Ancora di legami tra la sponda cremonese e la sponda parmense del Po. Le storie e le vite di grandi artisti: nel 65° della morte di Giuseppe Moroni il cardinale Tomasi a Busseto
Si è scritto più volte, in questi giorni, del pittore cremonese Giuseppe Moroni, di cui ricorre il 65esimo della morte e che per diversi anni visse sulla sponda emiliana del Grande fiume, a Pieveottoville, dove aveva stabilito, di fatto, la sua “seconda casa” e luogo che ancora oggi può essere considerato, a tutti gli effetti, un museo moroniano diffuso.
Tra le opere realizzate dal pittore cremonese in terra parmense meritano una particolare citazione quelle custodite nella cappella dedicata ai Caduti di guerra posta all’interno della insigne chiesa collegiata di San Bartolomeo Apostolo. La cappella, nella quale svetta il monumento in marmo bianco di Carrara che raffigura Gesù presso un soldato accasciato ai suoi piedi fu decorata nel 1926 proprio da Giuseppe Moroni con dipinti allegorici che, con un suggestivo effetto, risaltano sul fondo scuro delle pareti. Vi dominano le figure dei santi Giorgio e Sebastiano, ai lati, di angeli e di uno stuolo di personaggi sullo sfondo. Le vetrate istoriate delle due monofore laterali sono a loro volta opera del Moroni e recano impresse le figure dei santi Vigilio e Giusto. Questa cappella custodisce la meravigliosa Croce astile del 1524 dei fratelli Jacopo Filippo e Damiano De Gonzate.
Proprio in occasione del quinto centenario di questa croce la Penitenzieria Apostolica di Roma, tramite il Vescovo monsignor Ovidio Vezzoli, ha concesso il Giubileo straordinario che è in corso e questa domenica, 10 novembre, vedrà l’arrivo di un illustre ospite: il cardinale scalabriniano Silvano Maria Tomasi, che alle 10.30 celebrerà la messa solenne e venererà la Croce astile contornata proprio dai dipinti di Giuseppe Moroni e custodita in una chiesa che ha tanto di cremonese. Riedificata dal 1437 per volere di Orlando Pallavicino il Magnifico, la collegiata presenta in facciata pregiate decorazioni in terracotta di gusto lombardo, ricorrenti negli edifici bussetani del Quattrocento, prodotte probabilmente nella bottega di Jacopo de’ Stavolis a Polesine (1480-90 ca) su modelli di Rainaldo. All’interno, rivestito a metà Settecento di stucchi rocaille alla maniera di Fortunato Rusca e Carlo Bossi, sono conservati importanti dipinti dei secoli XVI, XVII e XVIII, tra cui quindici tondi con i Misteri del Rosario del cremonese Vincenzo Campi (1576-1581 ca) e affreschi con imponenti figure di Dottori della Chiesa di Michelangelo Anselmi (1538-39).
Rimarchevoli sono l’altare maggiore con figure e intagli a finto bronzo dorato, del cremonese Giovanbattista Febbrari (metà ’700) e il coro neoclassico (1800-1805). Nella collegiata di Busseto operarono soprattutto pittori cremonesi, tra questi Andrea Mainardi, meglio conosciuto come il Chiaveghino, di cui si conserva la tela dedicata alla “Madonna immacolata con i Santi Paolo, Pietro, Francesco d’Assisi e Chiara”; Francesco Boccaccino, autore della pala dell’altare maggiore dedicata al patrono San Bartolomeo; Camillo Procaccini, autore invece della “Madonna col Bambino e i Santi Francesco d’Assisi e Chiara”; Francesco Superti, autore della “Madonna in Gloria con i Santi Giminiano e Francesco d’Assisi”; Giovan Battista Trotti (Il Malosso), autore della “Madonna col Bambino ed i Santi Pietro e Giacomo”. Senza dimenticare poi che la collegiata conserva, oltre a diversi dipinti e tele di ignoti pittori cremonesi, anche decorazioni di Giovanni Motta e un reliquiario seicentesco di Altobello dè Cambi.
Nell’adiacente oratorio della Santissima Trinità (al quale si accede direttamente falla collegiata), celebre per aver ospitato, il 4 maggio 1836, il matrimonio tra Giuseppe Verdi e Margherita Barezzi, spicca poi la pala dell’altare maggiore (riconsacrato nel 1861 dal vescovo cremonese Antonio Novasconi) raffigurante la Santissima Trinità, opera (datata 1579) di Vincenzo Campi (autore anche dell’Annunciazione conservata nella chiesa bussetana di Santa Maria Annunziata). Organista e maestro di cappella della Collegiata, fu dal 1820 al 1833, Ferdinando Provesi. Alla sua morte l’appena ventenne Giuseppe Verdi sospese gli studi e tornò da Milano a Busseto, desideroso di succedergli, ma gli fu preferito – e senza concorso – Giovanni Ferrari di Guastalla. In segno di protesta i membri della Filarmonica Bussetana, capitanati da Antonio Barezzi, rifiutarono di partecipare alle funzioni sacre e il paese si spaccò in due fazioni: pro e contro Verdi.
A proposito di Ferdinando Provesi, Provesi, celebrato in tempi recenti a Torricella del Pizzo, grazie all’iniziativa dell’associazione Amarcord e all’intuizione del suo presidente Ernesto Marchetti, va sottolineato come in questo caso il legame emiliano-lombardo sia nato in modo quasi fortuito, si potrebbe dire rocambolesco. La sua figura è stata, in questi anni, al centro di importanti studi effettuati dal maestro Dino Rizzo, insigne musicologo e musicista bussetano, autore anche di preziosi studi dedicati alla figura del maestro Giuseppe Verdi e di importanti ricerche sugli organi dei nostri territori. Come scrive il maestro Rizzo sul Dizionario Biografico degli Italiani (volume 85 – 2016) e per la Treccani, Ferdinando Provesi “Nacque a Parma il 20 aprile 1770 da Davide, di professione servitore, e da Brigida Faraia; di due fratelli e due sorelle si hanno scarsissime notizie. Lo zio Noè Provesi (Parma 1730-1810 circa) era incisore e ritrattista. Della formazione di Provesi non si hanno notizie certe. Sposatosi a Parma con Rosa Fornelli il 16 aprile 1791, divenne padre di Pietro Giovanni Raimondo il 30 agosto 1792 (forse morto ancora infante) e di Caterina Teresa Maria Cecilia il 25 settembre 1795. Trasferitosi con la moglie e la figlia a Sissa (nella Bassa parmense) come organista nella parrocchiale, alla fine del 1799 fu incarcerato, posto in isolamento e incatenato, in attesa di processo con l’accusa di furto sacrilego: ignota l’entità e la modalità del reato.
Nei componimenti che indirizzò come suppliche a Ferdinando I di Parma (Parma, Biblioteca Palatina, Mss., Pezzana, 570: Elegia; Misto, A.21: Alcune poesie […] scritte in tempo di sua carcerazione in Sissa) Provesi vantò origini nobili e un’accurata formazione letteraria e musicale e lamentò un’infanzia condizionata dalla malattia. Il 14 agosto 1801 fu condannato al confino perpetuo in Compiano in Val di Taro (nell’Appennino parmense), dove venivano isolati gli oppositori politici, ma già il 15 settembre 1801 Provesi fu dichiarato evaso dal domicilio coatto. Attraversato il Po, (1804) si rifugiò nella confinante seconda Repubblica Cisalpina. Continuò l’attività nella Bassa cremonese: nel 1804 a Torricella del Pizzo, Scandolara Ravara, San Martino del Lago, Soresina, indi a Cremona. Il 13 febbraio 1810 fu nominato organista a Soresina, cittadina in cui esercitò anche l’insegnamento delle belle lettere. Nel settembre del 1816 era a Casalmaggiore, dove invano supplicò il posto di organista del Duomo. Nel novembre del 1818 da Cremona si trasferì ad Asola, nel Mantovano, avendo accettato la nomina triennale di maestro di cappella e organista nella cattedrale, con annessa la docenza di musica vocale e strumentale nella scuola comunale. Contro la nomina di Provesi presentò ricorso il precedente organista, Nicola Cestana: l’incarico, sospeso in attesa del giudizio, fu confermato a Provesi nella primavera del 1820. Ma intanto, l’8 novembre 1819, Provesi aveva inviato a don Giovanni Bernardo Ballarini, parroco nella collegiata di S. Bartolomeo a Busseto (nella Bassa parmense), la richiesta per divenire suo maestro di cappella e organista.
A Busseto, antica capitale dello Stato Pallavicino, proclamata città nel 1533 da Carlo V, vi erano un teatro di corte nella Rocca Pallavicina (vi si davano opere e farse) e una Società filarmonica di strumenti a fiato fondata nel 1816 da vari dilettanti di musica, tra cui i fratelli Orlando e Antonio Barezzi e Giuseppe Demaldè, cognato di Antonio Barezzi, alunni di Pietro Ferrari, il maestro di cappella e organista della collegiata morto nel 1817. Proprio nel 1820 Busseto conobbe la ripresa d’importanti attività culturali. Il 15 febbraio furono riaperte le scuole di grammatica inferiore e superiore, di umanità e retorica, soppresse nel 1806; il Monte di Pietà riaprì la biblioteca, chiusa nel 1811, e tornò a finanziare la scuola di musica vocale e strumentale interrotta nel 1817 con la morte di Ferrari. Il 12 giugno 1820, ottenuta la nomina in Collegiata, Provesi e la moglie risultano rientrati nel restaurato Ducato di Parma, retto da Maria Luigia d’Austria, residenti in affitto in una casa del filarmonico Demaldè. Il musicista non aveva tuttavia comunicato alle autorità comunali di Asola la rinuncia all’insegnamento, anzi proseguì la corrispondenza come se continuasse a esercitare l’incarico, ma una segnalazione anonima e la conseguente verifica misero in luce le sue assenze e inadempienze. Non potendo obbligare Provesi al rispetto del contratto triennale, in quanto residente in altro Stato, nel gennaio del 1821 le autorità asolane accettarono le sue tardive dimissioni. Dall’attività svolta a Busseto e dalle lettere superstiti (Busseto, Biblioteca della Fondazione Cariparma) emergono le idee anticlericali e liberaleggianti professate da Provesi, in sintonia con la maggioranza dei Filarmonici, nonché l’indole energica e poco incline alla mediazione.
Immediati furono gli scontri con il clero e i suoi fautori. Al parroco Ballarini, impegnato a difendere l’immagine della Chiesa e a incrementare il prestigio della Collegiata in seno alla diocesi di Borgo San Donnino (l’odierna Fidenza) mediante liturgie arricchite dal canto gregoriano in alternanza con brani polifonici, Provesi fornì musiche di conio melodrammatico sia nella struttura sia negli organici: vi si avvertono i tratti distintivi di Haydn e di Rossini. Gli stessi autori riecheggiano nei drammi e nelle farse che, presumibilmente librettista di sé stesso, Provesi allestì nel teatro di corte della Rocca. La cultura letteraria di Provesi lo portò a contrapporsi al clero anche nell’insegnamento: dall’ottobre 1823 all’aprile 1824 insegnò umanità e retorica nel ginnasio, ma fu infine rimpiazzato con uno studente del seminario di Piacenza. Proseguì con l’insegnamento della filosofia nella propria abitazione, attività lodata pubblicamente dalle autorità comunali. Impegnato nella diffusione della poesia greca e latina, tentò senza successo il riordino dell’Emonia, l’accademia poetica costituita nel Settecento da sacerdoti e nobili bussetani. Soddisfazioni, invece, provennero dalla gestione della Scuola di musica, che Provesi aprì anche alle ragazze, e dalla direzione della Filarmonica, che in pochi anni egli trasformò in un’orchestra completa degli archi e del controfagotto.
Nel novembre del 1823 il decenne Giuseppe Verdi, giunto a Busseto per frequentare il ginnasio dalla vicina Roncole, dove già svolgeva l’incarico di organista nella chiesa di S. Michele, conobbe Provesi. Come tutti gli alunni, con Provesi il ragazzo perfezionò la lettura musicale, l’orecchio e la memoria tramite il canto corale nel coro della Collegiata. Dopo due anni di attività (1823-25) Provesi ammise Verdi al corso quadriennale di composizione (1825-29). In quel periodo si instaurò fra loro il rapporto tipico da maestro ad apprendista. Verdi aiutò Provesi nello svolgere gli obblighi contrattuali in Collegiata: realizzò il basso continuo all’organo; come copista produsse le parti staccate per il coro e l’orchestra; completò brani che l’insegnante abbozzava nel ‘partimento’; adattò agli organici vocali e strumentali disponibili brani di musicisti attivi nel Ducato, come Ferdinando Paer, Nicola Aliani, Paolo Bonfichi, Alfonso Savi, Giuseppe Nicolini e Giuseppe Alinovi; compose musiche originali da eseguire in Collegiata in vece dei numerosi brani che ogni anno Provesi doveva scrivere per contratto. La permanenza di Provesi a Busseto fu contrassegnata da difficoltà economiche. Tra le cause, fu la malattia della moglie Rosa Fornelli che una delibera del 26 agosto 1828 del consiglio del Monte di pietà indicò come «malattia d’utero», forse la stessa che il 26 settembre 1816 un medico di Casalmaggiore aveva certificato come «colica isterica». La moglie morì nel 1828, dopo un intero anno trascorso a letto. Provesi convolò successivamente a nozze con Caterina Crippo, proveniente da Parma (non ebbero figli). Morì a Busseto il 26 luglio 1833, lasciando alla vedova numerosi debiti. Giuseppe Demaldè barattò l’affitto arretrato con l’archivio musicale di Provesi, che in seguito venne poi rimesso a disposizione dei Filarmonici.
Alla morte di Demaldè le 240 composizioni di Provesi, ossia i brani sacri per soli, coro e orchestra (Messe, Requiem, salmi, inni, mottetti), compresi quelli realizzati con il giovane Verdi per la Collegiata, alcune sinfonie e adagi strumentali, i frammenti del dramma serio La clemenza di Cesare, il melodramma semiserio in due atti Euriso e Camilla ossia La costanza alla prova, la farsa in due atti Una difficile persuasione, le due farse in un atto 'Le nozze campestri' e 'L’ebreo di Livonia', il melologo Pigmalione tratto da Rousseau (declamazione alternata a interventi strumentali), oltre alle copie realizzate da Provesi dell’opera seria in due atti Eduardo e Cristina di Rossini e dell’Adagio introduttivo dell’oratorio Cristo sul monte degli ulivi di Beethoven, furono affidate al Monte di pietà di Busseto (Biblioteca della Fondazione Cariparma, Fondo della Società filarmonica). Altre composizioni sacre manoscritte sono custodite a Casalmaggiore, Archivio del duomo di S. Stefano; una composizione è a Parma, Biblioteca Palatina, Sezione musicale; un’altra a Monchio, Archivio parrocchiale. Manoscritti organistici sono conservati nelle biblioteche dei Conservatori di Firenze e di Brescia e nella biblioteca privata di Luigi Ferdinando Tagliavini a Bologna; cfr. anche Sonate, Adagi e Sinfonie per organo, ed. critica a cura di D. Rizzo, Bergamo 2002. Ferdinando Provesi fu anche autore di versi d’occasione (Archivio di Stato di Parma, Raccolta Manoscritti, b. 74bis/I.2a, doc. 5)”. Le musiche organistiche di Provesi sono state registrate, tra l’altro, in disco da Dino Rizzo (Provesi & Lavigna, maestri di Giuseppe Verdi: sinfonie, sonate, adagi e fughe per organo, Milano 1999, Multimedia San Paolo MCD113); i brani abbozzati da Provesi e completati da Verdi sono stati registrati dall’Orchestra e coro G. Verdi di Milano, direttori Riccardo Chailly e Romano Gandoli (G. Verdi, Messa solenne, Libera me, sacred works, London 2001, Decca CD 467 280-2). Infine Provesi è ricordato in particolare per essere stato “il più importante” tra i primi insegnanti di musica di Giuseppe Verdi. Ebbe tra i suoi allievi anche Margherita Barezzi, la prima moglie di Verdi.
Torricella del Pizzo, terra che a suo tempo lo accolse come cittadino e organista, di recente lo ha valorizzato in modo significativo dedicandogli, su idea di Ernesto Marchetti, un Concorso internazionale di canto lirico. Domenica 10 novembre, quindi, una ghiotta occasione per andare alla scoperta dell’arte e della cultura cremonese nella terra di Verdi. Con l’occasione anche di prendere parte all’appuntamento con “Meravigliosa Biblioteca” con le sale storiche della Biblioteca della Fondazione Cariparma e dell’antico Monte di Pietà che verranno aperte alle visite guidate arricchite dalla nuova mostra “Pregiatissimo Signor Canonico… La vita dei coniugi Verdi nelle lettere di Giuseppina Strepponi a Don Giovanni Avanzi”. Si partirà alle 10 e alle 11.15, e ci sarà l’occasione di approfondire meglio anche la figura di Barberina Strepponi (sorella di Giuseppina, della quale si conservano diverse lettere) che visse a lungo a Cremona, dove riposa. Tra l’altro, nella stessa biblioteca, si possono ammirare anche i due grandi lunettoni ad affresco del cremonese Angelo Massarotti, , annoverato tra le figure più notevoli della pittura cremonese del tardo Seicento. I due lunettoni si trovavano, originariamente, sotto al portico del palazzo. Negli anni Ottanta del Novecento sono tuttavia stati strappati dal muro e collocati al primo piano del palazzo di proprietà della Fondazione Cariparma. Sono entrambi molto deteriorati (ma chissà che non si possano gettare le basi per un loro restauro) ma comunque significativi e meritevoli, nel ricordo di un grande pittore cremonese che merita di essere conosciuto, valorizzato, promosso. I due affreschi risalgono al 1682 e raffigurano la “Pietà” e il “Martirio di San Bartolomeo”, patrono della città e della parrocchia di Busseto.
La tradizione, tra l’altro, ci ricorda che nei panni di uno dei carnefici di San Bartolomeo il Massarotti abbia utilizzato il volto di un’esponente della storica comunità ebraica locale. La persona in questione, stando sempre alla tradizione, non gradì particolarmente la cosa, ma ormai l’opera era compiuta. Per chi non ama andare tra “baracconi” in cemento e altre diavolerie, quindi, a Busseto, una domenica all’insegna dell’arte e della cultura cremonese tra Giuseppe Moroni e Vincenzo Campi, Giovanbattista Febbrari e Francesco Boccaccino, il Chiaveghino e il Malosso, Camillo Procaccini e Francesco Superti, Giovanni Motta e Altobello dè Cambi, Ferdinando Provesi, Barberina Strepponi e Angelo Massarotti.
Eremita del Po
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