16 gennaio 2024

Quando le Naiadi accoglievano le pasquinate cremonesi. Se tornano i tempi bui...

Stamattina stavo attraversando Piazza Roma, da pochi giorni sottoposta ad un progetto di riqualificazione – sorci permettendo – delle aiuole e della piazza in generale, quando mi sono tornati in mente Ugo Tognazzi, che quella piazza la conosceva molto bene e Nino Manfredi il quale, a occhio e croce, quell'area non la conosceva bene di certo come Ugo da Cremona. Mi venne in mente un loro film, che ai più giovani non dirà nulla e magari dirà poco anche a molti più avanti d'età, di fine anni '60, film che si intitolava “Nell'anno del Signore”. Nella pellicola, ambientata nella Roma del primo '800, Nino Manfredi, ovvero il ciabattino Cornacchia, pur passando per analfabeta tra i conoscenti, a volte si metteva a scrivere, nei pressi della statua di Pasquino, versi ed epigrammi contro il papato mentre Ugo Tognazzi, nei panni dell'acuto e potente cardinal Rivarola, era determinato a cercare e punire coloro che si opponevano al processo di Restaurazione che aveva in Rivarola uno dei cardini per il mantenimento dell'ordine pubblico. “I pensieri vengono scrivendo” diceva il Cornacchia soprannominato Pasquino dai romani ignari della sua vera identità, mentre lui, sfidando l'ordine costituito, portava avanti in maniera anonima le sue pasquinate, ovvero il fatto di scrivere ed ironizzare su ciò che il cardinal Rivarola rappresentava, nella buona o cattiva sorte. Niente di più vero, i pensieri vengono scrivendo ma non solo, riescono anche ad accompagnarti mentre fai altro, almeno di solito è cosi, l'importante è come scriverli e il mezzo di comunicazione che utilizzi per diffonderli, se ci tieni a diffonderli.

Oggi, vedendo la piazza mi venne in mente una foto che scattai il 10 marzo 2013, più di dieci anni fa, proprio alla statua delle Naiadi che fa parte del giardino. Qualcuno aveva appeso un cartello, rimosso in poche ore credo, con un motto che voleva portare l'attenzione su come già 10 anni fa, ma sembra un concetto vecchio tanto quanto l'essere umano, si ammoniva che “Pure con un posto fisso siamo ugualmente in mutande!”. Le Naiadi, bontà loro, di mutande non ne hanno, ad occhio e croce dispongono al limite di un velo che cerca di coprire qualcosa ma forse sta proprio in quello la loro bellezza, per cui il Pasquino di Cremona aveva cercato di far passare il suo messaggio, tra le forme del marmo, con un cartello appeso ad una delle ninfe che compongono l'opera. Il cartello passava quasi inosservato, eppure l'ironia di una scritta, con la sagacia che lo accompagnava, sembrava voler ricordare che, già nel 2013, i salari e la certezza di un posto fisso di lavoro non garantivano nulla in materia di un futuro da consolidare per molte persone, soprattutto per coloro che si affacciavano al mondo del lavoro.

Il Pasquino di Cremona aveva scelto di esternare il suo dissenso, condivisibile o meno, tramite una statua pubblica; da dire che, a differenza di coloro che preferiscono spray o danneggiamenti di opere d'arte o pubbliche, almeno non aveva arrecato danno a quello che ognuno di noi ha diritto di ammirare. Ben venga il democratico dissenso verso una situazione o verso scelte politiche che magari non condividiamo, ma ben vengano – anzi vanno bene solo quelle – forme di espressione che non provochino danni alle strutture o rivolte a colpire i singoli nella sfera personale. Il dissenso di Pasquino di inizi '800 non funzionava di certo come l'odio via social o tramite violenze gratuite in piazza o sui muri. In tempi recenti la chiesa di Sant'Omobono e il Duomo vennero presi di mira da una espressione, dannosa e tramite spray, di quel dissenso che danneggia, danneggia gli edifici e danneggia il messaggio, rendendo gli autori idonei solo al mero danneggiamento fine a se stesso che neanche alla libera espressione di un pensiero. Qualche giorno dopo quel 10 marzo incrociai un'altra pasquinata; questa volta il cartello, che era in linea con quello delle Naiadi, era appeso sulla statua dei due Ercole sotto la Loggia dei Militi, non riesco più a trovare la fotografia ma, comunque, la scritta voleva ricordare ai lettori dei tempi cupi che si stavano abbattendo sulla economia delle famiglie.

Sperando in tempi meno bui per le tasche di ognuno di noi rimangono quei cartelli che, già 10 anni fa, sembravano premonitori.

Marco Bragazzi


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