Padania Acque, una storia esemplare. Purtroppo unica tra le partecipate
Il 18 dicembre 2012, nel pomeriggio, il consiglio provinciale ha votato e ha imposto che l’acqua del nostro territorio rimanesse pubblica. È stata la vittoria del bene comune, pietra angolare sulla quale è stato edificato l’attuale successo di Padania Acque.
Nel 2012 la società è diventata Gestore Unico del Servizio Idrico Integrato della Provincia di Cremona.
Nel 2014, comuni e provincia, unici soci, le hanno affidato con modalità diretta (in house) il servizio idrico integrato fino al 31 dicembre 2033.
Quest’anno festeggia i 70 anni di vita.
Tra le partecipate locali, Padania acque è un’aliena. Storia antitetica a quella di Lgh. Vincente la prima. Perdente la seconda. Colonizzata, poi fagocitata dalla straniera a2a, Lgh rappresenta una delle peggiori sconfitte della politica del territorio. Disfatta che, con l’ausilio di imbonitori da fiera e di provetti pacchisti, politici e pubblici amministratori spacciano per trionfo epocale. Scambiano Waterloo per Austerlitz. Canne per Zama. Confondono l’ottone con l’oro.
Al contrario, Padania Acque dispone di una storia esemplare, con risultati eccellenti, ma non brilla nella comunicazione. Fatica ad imporre il proprio brand di azienda ai vertici del settore in cui opera. Limite non secondario. L’immagine oggi è valore aggiunto di un’azienda. A2A insegna.
Se uno su mille ce la fa, Padania Acque è tra i fortunati che ce l’hanno fatta. Ma il culo da solo non è sufficiente per emergere, se mancano professionalità e impegno. Costanza.
Dopo quel 18 dicembre 2012, la società ha iniziato un cammino verso la vetta senza fermarsi, in un crescendo rossiniano invidiabile, ma non privo di ostacoli.
Un tragitto tortuoso. Senza soste. Ricco di problemi. Di ingenuità. Di fiducia e consapevolezza delle proprie risorse. Un percorso con qualche polemica rovente e altrettanti scontri politici duri. Feroci. All’arma bianca.
La nomina del consiglio di amministrazione in carica è avvenuta con il kriss tra i denti e il Pd con la bava alla bocca. Politici e partiti dilettanti. Assemblea dei soci rinviata e umiliata. Poi, alla prova dei fatti, gli eletti hanno dimostrato di essere un team tra i più competenti delle ultime gestioni, meritevole della fiducia accordata. Probabilmente il migliore.
Anche se ai più importanti bivi della vita non c’è segnaletica (Hemingway), i sindaci-soci e gli amministratori da loro eletti quasi mai hanno imboccato la strada sbagliata.
Sorretti dalla convinzione che Padania Acque fosse una realtà vitale per la provincia, hanno stretto i ranghi e superato gli ostacoli. Come Camilo Cienfuegos, rivoluzionario cubano, davanti al precipizio hanno risposto: «Aqui no si rinde nadie, carajo».
Ma niente allarmi: i soci e gli amministratori di Padania acque non sono un manipolo di guerriglieri imbarcati sul Granma in rotta per rovesciare il dittatore Batista. Tuttalpiù democristiani indisciplinati e nervosi. Incazzosi quanto basta. Dialettici per crescere e migliorare.
Undici anni fa, ad abbattere il castello dell’allora presidente provinciale Massimiliano Salini è stato un missile lanciato dalla Lega. Fuoco amico.
Allora il presidente non era parlamentare europeo. Non impegnato con i programmi spaziali. Non preoccupato di bloccare la denominazione geografica per il Rum cubano. Non in ansia per la possibilità che la Commissione europea imponesse limiti alle emissioni in atmosfera - secondo lui - penalizzanti per le aziende.
Era già formigoniano di ferro e ciellino doc. Già regista dell’operazione Eridano (delibera del Consiglio provinciale n° 121, 9 ottobre 2012) che affidava la gestione degli immobili per 15 anni alla Prelios Sgr Spa, alla quale la stessa amministrazione provinciale oggi paga la locazione della propria sede. Già protagonista di tutto questo, Salini era anche il più convinto, deciso e inossidabile sostenitore della privatizzazione dell’acqua. Della creazione di una società mista pubblico-privato.
La mozione della Lega, approvata dal consiglio provinciale il 18 dicembre 2012, impegnava il presidente della provincia a farsi promotore presso il Cda dell’Ato per modificare il Piano d’Ambito in favore della gestione del servizio idrico cremonese attraverso la società in house, cioè pubblica.
Cremonaoggi nella cronaca del Consiglio provinciale riferiva anche di un Salini cinefilo. Che aveva citato il Il buono, il brutto e il cattivo di Sergio Leone. Che aveva concluso il suo intervento con parole che nessuno dei tre protagonisti del film avrebbe pronunciato: «Ritengo che il programma di governo debba essere solido: c’è il rischio su questa partita di disorientare i cittadini. Sono i cittadini che si devono riconoscere nella maggioranza, non siamo noi che ci dobbiamo mettere d’accordo». Profondo.
Salini non era né Clint Eastwood, né Eli Wallach, né Lee Van Cleeff. Non lo è neppure adesso. Avesse chiamato in causa Chieffo, Testori, Socci o il nume tutelare don Giussani, il presidente sarebbe stato più coerente con il suo personaggio. Più credibile. Salini che coinvolge tre pistoleri sporchi, ai margini della società, senza patria, né dio, fa sorridere.
A quei tempi il presidente della provincia era poco più di un rampante politico di belle speranze, ma abbastanza scafato e avvezzo ai giochi di potere, velocissimo a fare carriera nel partito e nelle istituzioni. Né buono, né brutto, né cattivo. Multiplo di giovanotto borghese standard e istruito, era poco originale. Ambizioso, era già vecchio. Educato. A modino. Non un capello fuori posto. Privo della stoffa del leader carismatico, c’entrava come il burro con la ferrovia nel casting di una pellicola di Leone. Perfetto per la serie televisiva House of card.
Quel 18 dicembre nessuno gli fece sconti. Tanto meno la Lega che ai film western preferisce quelli di condottieri alla William Wallace e all’Alberto da Giussano. Tiene il punto. Va dritta per la propria strada. Non ritira la mozione. Manda affanculo il Pdl che «non partecipa al voto dopo che il Carroccio ha rispedito al mittente i suoi emendamenti ‘distensivi’», (Cremonaoggi, 18 dicembre 2012).
La Lega vince: 17 consiglieri votano la sua mozione. Con lei ci sono Pd, Rifondazione, Idv. Si astiene l’Udc, alla quale viene bocciata una mozione alternativa più edulcorata e meno impattante per la maggioranza.
Dopo questo terremoto politico, prima di arrivare alla modifica del Piano d’ambito e all’affidamento la gestione in house del servizio d’idrico provinciale a Padania acque passano molti mesi. Troppi. E per ottenere l’affidamento, un aiuto è stato fornito anche dal Comitato per l’acqua pubblica guidato da Giampiero Carotti e Francesca Berardi. È corretto ricordarlo. Dare a Cesare quel che è di Cesare, è pratica buona e giusta.
Padania acque oggi è una potenza. Numeri e classifiche di comparto lo confermano.
Serve 113 comuni, con 180mila utenze e 351mila abitanti. Negli ultimi due anni ha effettuato investimenti per 50 milioni di euro. Tariffa dell’acqua inferiore alla media europea ed italiana.
Per qualità tecnica, nel periodo 2020-2021, è seconda in Italia, dietro ad Hera dell’Ato 4 Modena, colosso con un fatturato di 20 miliardi nel 2022.
Padania acque ha ottenuto un finanziamento PNRR di 3,5 milioni di euro a fondo perduto per il comparto fanghi del depuratore di Cremona. Attende la conferma per altri 16 milioni a fondo perduto per la riduzione delle perdite e la digitalizzazione reti degli acquedotti.
Numeri da spedire a Renato Mazzoncini, amministratore delegato di a2a, con l’invito ad abbassare le ali. In alternativa, a spandere meno materiale organico.
Il 4 settembre scorso, su l’inserto economia del Corriere della Sera, Mazzoncini era intervenuto sul tema Siccità e sprechi, più investimenti per mettere al sicuro il nostro oro blu. «Qui – spiegava – devono essere coinvolti soggetti industriali in grado di contrarre debito per realizzare gli investimenti. Cosa che molte società in house, e i circa 1700 comuni che hanno in gestione in economia non riescono a fare dovendo rispettare il patto di stabilità interno».
Mazzoncini, che se la tira una cifra, e tratta con supponente distacco le società in house, dovrebbe ricordare che la sua a2a, la tanto decantata Life company che si occupa del ciclo idrico di Brescia è al mediocre diciasettesimo posto in quella classifica tecnica, dove Padania acque è seconda. Sei zero, sei zero per il nanerottolo cremonese.
Lunga vita a Padania acque. E per i 70 anni, l’augurio che in futuro non ceda alle lusinghe di colossi tipo a2a o simili. Che rigetti un eventuale ritorno di fiamma di derive private saliniane. Buon compleanno. Prosit.
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commenti
A.L.Z.
10 dicembre 2023 13:05
Quando la Politica riesce a mettere ai vertici delle società pubbliche Persone che riescano a coniugare le loro competenze professionali con il loro attaccamento al territorio gli ottimi risultati arrivano.
Alla Padania Acque, anche se a fatica, questo è stato raggiunto. Come lo dimostra l'operato dal suo CDA (il cui Presidente alle competenze professionali associa anche il suo trascorso da Sindaco).
L'auspicio è che li lascino continuare a gestire la società così...e che non arrivino altri sostenitori della privatizzazione del servizio idrico integrato...
Giuseppe Zagheni
10 dicembre 2023 13:19
Bene cerchiamo di mantenere il punto, ovvero il Servizio Pubblico.
Nicolini Gualtiero
10 dicembre 2023 15:00
Bravissimo Grassi analisi perfetta tutto da sottoscrivere e approvare
Alessandro
10 dicembre 2023 16:10
Concordo pienamente, i servizi essenziali devono essere sempre garantiti e solo una seria gestione pubblica può farlo.