25 novembre 2022

Contro la violenza sulle donne, io non mi tiro indietro

Oggi ho ricevuto questo messaggio da un mio conoscente.

“Nessuna di loro e stata protetta o difesa, mai. Anche in piena pandemia il lavoro mostruoso portato avanti dalle donne non è stato riconosciuto come meritava. Pari opportunità? Che palla enorme! Ancora e come sempre discriminazione. Vergogna è il termine con il quale si può tranquillamente etichettare spesso una incredibile moltitudine di istituzioni pubbliche ... Vergognatevi! Vergognamoci!

Dopo un primo momento di smarrimento, di quelli che fanno correre le dita veloci sulla tastiera per dare una risposta piccata, magari non proprio cortese e sbrigativamente autoassolvente, ho fatto un respiro profondo e ho provato a chiedermi cosa non abbiamo fatto come Amministrazione, cosa non ho fatto come assessora, come docente, come madre, come donna, per indurre un conoscente a scrivermi che mi devo vergognare.

Sono arrivata alla conclusione che non provo vergogna, perchè credo di non avere mai agito in vita mia per favorire discriminazione e violenza, e di aver fatto quello che era nelle mie possibilità per contrastarla, ma non posso negare di temere di non aver fatto comunque abbastanza. 

In un momento storico così difficile che vede l’umanità stremata da due anni di pandemia, che ha colpito più duramente le donne, e impaurita dalla guerra in Ucraina, nella quale le principali vittime sono donne e bambini, la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro la donna donna assume un significato ancor più profondo. E violenza di genere non è solo il maltrattamento fisico. Esistono tante altre forme di violenza a cui le donne sono esposte (revenge porn, catcalling, dipendenza economica, victim blaming, linguaggio d’odio, pregiudizi) alcune delle quali sono persino "socialmente accettate", perché non riconosciute come tali. 

Purtroppo la cultura patriarcale nella quale siamo immersi continua ad alimentare gli stereotipi di genere e i pregiudizi che, sminuendo il ruolo e le potenzialità delle donne, portano con sè discriminazione e violenza.

Infatti, malgrado il riconoscimento formale, i progressi compiuti e il fatto che oggi ci si possa avvalere di un quadro normativo caratterizzato da leggi che contrastano le discriminazioni, che favoriscono i principi di parità e la valorizzazione delle differenze, la parità tra donne e uomini e l’eliminazione della discriminazione di genere non sono ancora una realtà.

Per sconfiggere questa cultura sessista e giungere ad affermare una vera parità di genere, per ribadire il ruolo che spetta alle donne, per colmare il gender gap e favorire la costruzione di una società più equa ed inclusiva è necessario lavorare ogni giorno e agire su più fronti, cominciando con il crescere i nostri figli maschi, insegnando loro fin dalla più tenera età il rispetto per le donne, e le nostre figlie femmine, consolidandone l'autostima e la capacità di distinguere ciò che è amore da quello che è invece una relazione malata.

Fondamentale poi è rinforzare nelle donne un concetto positivo di sè, perchè acquisendo consapevolezza e controllo sulle proprie scelte recuperino contestualmente la sicurezza necessaria per realizzare i propri desideri e obiettivi.

Tra gli strumenti più efficaci che possono aiutare a consolidare l’empowerment femminile, concorrendo così all’eliminazione della violenza contro le donne, mi piace pensare che vi siano anche i libri, la toponomastica femminile e il linguaggio.

I libri possono aiutare grandi e piccoli, ma negli ultimi anni l’editoria per l’infanzia ha pubblicato libri che insegnano ai bambini e alle bambine a comprendere e a conoscere tutte le forme di diversità e contribuiscono ad abbattere gli stereotipi e a sconfiggere i pregiudizi. Poiché la violenza di genere affonda le proprie radici nell’asimmetria dei rapporti di potere tra uomini e donne, essa non può che essere interpretata come il prodotto di una cultura sessista con la quale purtroppo siamo abituati a convivere. Per questo la scuola, i libri di testo e i libri di lettura che promuovono la cultura del rispetto e dell’inclusione sono fondamentali strumenti educativi per contrastare la violenza.

Quanto alla toponomastica femminile, essa è un buon indicatore del valore che una società assegna ai suoi membri. Nella toponomastica italiana, ma non solo, le donne sono decisamente dimenticate, quasi invisibili. Solo il 6% circa delle vie e dei luoghi è dedicato a donne e tale assenza purtroppo non è dovuta alla mancanza di figure femminili di riferimento, ma alla cancellazione più o meno consapevole della loro presenza nella storia, nella cultura, nella scienza, nella politica, nella società.  Questo induce le giovani generazioni a credere che la storia l'abbiano scritta solo gli uomini e a non conoscere quanto anche in passato è stato costruito dalle donne in termini di diritti civili, politici e sociali e in campo artistico, scientifico, culturale, contribuendo così in modo significativo alla definizione del mondo in cui viviamo. Intitolare più strade, piazze, ma anche aree verdi, spazi pubblici, giardini, percorsi ciclo-pedonali della città a donne insigni offre a queste ultime un riconoscimento pubblico, ma ridisegnare la città in una prospettiva di parità di genere non è l'unico scopo che la toponomastica femminile si pone. Il più significativo obiettivo che persegue riguarda infatti l'educazione dei ragazzi e delle ragazze e la costruzione della loro identità e del loro immaginario femminile.

E' importante infatti che bambine e ragazze trovino modelli da seguire e acquisiscano consapevolezze nuove, conoscendo ciò che è stato ideato, inventato, realizzato dalle donne, per aumentare la propria autostima e il rispetto di sé e per non temere di scegliere professioni erroneamente credute appannaggio dei soli uomini.

Per bambini e ragazzi la consapevolezza dell'importante ruolo avuto dalle donne nella storia porta con sé l’avvio di percorsi di educazione e rispetto delle differenze, aiuta a sviluppare forme di pensiero critico capace di opporsi ai modelli maschili e femminili stereotipati e conformisti, che sono purtroppo molto diffusi e ben radicati e inducono comportamenti che giustificano la violenza esercitata nei confronti delle donne. 

Last but not least, l’importanza del linguaggio e del suo uso non discriminatorio nei confronti del genere femminile. Secondo la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota come Convenzione di Istanbul, il linguaggio è promotore del cambiamento culturale necessario per il superamento di pregiudizi e stereotipi e rappresenta il primo e passo per prevenire la violenza di genere.

Il linguaggio infatti non è neutro e l’espressione verbale esercita una profonda influenza sulla percezione e sulla costruzione della realtà in cui viviamo, tanto che uno dei più comuni meccanismi di discriminazione attuati nei confronti delle donne è l’uso marcatamente sessista del linguaggio.

Nonostante ciò, la sua azione discriminatoria è generalmente sottovalutata e comunemente accettata. Spesso, infatti, nelle parole che vengono maggiormente usate e in molte espressioni di uso corrente si celano stereotipi e significati discriminatori. Essi, tuttavia, nella maggior parte dei casi, non sono nemmeno percepiti come tali, cosicché si consolidano e divengono parte integrante della nostra mentalità. È un problema sottovalutato o sminuito, che invece andrebbe preso molto sul serio: la narrativa tossica creata da un linguaggio sessista è infatti spesso anticamera di fenomeni di violenza fisica, oltre che di abuso verbale, e contribuisce in maniera significativa a una percezione distorta della violenza di genere in ogni sua forma. La consapevolezza è dunque il primo passo verso la comprensione e la prevenzione di un problema delicato e complesso come la violenza di genere. Per combatterlo bisogna lavorare, non solo il 25 novembre, ma ogni giorno dell’anno soprattutto sull’educazione, insegnando ai giovani uomini il rispetto della donna, troppo spesso soggetta a ingiustizie, condizionamenti e maltrattamenti per la sola “colpa” di appartenere all’altro genere. E io non mi tiro indietro.

 
Assessora a Istruzione, Lavoro, Formazione, Edilizia Scolastica e Pari Opportunità del Comune di Crema
Emanuela Nichetti


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commenti


alessandro

4 dicembre 2022 15:51

Buongiorno, coraggio….. forza e coraggio donne !