Un abisso tra la Cremona raccontata da chi ci governa e la Cremona reale, vissuta da chi ci abita
Un grazie è d’obbligo per l’attenzione -circa venticinquemila account di copertura su facebook e diverse migliaia di visualizzazioni su Cremonasera - riservata all’ultimo, e non tenero, intervento sul degrado cittadino e l’infelice bombardamento luminoso del palazzo comunale di Cremona durante le feste natalizie. Ovvio che chi scrive spera di essere letto ma numeri del genere si prestano a tutt’altre e meno narcisistiche considerazioni. Se infatti dicono qualcosa su chi scrive, infinitamente di più dicono su chi legge. E, in questo caso, dicono che un gran numero di cremonesi, sotto l’apparente cenere di una riservatezza scambiabile per rassegnato benestare, continuano a covare ansioso interesse per la città e le sue sorti.
In effetti la Cremona contemporanea è, specie agli occhi dello storico, una specie di insondabile enigma. Sconcerta la distanza fra la prestigiosa vivacità di un passato che la vide spesso alla ribalta nazionale e la sbiadita marginalità attuale, tale da far dubitare che qualche mutazione genetica si sia silenziosamente impadronita di noi. Il caso cremonese, come il confronto con la ben più decorosa e valorizzata Mantova nettamente dimostra, va ben oltre il più generale fenomeno di assopimento di realtà provinciali cannibalizzate dal magnetismo economico e culturale di vicine aree metropolitane. La spiegazione va piuttosto cercata nella anomalia di un rapporto, fragilizzato ormai fino all’inconsistenza, fra governanti che sembrano ragionare su una Cremona immaginaria e governati che a quanto pare non riescono a spiegargli cos’è e come sta la Cremona reale...Una parte, e decisiva, della classe dirigente ha perso il contatto con la realtà, rifugiandosi in una specie di rassicurante ‘bolla’ che fluttua nel vuoto sospinta dal vento delle mode e dal suggestivo vocabolario del ‘politicamente corretto’. E parlo di ‘bolla’ non per generica suggestione letteraria ma nel senso rigorosamente tecnico in cui il Novecento le ha sperimentate come frequenti battistrada di successivi disastri economico sociali. Basti, per intenderci, la celebre bolla speculativa che, esplodendo nell’ottobre nero del 1929, travolse il mondo. Cos’è dunque una bolla? E’ la più pericolosa, e meno innocente, forma di divaricazione fra immaginario e reale: volutamente si ‘droga’ la realtà facendo convergere miracolistiche attese su qualcosa, o qualcuno, indipendentemente dal suo effettivo valore. E lì si indirizzano non solo astratte speranze ma concretissimi investimenti. La cosa si gonfia a dismisura finché inevitabilmente scoppia. Dopo di che ’tutti giù per terra’ come nella famosa filastrocca. Ma le batoste non insegnano visto che continuiamo, e più che mai, a vivere di bolle. Non a caso siamo nell’era degli ‘influencer’. E cos’altro è un influencer se non una bolla che trasforma in professione la produzione di altre redditizie bolle. Se ha talento e fiuto un ben congeniato castello di bolle può metter capo a un impero finanziario. Se poi si tratti di cemento armato o cartapesta è, come la cronaca recente suggerisce, dubbio non solo fondato ma prudenzialmente doveroso. Molto più preoccupante è tuttavia se a fabbricare bolle, quand’anche in buona fede e buoni propositi, provvedono politici e amministratori. Ho in mente in proposito un paio di classiche bolle, rigorosamente ‘made in Cremona’. Partiamo, per dirne una, dalla celebre leggenda metropolitana su cui si proiettarono miracolistiche attese di rinascita del centro storico: piazzare all’altezza di corso Campi il famoso salotto. Pienamente condivisibile il proposito di migliorare le attrattive cittadine, senonché, a fare la differenza, è la presenza o meno di certe condizioni. O meglio di certe precondizioni. Alquanto spericolato fu illudersi che a fare un salotto bastasse la posa di marmi pregiatissimi mentre il contorno, cioè le concrete precondizioni del salotto, non solo languivano ma erano destinate a morte certa da indirizzi del governo locale che, di fatto, remavano contro. Fin troppo nota la sequenza: moltiplicazione dei grandi centri commerciali, massacranti balzelli -dai rifiuti alle tende da sole- imposti al piccolo commercio di vicinato in misura incongrua rispetto a quanto sborsato per gli stessi servizi dai megacomplessi extraurbani, debolissimo approccio riservato alla questione dei canoni delle locazioni commerciali e così via. Si preferì non ‘perdersi’ in difficili e noiosi sforzi di concretezza o in adeguate analisi della complessa dimensione sistemica -e viabilistica- del problema, confidando che al suadente suono della parola ‘salotto’ l’immaginario collettivo avrebbe risposto secondo quanto astratte proiezioni da tavolino suggerivano. Altro che leva del risorgimento cittadino! Nei giorni feriali il salotto lo bazzicano quattro gatti e otto cani. Il punto è che quando un tempo si diceva ‘vado in centro’ non si alludeva solo a un luogo fisico ma a quel luogo sentimentale e affettivo in cui l’identità locale si concentra ed esprime il massimo di quel potere avvolgente che proprio lì, più che altrove, ti fa sentire a casa. Oggi, al contrario, è proprio lì che ti senti più spaesato e misuri la portata materiale e simbolica delle assenze che un lussuoso lastricato non vale a colmare. Ma eccoci all’altra bolla, di più recente fabbricazione, presentata ai cremonesi come inarrivabile capolavoro di genialità. Alludo al celebre e futuro ospedale. di cui finalmente conosciamo nello specifico un po’ dei futuri connotati: una Disneyland, una attrezzatissima cittadella del tempo libero, meta ideale per le gite domenicali coi bambini o per i pomeriggi di chi passa l’estate in città. L’ospedalino destinato a prendere il posto dell’acciaccato ma tuttora prezioso nosocomio, sembra uscito dalla sognante immaginazione di un’eccentrica comunità Hippy. Quanta fatica si sarebbe risparmiato il compianto professor Veronesi se avesse scoperto in tempo le facoltà taumaturgiche di laghetti con fauna selvatica, avveniristiche sale multimediali, nonché imprecisati ‘alter ego’ digitali. L’oggettività clinica della malattia, i cruciali temi della professionalità del personale sanitario, della qualità di attrezzature e tecnologie, del rapporto fra popolazione e posti letto, svaporano e si trasfigurano nella rappresentazione onirica di un gioioso mondo alternativo. Antonio Grassi è stato tanto screanzato da far due conti su quanto ci costa e costerà l’intera baracca. Ma in fondo cos’è il vil danaro al confronto di un così ardito sogno? Resta il tempo di un dubbio finale: la salvifica presenza degli animali di compagnia riguarderà anche le sale operatorie? E, in tal caso, saranno in veste di osservatori o con mansioni operative? Un’eccessiva concentrazione di asinelli, per esempio, metterebbe in sospetto i buoni cremonesi magari inducendoli a lasciare ad Alice cotanto Paese delle Meraviglie e, in caso di malanno, lasciarsi cautamente morire a casa propria. Ed ecco risolto il futuro problema della carenza di posti letto. Complimenti: hanno proprio pensato a tutto
La foto con il drone è di Riccardo Rizzi Maverick
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commenti
Patrizia Signorini
16 gennaio 2024 11:07
Leggerla mi piace assai, quantunque ciò mi provochi tristezza e sconforto. Lo scollamento fra realtà oggettiva e visione raccontata è palese, aggravata dal fatto che non si fanno mai i conti pensando a chi qui deve vivere o lavorarci. Non mi addentro oltre. L'immaginifico ospedale, del quale si conoscono i muri ma non i progetti e i servizi sanitari veri, basta e avanza a farmi temere che pensar male davvero non è peccato.
Maurizio Bellelli
16 gennaio 2024 11:26
Analisi impietosa ma rigorosamente reale. Chapeau. Purtroppo anche nell'opposizione si verifica la medesima cosa.
EFB
16 gennaio 2024 12:45
Brava professoressa Ferrari!!! Mi trova al Suo fianco in un giudizio senza appello. Vivo a Cremona da 50 anni. Sono decenni di fughe da una città che non ama la propria storia, una realtà mistificata sa false chimere...La scritta "Benvenuti a Cremona " è spenta. Ora si chiama "CAOSLANDIA". Qualcuno, diverso tempo fa, parlava di "Mille bolle blu..." Sibilla o Cassandra?
ada.ferrari
16 gennaio 2024 14:48
Sibilla e Cassandra, direi . Ma purtroppo la grande Mina sta in Svizzera e a Cremona non resta che la nota influencer.
EFB
16 gennaio 2024 15:56
... quindi il nulla? Anche Franco Zambelloni sta in Svizzera....
Gabriella
16 gennaio 2024 18:37
Sono nata a Cremona e crescendo ho visto pian piano il degrado nel quale stava sprofondando la “mia” città. Isolata e con poche prospettive. Complimenti Professoressa Ferrari centrati i problemi. Ma siamo governati da struzzi!!!
Paolo
16 gennaio 2024 20:36
Parole a vanvera di chi svergogna la propria città per tornaconto politico.
Non amo il proliferare di centri commerciali e non ho troppa simpatia per il sindaco ma questo articolo... Mamma mia.
Manuel
16 gennaio 2024 21:10
Attenzione che, tra centri commerciali, ospedali-astronave, peduncoli e tangenziali, non solo si manipola denaro (anche a debito), ma si manipolano le menti. Tutto il giusto disappunto di una cittadinanza sbigottita, non necessariamente si tradurrà in rivoluzione politica, sociale, culturale. Non è proprio escluso che si riconfermi la compagine che ha fatto e, soprattutto, disfatto nell'ultimo decennio. Questa classe "dirigente", voglio ricordare, ha il benestare degli uomini e delle categorie che contano in città (i veri manovratori della locomotiva) ed ha pure un eventuale surrogato di riserva (centrodestra), giusto per evitare spiacevoli sorprese. La propaganda, la seduzione hanno origini antiche, ma al vecchio "panem et circenses", s'è sostituita una disciplina più curata e scientifica: il marketing. Gli americani hanno elaborato la nuova alchimia ed esportato in tutti gli angoli del pianeta. Di fronte a cotanta, impalpabile potenza sembra necessario doversi inchinare, quindi fa almeno piacere che qualcosa vibri, agiti, strepiti e speriamo che il crescendo non si arresti all'ultimo assalto, altrimenti... non ci resta che piangere.
Presariog
17 gennaio 2024 07:34
Diciamo che ci sono tre Cremona, una descritta da chi ci governa, una descritta dai giornali e media e la Cremona reale vissuta dai cittadini
Giusi
17 gennaio 2024 13:06
Descrizione veritiera. Io vengo a Cremona da fuori città e mi piaceva moltissimo passeggiare e fare anche acquisti per le sue suggestive vie. Oggi è una città triste e china su sé stessa, le persone che incontro non hanno più visi sorridenti e cordiali. Non la riconosco più. Il suo scritto è al quanto chiaro e obbiettivo . Ne sono amareggiata.
monica
19 gennaio 2024 17:46
Anch io .. come tanti … orgogliosa di vivere. Proprio in una bella cittadina … ma …. La pacchia è finita !!!!!!!… cambiano i tempi … cambiano le persone … cambiano i giochi !!!!!.. non cambia L incompetenza e l'arroganza di aver gestito in questa maniera ingloriosa per tutti questi anni !!!!….questo è il risultato !!!!…..come già scritto in precedenza …. Solo persone tristi …!!!!!!!…..ma che tristezza !!!!!!!