Salvaguardare le insegne storiche dei negozi per raccontare la città
Un fotografo milanese, Virgilio Carnisio, cominciò nei primi anni '60 a fissare, su carta fotografica, quei luoghi che stavano scomparendo nella Milano del boom economico. Una evoluzione che nasceva da una nuova industrializzazione e da una nuova società, un passaggio che oggi, secondo gli standard del nuovo millennio, va semplicemente riposto nella memoria storica e visiva dei tempi odierni. Carnisio venne a Cremona, non saprei esattamente in quale anno, dove fece alcune fotografie della città incentrate, soprattutto, sulle insegne dei negozi.
Fotografare le insegne dei negozi cremonesi, con la loro evoluzione negli anni, era un'idea che mi era passata per la testa anni fa; so bene che vi sono alcuni libri o lavori già destinati a questo tipo di lavoro, però mi sembrava un buon modo per fermare il tempo fino a quando qualcosa, nelle insegne come nei messaggi che trasmettono, non fosse cambiato. Si osserva un cambiamento per capire dove una situazione nuova e diversa avrebbe potuto portarti, anche se non sempre questa nuova condizione si dimostra migliore di quella precedente. Ovviamente non riuscii a fare nulla di quello che avevo in testa perché, in pratica, mi mancava – e mi manca tutt'ora - tutto ciò che poteva servire: talento per la fotografia, strumentazione adatta, colpo d'occhio, tempo, condivisione e, soprattutto, ero molto forte la consapevolezza che con la sola passione non sarei andato da nessuna parte. Rimaneva il fatto che le insegne dei negozi, sia centrali che periferici, possono raccontare molto della storia di una città e dei cambiamenti che sta vivendo. I negozi del commercio di prossimità hanno insegne che dicono tutto o nulla di quella vetrina spesso sottostante; un cognome, il nome di un prodotto, un motto, possono essere fatte con luci al neon, retroilluminate, elegantemente dipinte su pannelli o vetro stile liberty, semplici o articolate, insomma; camminando per le vie del centro di Cremona avevi la sensazione di trovare accostamenti perfettamente riusciti o, molto raramente, da rivedere, ma anche in questo caso avevano un messaggio da proporre e da apprezzare.
Un abbellimento visivo che nasceva dal commercio e proseguiva grazie al commercio, dove la vera certezza era che quei negozi con le loro insegne raccontavano un mondo fatto di scelte e lavoro, di condivisione e di valorizzazione, di persone che dialogano e che hanno idee da proporre e da sviluppare. Il mio era un modo, del tutto personale, per poter vivere il quotidiano che mi circondava con gli occhi di chi aveva interesse per un prodotto ma anche per la storia di una vetrina raccontata tramite un messaggio spesso accattivante già nei colori. Alcune insegne hanno mantenuto fede alla loro posizione nonostante i ripetuti cambiamenti nel corso dei decenni, si possono trovare insegne talmente belle da restare ben salde al loro posto nonostante pubblicizzino un prodotto che non viene venduto nella nuova attività, oppure sono rimaste al loro posto anche a decenni di distanza dalla chiusura di un esercizio commerciale, come una sorta di momento da fotografare per raccontare quei famosi cambiamenti. Oggi si sta sempre di più vivendo – non sempre in maniera positiva – in una sorta di rivoluzione commerciale, nei modi come nei luoghi. “E' brutto da dire ma così gira il mondo” è, più o meno, la frase che viene ripetuta quando si cerca di analizzare i motivi di un cambiamento a volte difficile, se non difficilissimo, da inseguire, dove il nuovo modo di fare commercio sembra sia quello calato dall'alto, spesso dalla politica, più che quello nato da un dialogo tra le parti in causa. E' vero che il mondo ha il suo moto rotatorio su se stesso e intorno al Sole da millenni però un cambiamento può essere affrontato con passaggi ben diversi e con modalità ben differenti in relazione alle scelte politiche che si decide di mette in atto. Proprio perché quel mondo raccoglie e racconta la storia di persone e attività differenti i cambiamenti, da alcuni considerati come “tempi moderni”, li possiamo cogliere anche nelle insegne; ben vengano gli occhi di vetrina comunque illuminati però dubito che vi siano molte storie da raccontare quando la stessa insegna e lo stesso motivo stilistico lo puoi trovare nel centro storico di Cremona come a Torino o a Teramo. Un perfetto standard di colori o insegne identiche in tutta Italia non riesce a creare in un centro storico come in periferia lo stesso arricchimento, negli occhi e nei pensieri, legato al territorio in cui viene collocato. La bellezza di una vista eterogenea di materiali come di scritte ben differenti, se ben inserite nel contesto, racconta molto di una città e delle sue scelte in materia commerciale. Nessuno fa miracoli, ci mancherebbe altro, ma un cambiamento può essere vissuto in materia differente anche soltanto partendo dalle insegne.
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commenti
Michele de Crecchio
19 marzo 2024 22:12
Parole sacrosante e che in un tempo non troppo lontano erano, nella sostanza, condivise sia dalle norme che dalle prassi operative comunali. Da svariati anni ormai, a me pare che la città, e le sue parti storiche in particolare, vengano purtroppo lasciate trasformare senza altro controllo che non sia determinato dalla sensibilità dei committenti e dalla capacità operativa dei tecnici incaricati. Di questi problemi, Cremona Sera si è già occupata più volte, senza però, mi sembra, fare significativa breccia nel degrado amministrativo tornato ad affermarsi in città ormai da qualche lustro.