell’ambiente e ne colga le suggestioni, segno inconfutabile di un’identità urbana.
L’osservazione, ora esposta, rispetto al nuovo ospedale evidenzia ipotizzabili sconvolgimenti urbani per l’inserimento di funzioni non adatte al luogo predisposto alla cura. Realizzare un ospedale non comporta semplicemente l’esecuzione di un progetto, ma comporta prevedere le conseguenze che questo innescherà.
Proprio agli effetti si deve porre attenzione. Se si considera più dappresso il progetto due temi s’impongono. Si tratta di questioni che dovrebbe allarmare tutti noi.
Il primo riguarda il cordone sanitario. Uno spazio polivalente come riuscirà a contemperare funzioni fra esse prive di qualsiasi coerenza? Ristorazione, commercio e svago nulla hanno in comune con la funzione di un nosocomio (luogo atto alla cura delle malattie). Lungi dall’avere la pretesa di definire quale visione della medicina attuare e come addivenire a tale realizzazione, tema che non compete a chi scrive, qui è in gioco una misura di carattere profilattico. Non si dimentichi che il cordone sanitario “è sistema di vigilanza con lo scopo di isolare e circoscrivere un’area colpita da malattie infettive per contenere l’epidemia”. È così labile la nostra memoria da non ricordare quanto tutti noi abbiamo vissuto durante la pandemia? È doveroso prevedere come isolare l’ospedale! Il progetto, più correttamente il bando di concorso, sembra non aver previsto un’elementare misura sanitaria qual è appunto il cordone sanitario. Quale shopping può coesistere con la pandemia? Mi viene da dire quello delle imprese funebri. Non vorrei però essere tacciata come novella Cassandra. Purtroppo, però, Cassandra aveva ragione.
Sono proprio i casi estremi che debbono essere previsti da un progetto di una struttura sanitaria qual è l’ospedale.
S’impone la seconda annotazione relativa alla possibilità di realizzare un ospedale da campo. Ci siamo dimenticati quale importanza abbia assunto una tale struttura in un momento fra i più bui della nostra storia cittadina? L’ospedale da campo lo realizzeremo sul lago sfrattando le zanzare?
Chi di dovere abbia rispetto per il ruolo che ricopre e imponga che venga tutelato l’ospedale da usi incongrui e pericolosi. Quanto erogabile per la costruzione di un nuovo nosocomio può benissimo essere utilizzato per la “riqualificazione” di quello ancora in uso. Certamente non si può negare che il potere politico abbia natura di un “grande leviatano”, ma il “qualunquismo” è forse peggiore di un potere assoluto. Il qualunquismo può essere sconfitto ripercorrendo la storia del nostro ospedale. Si faccia mente locale alle proposte di alcuni direttori generali che già nel passato avevano pensato alla riqualificazione dell’ospedale in funzione delle reali esigenze del territorio. Ancor prima di essere propositivi è d’obbligo uno studio accurato di carte forse ingiallite, ma tuttora attuali.
Partendo da lontano s’incontra la figura di un Direttore Generale che aveva ben presente la necessità di isolare l’ospedale da costruzioni ad esso non confacenti. Si tratta del dr. Celeste Cottarelli che lamentava come fossero stati resi edificabili i terreni limitrofi al nosocomio. L’onestà di Cottarelli dovrebbe costituire monito etico per chi è o, per meglio dire, dovrebbe essere attento prioritariamente al bene della comunità. Altri avevano ripreso l’argomento proponendo concrete soluzioni. É doveroso esaminare quegli studi per scoprire le potenzialità ancora presenti nel nostro attuale ospedale che abbisogna di “cure” e di “riabilitazione”.
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commenti
Innominato
4 gennaio 2024 17:12
Non costruiscono un ospedale ma un manicomio, sono solo dei pazzi ?
Gianluigi Stagnati
5 gennaio 2024 13:00
Grazie ad Anna Maramotti Politi per i suoi scritti che tengono viva l'attenzione sul nuovo ospedale "olistico", analizzando i vari aspetti che lo riguardano.
Sul commercio limitrofo al nosocomio ricordo che nel costruire il sottopassaggio pedonale, 50 anni orsono, di via Giuseppina avevano previsto dei locali commerciali per quegli ambulanti che avevano la loro attività nella piazza Giovanni XXIII.
Attività che non decollarono e conseguente degrado che portò l'amministrazione comunale a chiudere tale sottopassaggio pedonale/ciclabile.
Nel contempo aprirono edicola e commercio articoli sanitari all'ingresso dell'ospedale; attività poi chiuse.
È stata riaperta l'edicola, aggiungendo altri articoli in vendita.
Non so, visti i precedenti, che fortuna possano avere attività commerciali previste nel futuristico progetto.
Michele de Crecchioo
5 gennaio 2024 17:29
Nell'estate del 1975 (amministrazione di sinistra, guidata da quell'ottima persona che fu il Sindaco socialista di Cremona, Emilio Zanoni), il sottoscritto, eletto come indipendente nella lista del P. C. I., venne incaricato di occuparsi dell'allora decisamente problematico assessorato comunale all'urbanistica.
Al fine di avviare nel modo migliore il nuovo ciclo amministrativo, Zanoni organizzò in sala Giunta un incontro di cortesia tra i nuovi capigruppo consiliari e i nuovi assessori. Essendo entrambi arrivati, sia il neo consigliere comunale Celeste Cottarelli (di parte liberale, futuro padre dell'attualmente ben noto e stimato economista Alessandro) e chi scrive, neo assessore, entrambi arrivati con un certo anticipo all'incontro, fu quella, credo, una gradevole opportunità per fare conoscenza personale e scambiarci pareri. Mi colpì in modo particolare una accorata, saggia ed opportuna raccomandazione che Cottarelli ritenne, pescando dalla sua personale e, in generale,
positiva esperienza amministrativa, di dovermi fare. Mi consigliò infatti di non ripetere assolutamente la inopportuna operazione (prevedere edificazioni private sui terreni confinanti il recinto ospedaliero) che l'amministrazione comunale uscente aveva, purtroppo, pochi anni prima già compiuto, compromettendone così, significativamente, le condizioni ambientali e le future probabili necessità di espansione.
Purtroppo l'errore strategico allora compiuto sta, proprio in questi giorni, concretamente manifestando le sue più significative e gravi conseguenze. Se, infatti, come pare, ci si ostinerà, a non voler ripiegare sulla ben più saggia ipotesi di limitarsi a ristrutturare l'edificio esistente, i nuovi edifici dovranno di necessità venire realizzati distruggendo il significativo anello attrezzato a parco verde alberato che, soprattutto verso oriente, circonda gli edifici esistenti, così creando persino le condizioni per sgradevoli condizioni di introspezione visiva tra gli edifici privati che si affollano lungo la via Cà del Ferro e le future nuove costruzioni ospedaliere.
Enrico Gnocchi
6 gennaio 2024 17:37
Se non ho letto male l'elenco storico dei sindaci di Cremona del periodo precedente la costruzione dell'attuale Ospedale, la decisione di permettere di edificare sui terreni confinanti il recinto ospedaliero, con le nefaste conseguenze che tu hai ben rilevato, è da attribuire al periodo della giunta del sindaco Vincenzo Vernaschi della Democrazia Cristiana.
E' forse doveroso collocare una "targa commemorativa" per ricordare un personaggio che ha contribuito al bene della comunità attraverso opere importanti ecc. ma penso che sia altrettanto importante che siano ricordati coloro che hanno provocato gravi danni con decisioni nefaste per le generazioni future... il nostro territorio cremonese, purtroppo come anche in molte altri parti d'Italia, sarebbe un cimitero di "lapidi"....
Marco Ermentini
6 gennaio 2024 16:07
Ha perfettamente ragione Anna Maramotti, ma a guardarci bene da questa vicenda si scorge una malattia più grave: il disimpegno delle amministrazioni che hanno affidato al libero mercato il futuro della città. Ogni giorno assistiamo ad un nuovo centro commerciale a una nuova logistica e ora si demolirà un ospedale con un enorme spreco in tutti i sensi. Purtroppo, oggi con la scusa della sostenibilità ci si comporta come la speculazione degli anni ‘60 ma anche peggio. Tutte le scelte si confezionano con il green, che si presenta come il migliore amico della terra. Ma in realtà è solo una maschera, si tratta di uno sviluppo cieco delle proprie conseguenze. Tuttavia, nonostante gli enormi interessi economici in gioco, molti cittadini non ci stanno, con movimenti partiti dal basso e libere associazioni come Italia Nostra, cercano di far aprire gli occhi alle persone. Forse abbiamo dimenticato l’arte di fare attenzione, risultato: siamo una delle aree più inquinate d’Europa. La salvezza della nostra città dipende dalla nostra capacità di ascoltarla: almeno proviamoci!