Rigenerazione o confusione urbana? E alla Galleria servono decoro, pulizia e restauro
La Rigenerazione Urbana a Cremona è il termine più frainteso utilizzato dalla politica locale. Appare necessario fare chiarezza su cosa è e non è la famigerata Urban Regeneration.
Alcuni giorni fa è stata inaugurata l'installazione ‘Fragili Rive’, opera dell’artista cremonese Ettore Favini, posta nella Galleria XXV Aprile, ed inaugurata alla presenza del sindaco Gianluca Galimberti, dell’assessore Barbara Manfredini, dei componenti della Giunta comunale, del DUC (Distretto urbano del commercio), ovvero dell'intellighenzia cittadina. Alla presenza, come disse un noto volto della Giunta Galimberti, dei "migliori della città". Come si legge, dalle varie interveste rilasciate alla stampa cittadina, l'opera è "il tassello finale di un progetto di rigenerazione urbana, condiviso con il Duc, cofinanziato da Regione e Comune. Un progetto che nasce dal bando regionale del settembre 2020, che oltre a destinare un cospicuo budget alle imprese del commercio e dell’artigianato, aveva incluso un finanziamento dedicato alla rigenerazione urbana, nello specifico alla riqualificazione di percorsi ed ambiti storici destinati allo shopping, così da incrementare l’attrattività e promuovere le attività economiche."
Partiamo subito col dire che l'opera di arte contemporanea è sicuramente positiva per due ragioni: inserisce in un contesto storicizzato il linguaggio estetico dei nostri tempi e da la possibilità ad un cremonese d'essere profeta in patria. Il buon Favini può essere orgoglioso del suo legame con la città e il fiume, come tutti noi cremonesi. L'artista merita rispetto per il suo genio. L'opera lunga 12 metri, realizzata in alluminio preverniciato, è un'iconica rappresentazione del percorso del fiume Po, con immissari a destra e sinistra, attaccata alla rete antipiccione (o sospesa alla cupola se vogliamo essere poetici). Di sera grazie a una doppia fila, di led blu illumina la Galleria rendendola più gradevole alla vista. Lo stesso Favini ci informa che: "Fragili Rive" è quindi concepita come un invito ad entrare in galleria, ai cui due ingressi principali sono stati posti segnali di navigazione in legno, con una parte bianca colorata con vernice fluorescente, che si illuminerà al calar del sole, e con una rossa, colorata invece con vernice riflettente, esattamente gli stessi che si possono trovare sui lati di un ponte e che invitano a passare nel centro", inoltre afferma che "Proprio i Romani furono convinti a erigere qui una città, in riva al fiume Po che bagnava i raccolti rendendola una zona ideale a far sorgere un luogo fiorente. Oggi questo fiume è fragile, e quest'opera vuole sensibilizzare i cittadini al tema del nostro fiume ma dei fiumi in generale ed ancor più ampiamente al tema del riscaldamento climatico". Tutto bello, tutto molto coerente con la nostra epoca di Riscaldamento Globale. Però permettiamoci di fare alcune precisazioni. Stupisce il fatto che il Favini cremonese, non sappia la storia della città. Il fiume Po in epoca romana non è stato scelto per la sua funzione irrigua ma per la sua funzione viaria. La campagna cremonese, solo dalla seconda metà del XX secolo, è stata irrigata dalle acque del Po e solo nella parte bassa del Cremonese e parte del Casalasco. Per un semplice motivo, senza le pompe idrauliche era impossibile trasportare l'acqua a monte. L'ubertosa campagna cremonese è stata irrigata e resa fertile dai fontanili e dalle acque dell'Oglio (Naviglio Civico). Purtroppo la superficialità italiaca di questa epoca sciagurata, sciatta, dove trionfa il pressapochismo ha contagiato i nostri migliori artisti. In modo irrimediabile. Siamo tornati ai pensieri semplici in stile scuole "elementari". Ulteriore precisazione, l'intervento del Favini, ripetiamo meritorio e straordinario, non è rigenerazione urbana. Il bando chiedeva "alla riqualificazione di percorsi ed ambiti storici destinati allo shopping", mentre è stata promossa un'opera puntuale, sotto un solo edificio. Sarebbe stato utile avere Favini in via Solferino o in corso Campi, con un impatto visivo maggiore. Torniamo così al grande fraintendimento della Rigenerazione Urbana. I Totem e Favini non sono Rigenerazione Urbana. Basta scomodare la Treccani per dare alla parola un significato bene preciso: "Locuzione che, traducendo l’inglese urban regeneration, designa i programmi di recupero e riqualificazione del patrimonio immobiliare alla scala urbana che puntano a garantire qualità e sicurezza dell’abitare sia dal punto di vista sociale sia ambientale, in particolare nelle periferie più degradate. Si tratta di interventi che, rivolgendosi al patrimonio edilizio preesistente, limitano il consumo di territorio salvaguardando il paesaggio e l’ambiente; attenti alla sostenibilità, tali progetti si differenziano sostanzialmente da quelli di urban renewal, o «rinnovamento urbano», spesso rivelatisi interventi prevalentemente di demolizione e ricostruzione, a carattere più o meno apertamente speculativo. I quartieri o le parti di città oggetto di interventi di r. u. vengono pertanto sottoposti a una serie di miglioramenti tali da renderne l’edificato compatibile dal punto di vista ambientale, con l’impiego di materiali ecologici, e il più possibile autonomo dal punto di vista energetico, con il progressivo ricorso alle fonti rinnovabili; ma anche tali da limitare l’inquinamento acustico e raggiungere standard adeguati per i parcheggi, gli esercizi commerciali, i trasporti pubblici, la presenza di luoghi di aggregazione sociale, culturale e religiosa, di impianti sportivi e aree verdi ecc., in modo da ottenere un complessivo innalzamento della qualità della vita degli abitanti."
In tale ottica a Cremona la Rigenerazione Urbana, per ora, si è certamente concretizzata negli interventi del Cav. Arvedi su Santa Monica e l'Annunciazione. Qua riqualificando due monasteri abbandonati e destinandoli ad università si è avvitato un buon processo di valorizzazione immobiliare e sociale sui quartieri limitrofi. Si vedono case abbandonate recuperate per ospitare residenze per studenti. A livello minore anche la Banca d'Italia del buon Massera può condurre ad un percorso virtuoso per il commercio e piazza Stradivari. Però parliamo ancora di interventi privati (non me ne vogliano in Comune, ma le due università sono chiaramente ispirate da un provato). Per il Comune solo due operazione finora realizzate o progettate possono assurgere a R.U.: il quartiere di San Felice con il nuovo plesso scolastico e il recupero di San Francesco (caso bellissimo di vera Rigenerazione Urbana). In questi ultimi anni, grazie a Virgilio e alla Giunta, gli interventi positivi sulla città ci sono stati. E hanno contribuito alla rinascita del Centro Storico che verrà. Proprio perché hanno la scala della R.U. Le installazione d'arte finora promosse non c'entrano nulla con questo. Ribadiamolo bene. Si potrebbe obbiettare: a Roma i murales hanno contribuito alla R.U. del quartiere di San Lorenzo. Certo ma è un caso differente. Per l'ampiezza dell'intervento e per il recupero degli immobili. I murales hanno contribuito al restauro delle case popolari. Sono stati interventi vasti, hanno spostato turisti dal centro antico alla periferia. Comunque il fattore scala è esistito: la R.U. riguarda molte decine d'immobili. Caratteristica che manca a Cremona nelle opere classificate come R.U. Paradossalmente la riapertura della Casa di Stradivari, voluta dalla Fondazione e dall'assessore Luca Burgazzi, ha avuto e avrà su Corso Garibaldi un impatto maggiore del Fiume Po sotto la Galleria.
Concludiamo affermando che Cremona Art Week è certamente positiva, come l'opera del Favini, ma in quanto arte contemporanea che dialoga con la città storica. Però questi interventi nulla centrano con la R.U. Sarebbe corretto e utile che a Cremona si smettesse di utilizzare impropriamente questa parola. Rimane una considerazione triste: la Galleria è oramai uno spazio brutto, mal tenuto, con un pulciosa rete antipiccione appesa. Necessita di un restauro. Il Comune deve risolvere la situazione per la sicurezza pubblica e l'estetica. Si accordi con i privati per il restauro, definendo bene ciò che è di competenza pubblica per logica d'uso (cupola, illuminazione, colonne, pavimenti) da ciò che è privato (facciate interne). Si faccia una bella convenzione e si cerchino i fondi. Cosi si inizia il virtuoso percorso verso una città nuova e viva.
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commenti
Primo Luigi Pistoni
6 luglio 2023 16:59
Ci sarebbe da dare una sistemata anche alla lapide che indicava la casa di Stradivari ( attualmente la galleria) di fronte a S. Domenico ( attualmente i giardini) .
M. de Crecchio
11 luglio 2023 23:22
Condivido la raccomandazione di Pistoni. Quando, negli anni 30 del secolo scorso, le questioni urbanistiche di Cremona erano brutalmente purtroppo risolte con l'indifferenza per i valori storico-ambientali che caratterizzavano le scelte di Farinacci e del suo sodale ing. Mori, la casa-laboratorio dove Stradivari, abbandonato l'edificio di corso Garibaldi, aveva realizzato poi la maggior parte dei suoi capolavori, una notevole costruzione fronteggiante la piazza e chiesa di San Domenico, fu raso al suolo. I frammenti della modesta lapide che ricordava l'illustre inquilino dell'edificio furono "pietosamente" raccolti da Vittorio Grandi, singolare ma sensibile preside del Liceo Classico, che li fece riporre in uno sgabuzzino contiguo al suo edificio di presidenza, dove erano ancora conservati e visibili fino a pochi anni precedenti il periodo Covid. Attualmente tali resti, certo di modesta qualità artistica, ma di grande valore storico-documentario, non risultano purtroppo rintracciabili e la antica posizione dello storico edificio, dove molti liutai cremonesi, come da tradizione in uso allora tra gli artigiani esercitanti la medesima attività, avevano ritenuto opportuno riunire le loro botteghe, è ricordata "in loco" solo da una modesta lapide di fattura relativamente recente, affissa sulla parete dell'edificio della Galleria XXV Aprile che fronteggia i Giardini Pubblici. Quasi nessuno, turista o cremonese che sia, però se ne accorge e riesce a leggerla, a causa della mancata manutenzione della scritta su tale lapide incisa.
Innominato
6 luglio 2023 19:39
E quella sarebbe un'opera d'arte ?
Come diceva Totò : " Ma mi faccia il.piacere!"
Una vergogna !
Anna Maramotti
7 luglio 2023 17:45
Condivido pienamente: il termine rigenerazione urbana è concetto utilizzato in modo ambiguo che scivola troppo spesso nell'equivocità. Ciò premesso debbo osservare che quanto è stato realizzato è certamente da ascriversi a merito di chi ha sovenzionato i progetti, ma al contempo si osservi che a tali risultati (vedi il palazzo delle Poste Centrali) si è pervenuti avvalendosi delle competenze della Soprintendenza e di funzionari che ben hanno presente cosa significhi "conservazione". Va salvaguardata la memoria del passato e sviluppata la memoria attiva che è fonte d'ispirazione. Quanto però manca è un progetto sulla Città, progetto che dipende da conoscenze puntuali e interattive. Prima di ogni altra osservazione è necessario uno studio interdisciplinare e un'analisi della Città che ne colga identità e potenzialità. La realtà urbana è ipercomplessa e deve contemperare conoscenze diverse attente al passato e tali da consentire vivibiltà ai suoi cittadini.
Mariateresa
7 luglio 2023 19:17
La Galleria va pulita (a spese sia del Comune che dei privati proprietari degli immobili); queste "opere d'arte" in un contesto sporco e degradato peggiorano l'immagine della struttura e danneggiano le attività ancora presenti in galleria
Alessandro
8 luglio 2023 09:23
Come il resto della Città,
Carolina Manfredini
21 luglio 2023 19:16
Cremona e il suo fiume, certamente, ma il vero fiume che ha reso grande la nostra città è un fiume che oggi è sopito, distante, ingabbiato in razionalità fuorvianti, si chiama lavoro. Cremona come migliaia di città storiche italiane è oggi valore e bellezza solo nel lavoro, Personalmente avrei estetizzato l'arte dei gambali, delle stalle, del mais, degli orti e dell'amore per i cibi fatti in casa, dei camioncini del latte, dei bidoni di alluminio, questa è la nostra identità, la cultura del lavoro, dei sacrifici, questa fu Cremona. Oggi? Dove lavorano i nostri giovani?