20 settembre 2024

Libera, Bòt, Sotto la Cappa del camino, Rialzo, Gnàsi e l'uccellin che vien dal mare

Terza puntata de "I giòoch de na vòolta" a cura di Agostino Melega

Libera

Qui vanno in campo due squadre: quella dei cacciatori e quella delle lepri. Va definito preliminarmente lo spazio della tana o prigione, dove devono essere trattenute le lepri catturate. Queste avranno poi l'obbligo di darsi la mano e creare una catena, la catena delle imprigionate appunto. Rosella mi dice che nel mentre i cacciatori inseguivano le lepri, unc di loro doveva fermarsi e rimanere di guardia alla prigione. Se per caso una delle lepri riusciva a toccare, gridando "Libera!", anche solo una collega imprigionata, avveniva d'incanto la liberazione di tutta la catena. Una volta catturate di nuovo le lepri fuggite, ed impedito che venisser toccate, avveniva lo scambio dei ruoli: i cacciatori si trasformavano in lepri e le lepri in cacciatori. Un tempo si andava avanti a giocare fin ch non si era stanchi morti, oppure appena balenava l'idea di cambiar gioco. Per questo gioco serviva una "conta" breve come questa:

Unci dunci trinci

Unci dunci trinci, quari quarinci,

meri merinci

un, franch, gès!

Libera ferma

E una variante del precedente gioco. Vi è un solo cacciatore con un un mare di lepri che fuggono per non farsi catturare. Quando questo avviene, la lepre viene lasciata a braccia aperte sul posto della stessa cattura. Mentre le altri lepri devono cercare di liberarla con un semplice tocco di mano. Era possibile vedere dei caroselli. Ossia vedere il cacciatore stringere la mano e tirare il braccio di una lepre imprigionata, nel mentre una lepre libera tirava l'altro braccio dell'imprigionata stessa, cercando nel contempo di non essere toccata dal cacciatore. Spesso avveniva che l'audace e generosa lepre dovesse desistere dal voler liberare quella imprigionata e darsi alla fuga. Il turno del gioco finiva quando il cacciatore aveva catturato tutte le lepri libere. Ma era dura. Molto dura. Il cacciatore, che usciva dalla prima "conta", era destinato a star "sotto" per un bel po'.  Per cui si stava col fiato sospeso ad attendere il responso di filastrocca come la seguente:

Sotto la cappa del camino

Sotto la cappa del camino,

c'era un vecchio contadino,

che suonava la chitarra.

Bim, bum, barra!

Bòt

È lo stesso gioco del curìise adrée, del rincorrersi con la variante del botto. Le lepri, in questo particolare rimpiattino, hanno la possibilità di non essere più catturate dal cacciatore e di tirarsi fuori dalla mischia. Basta che giungano furtive, senza farsi toccare da chi le insegue, a battere la mano sul muro o sull'albero della  tana, gridando: "Öön, dùu, trìi, bòt! "(Uno, due, tre, botto) Il cacciatore, di solito, se non ha rincorso la preda, guarda questo fatto con indifferenza e velata rassegnazione. L'importante è catturare subito un'altra lepre e mandarla al più presto «sotto», riattivando così un altro turno nell'alternanza delle parti. Il cacciatore, nelle fase preliminare del gioco, va scelto col solito modo magico:

Tòpi, tòpi, tòpi tò

Tòpi, tòpi, tòpi tò,

a chi tocca non lo so,

ma ben presto lo saprò.

Tòpi, tòpi tò!

Rialzo

Il gioco di rialzo è un parente stretto dei precedenti, chiamato anche terra e sole. Qui la foga del cacciatore, che deve rincorrere gli altri bambini, si ferma allorquando gli inseguiti salgono sopra un piano rialzato rispetto al livello del suolo. E dalla postazione elevata rag-giunta, per rendere ancor più chiara ed inoppugnabile la situazione di sicurezza conquistata, le lepri devono gridare: "Rialzo!" oppure "Sole!". Per evitare che i bambini facciano il nido sul rialzo e non scendano più giù, si concede la facoltà da parte del cacciatore di dire: "Tèra!". Ed allora tutti i bambini già ben appollaiati devono rimettersi in gioco e cercare 'disperatamente' un altro posto. Ovviamente per scegliere il primo cacciatore bisognava affidarsi al fato della "conta". Magari a quella chiamata "Bùm!":

Bùm!

Bum! Cade una bomba in mezzo al mare,

mamma mia mi sento male,

sento male d'agonia,

prendo la barca e fuggo via,

fuggo via di là dal mare,

dove sono i marinai

che lavoran tutto il dì,

A-B-C-D!

Con le modalità accennate si giocava un tempo ovunque, nei cortili e in strada, nei pressi dei sagrati delle chiese, o là dove erano present paracarri o gradini o panchine o muretti. Bastava però anche una pietra, un mattone, una latta o un grosso sasso, tutte fonti d'equilibrismi instabili, per far sentire soddisfatti i bambini braccati. L'importante era rifugiarsi sopra un appiglio appena più in alto. Devo aggiungere per diretta esperienza, che questo gioco è sconsigliabile da effettuare in casa con i nipoti, a meno che si abbiano a disposizione divani super rinforzati. Pena la protesta veemente da parte di mogli e nuore, portate ad allearsi subito in una santa crociata dissuasiva

Gnàsi

Il gioco del rincorrersi prevedeva un'altra simpatica variante. A Cremona veniva chiamata gnàsi e nel contado cúcia o cucìna. Anziché nascondersi o porsi in una posizione rialzata, al bambino inseguito bastava chinarsi sulle ginocchia, sì, come per far la cacca, gridando la formula della salvezza: gnàsi!, oppure cucìna!. In questo modo egli era salvo dalla cattura e non doveva sua volta andare "sotto". E' un gioco che ho provato di recente un'infinità di volte. Il divertimento è garantito.

Il primo bambino destinato a star "sotto" deve essere indicato come sempre, attraverso il conteggio rituale. Propongo per l'occasione l'indovinello con risposta incorporata, intitolato:

L'uccellin che vien dal mare

L'uccellin che vien dal mare

quante penne può portare?

Può portarne trentatre

a star sotto tocca a te

(variante: uno-due-tre!)

E appunto su "te" nella prima versione, e sul numero "tre" nella variante che si stabilisce chi sia il bambino "più sfortunato" nel dover iniziare il gioco.

La foto è di Ernesto Fazioli, bambine a pranzo alle Colonie Padane

Agostino Melega


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