6 agosto 2022

Prima e dopo i Visconti Sforza, la Lombardia tra vescovi e occupanti stranieri

Se è vero che la Lombardia ha raggiunto il suo massimo fulgore nei due secoli del dominio visconteo-sforzesco, non posso non chiudere questa piccola trilogia con uno sguardo veloce a ciò che accadde appena prima e appena dopo di loro: due lunghi periodi di semi oscurità che tanto della nostra storia e del nostro carattere così chiuso e così tenace ci aiutano a capire.  La tenacia e lo spirito di indipendenza ci salvarono negli anni bui del medioevo, mentre tre secoli di dominazioni straniere ci fecero probabilmente divenire così diffidenti e poco espansivi come ancora siamo oggi.

Ultimo Duca sforzesco fu il debole e inetto Francesco II, figlio di Ludovico il Moro e fantoccio degli spagnoli, che dopo 21 anni di esilio venne riportato nella Milano conquistata dall’incontenibile espansione di Carlo V° all’eterno sconfitto Francesco I: la dominazione francese su Milano era terminata dopo 20 anni, e i cugini d’oltralpe dovranno attendere tre secoli e un Bonaparte per rimettere piede in città. Morto Francesco II, il Duca di Milano divenne il primogenito del Re di Spagna, Filippo II, e da lui in poi per diritto di nascita tutti i Re di Spagna furono anche duchi di Milano, la cui amministrazione venne lasciata a vari governatori, uno dei quali suo malgrado ha dato perfino il nome al più famoso grattacielo meneghino, Fernando de Velasco, la cui piazza ha dato alla torre insistente il nome di Velasca.

Da allora in poi, i lombardi non saranno mai più padroni di loro stessi: il ramo austriaco degli Asburgo sottrasse al ramo spagnolo il dominio sulle nostre terre nel 1706, e ci fu perfino un biennio di dominio sabaudo tra il 1735 e il 1736. Per poterci governare da soli abbiamo dovuto attendere il 1860 e diventare italiani, cosa che secondo molti peraltro non ha gran che modificato la situazione … il famoso “lumbàrd paga e tàs!” di bossiana memoria è in realtà molto più vivo e vivido nella nostra storia antica di quanto possiamo pensare: la Lega è di fatto una espressione contemporanea di un riflesso condizionato nei lombardi che ha almeno 300 anni di storia, il sentirsi oppressi e sfruttati. Dopo gli splendori dei Visconti Sforza siamo stati sempre e solo sudditi di potenze straniere, che però in realtà ci hanno dato ben più di quanto la romantica aneddotica risorgimentale ci ha trasmesso, con buona pace del grande Verdi e del suo Va pensiero. Per gli austrici fummo un avamposto dell’ Austria Felix e della sua perfetta efficienza sul lezioso e pigro mediterraneo: anche se durissimi repressori delle nostre spinte indipendentiste, gli austriaci investirono enormi energie per darci un impianto amministrativo, urbano, scolastico e igienico degno di un paese moderno, una vetrina del loro buon governo. Non parliamo poi degli spagnoli: anche se passati alla storia come degli implacabili esattori di tasse, spesero delle fortune immense per difendere le nostre terre dagli appetiti delle altre potenze, ci diedero una classe dirigente aristocratica compiuta e anche eccessivamente allargata: il famoso “todos caballeros” pronunciato da un infastidito Carlo V a Cagliari, gesto col quale da un balcone nominò nobili tutti i sardi che si litigavano una nomina, non è che la farsesca apoteosi di un sistema di cariche nobiliari che gli spagnoli profusero con immensa generosità anche alla piuttosto scarna nobiltà lombarda, con un magnifico fiorire di scudi araldici e stemmi famigliari. Ma tutto questo era parte di un progetto, geograficamente opposto a quello austriaco: fare della Lombardia l’avamposto sul nord Europa della cattolicissima e cavalleresca monarchia universale di Carlo V e Filippo II che si batteva contro i nuovi imperi mondani e protestanti, dagli anglicani inglesi ai luterani tedeschi. Quell’ideale cavalleresco che era per gli spagnoli quasi una ossessione e che tentarono a tutti i costi di alimentare sulle nostre terre gli costò cifre colossali: ma noi eravamo troppo antichi e disillusi per credere che don Chisciotte fosse un eroe e non un povero matto... E che dire di Napoleone, che prima di incoronarsi imperatore dei francesi si incoronò Re d’Italia e proprio a Milano, quasi questa fosse una indispensabile requisito? Insomma, la nostra terra di mezzo, cerniera tra l’Europa del nord e il mediterraneo, tra il Medioriente e Il mondo anglosassone, è sempre stata terra di conquista ma sempre rispettatissima, corteggiata e utilizza come irrinunciabile vetrina sulla storia. Quel che è certo è che sia sotto gli spagnoli che sotto gli austriaci si moriva di noia, ed è forse per quello che tra gli italiani noi siamo ancora oggi i meno espansivi.

Ma siamo anche gente di una tenacia e di una capacità di reazione e autonomia quasi uniche, che ci hanno permesso di sopravvivere per sette terribili secoli in cui siamo stati praticamente abbandonati a noi stessi, senza alcun potere costituito tranne uno: quello dei nostri Vescovi. La Lombardia deve la sua sopravvivenza ad alcune figure straordinarie di vescovi-governatori, che nel più squallido dissolversi di ogni forma di potere o governo si eressero a unici garanti dell’ordine, della difesa dei territori e della loro ricostruzione.

Nel 523 d.C. Uraia, ostrogoto a capo dei terribili Burgundi, rase completamente al suolo Milano, che pochi anni prima era con Ambrogio assurta addirittura a capitale dell’Impero Romano d’Occidente: pare abbiamo ucciso più di 300.000 persone radendo al suolo l’intera città pietra per pietra, una ecatombe. La Lombardia diventa terra di nessuno per secoli, fino appunto a quando i Visconti ne ricostruiscono una identità politica autonoma e completa. E non è un caso che proprio un vescovo, Ottone, sia il primo dei Visconti a divenire Signore di Milano: quella dei vescovi condottieri e governanti de facto era una tradizione consolidata nei secoli: Ambrogio che resistette agli ariani nel IV° secolo, Ansperto che nell’800 trasformò Milano nella più ricca diocesi d’Europa, Ariberto che nel 1000 arrivò addirittura a conquistare la Borgogna vendicandosi del massacro dei Burgundi, Galdino che tenne testa al Barbarossa costringendolo ad accordi…

Tradizione che non a caso poi riemerse nel periodo spagnolo, in cui l’immensità dei domini e l’inettitudine di molti dei governanti asburgici lasciò spazio a figure colossali come San Carlo e Federico Borromeo, che delle nostre terre non furono solo pastori ma veri e propri governatori. Mi permetto di dire che questa capacità di reazione, di ricostruzione, di capacità di lavoro e di inarrestabile tenacia può essere tranquillamente chiamata “lombardità”, al pari della nostra malinconica diffidenza verso gli altri.

Ci viene dalla nostra storia, che è una storia incredibile e plurimillenaria: siamo stati sottomessi e siamo stati eroici e dovremmo ricordarcelo un po' più spesso, specie adesso che siamo ahinoi protagonisti in questa società che vive al di sopra delle proprie possibilità e che diventa sempre più isterica perché ha capito di non poterselo più permettere.

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano

 

Francesco Martelli


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