11 marzo 2021

35 anni fa, quando Gheddafi si prese la Tamoil dal gruppo finanziario svizzero Sasea

Dopo il fallimento della ditta dei fratelli Camangi, proprietari della raffineria realizzata lungo il Po (l'attuale Tamoil), subentrò come proprietaria la multinazionale americana Amoco, un colosso mondiale nei carburanti. Stazioni di servizio, un oleodotto da Genova fino a Cremona. Come per altre società del settore (Mobil, Gul, Chevron ecc.), il prezzo imposto dallo Stato ai carburanti, provocò l'addio all'Italia. Nel corso del 1981 l’Amoco decise di mettere in vendita la consociata italiana, dichiarando di darsi tre anni di tempo per abbandonare il mercato italiano. La Casa Madre decise di dimezzare le forniture di greggio alla raffineria di Cremona che costrinse i dirigenti cremonesi ad affidarsi alla lavorazione indiretta, per conto terzi.

Il 3 giugno 1983 una finanziaria svizzera, facente capo al finanziere libanese Roger Tamraz subentrò nella proprietà, acquisendo il 100% del pacchetto azionario: comparve così per la prima volta il nome Tamoil.

L’intervento del finanziere libanese non modificò sostanzialmente le cose. Però per la prima volta l’azienda si trovò a dover gestire in proprio l’approvvigionamento delle materie prime ed il reperimento delle risorse finanziarie. Tamraz si trovò immediatamente sovraesposto finanziariamente anche perché doveva rimborsare il debito di fornitura accumulato nei confronti della Amoco.

La proprietà riesce a far ottenere alla società sia un finanziamento, garantito da pegno su prodotti, per 200 milioni di dollari, sia un accordo preliminare con l’Arabia Saudita per le forniture di greggio. La validità dell’accordo era però soggetta all’incremento da parte di Tamoil della propria quota di mercato nazionale: fallisce l’acquisizione della rete Gulf con l’impossibilità di dar corso all’accordo per le forniture di greggio saudite. Carenze tecnologiche, difficoltà di approvvigionamento di materia prima, supporto finanziario poco solido. Il sistema bancario italiano chiede a Tamoil il rientro di tutti i fidi. Impossibilitata a farvi fronte, Tamoil, nel luglio ’85 chiede di essere sottoposta al regime di amministrazione controllata.

La richiesta viene accolta. Questo però provoca il blocco dell’attività produttiva di raffineria. L’unico modo per uscire dalla crisi è l’individuazione di un nuovo azionista che possa accedere direttamente agli approvvigionamenti di materia prima. 

Fu così che agli inizi del 1986 il gruppo finanziario svizzero Sasea riesce ad interessare la Lybian Arab Foreign Bank che oggi riveste il ruolo di azionista di maggioranza della Tamoil Italia spa. In questo modo Tamoil diventa proprietà di un Paese produttore di greggio.

Il nuovo socio subentra nella proprietà il 24 giugno 1986, stabilendo contestualmente un aumento di capitale di 60 miliardi di lire.

La ricapitalizzazione fa cessare l’amministrazione controllata, riprende la produzione in raffineria. Il resto è storia d’oggi. Lo sviluppo di produzione in un’area critica, il boom di produzione, i progetti di ammodernamento, l’inquinamento, la crisi, il cambio di destinazione della raffineria da impianto produttivo a deposito di idrocarburi. (m.s.) 


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commenti


Michele de Crecchio

12 marzo 2021 00:03

Lasciar costruire una raffineria a poca distanza da un sanatorio e localizzarla in posizione tale che i venti dominanti potessero facilmente sospingere i gas e le fiamme di un eventuale disastroso incendio verso la città, non fu proprio un'idea geniale.

Franco.viscardi46@gmail.com

17 agosto 2021 16:09

Avete dimenticato chi è stato il protagonista della strategia finanziaria Mr. M Abduyawad presidente Oilinvest. La prossima volta siate più completi negli articoli