Il vescovo e il sindaco Galimberti alla commemorazione dell'eccidio di Sclemo in Trentino
Anche il vescovo Antonio Napolioni, nel pomeriggio di domenica 29 ottobre, ha preso parte in Trentino alla commemorazione del 175° anniversario dell’eccidio di Sclemo, la località nel comune di Stenico (Tn) dove il 19 aprile 1848 ci fu lo scontro tra le truppe dei cosiddetti “Corpi Franchi” (giovani irredentisti italiani, in particolare lombardi, organizzati in arme) e l’esercito austro-ungarico che presidiava il Trentino, parte dell’allora Impero Austriaco. In quello scontro, che può essere considerato anticipazione della prima guerra di indipendenza, persero la vita 18 giovani lombardi, di cui 13 cremonesi.
A testimonianza del consolidato rapporto tra Cremona e il sacrificio di questi giovani, la città del Torrazzo volle inserire nella propria toponomastica una via dedicata ai martiri di Sclemo, urbanisticamente in continuità con via Stenico, entrambe laterali di viale Trento e Trieste.
Due strade della città di Cremona che «delimitano le strutture della Caritas diocesana dedicate all’accoglienza» ha sottolineato il vescovo Napolioni nel suo intervento, al momento della posa della corona in ricordo dei caduti ai piedi della stele (opera dello scultore cremonese Pietro Ferraroni) da parte delle Amministrazioni comunali di Stenico e Cremona, rappresentante rispettivamente dai sindaci Monica Mattevi e Gianluca Galimberti (presente insieme al Gonfalone del Comune portato dagli agenti della Polizia locale). Un momento di particolare commozione che, sotto la pioggia, è stato accompagnato dal suono del Silenzio.
Nel suo breve intervento monsignor Napolioni, riprendendo le parole pronunciate poco prima dal sindaco Galimberti, ha voluto rimarcare il legame tra la memoria e l’impegno nell’oggi, ricordando poi la vicenda personale di suo padre, tenente degli Alpini in Montenegro durante la Seconda Guerra Mondiale, del quale durante la pandemia ha avuto modo di leggere le cartoline ancora custodite nella cassetta militare. Il Vescovo ha così sottolineato il pudore e la sofferenza di un uomo costretto a parlare di nemici, a cui si doveva sparare: «Il tormento degli uomini che per la Patria, l’obbedienza e i valori civili lottano con la propria coscienza – ha evidenziato – e devono elaborare questo dolore». «In guerra ci si può anche fare santi, in guerra ci si può misteriosamente realizzare come uomini», ha quindi aggiunto il Vescovo ricordando il tenente degli Alpini, medaglia d’oro al valor militare, morto tra le braccia di suo padre e il suo cappellano militare, il vercellese don Secondo Pollo, dichiarato beato.
Il pomeriggio, che si è aperto con l’esibizione della banda musicale del Bleggio, è proseguito nella chiesa parrocchiale con la Messa in ricordo dei caduti di tutte le guerre, del passato e del presente, presieduta dal vescovo Napolioni. Hanno concelebrato il parroco di Stenico don Gianni Poli, mons. Sergio Nicolli delegato di Zona e il segretario e cerimoniere vescovile don Matteo Bottesini. Il pastorale usato dal vescovo Napolioni è stato quello appartenuto a mons. Alessandro Maria Gottardi (arcivescovo di Trento dal 1963 al 1987), che l’aveva ricevuto in dono proprio in occasione della visita pastorale in questa parrocchia: un’opera realizzata dall’artista don Luciano Carnessali (parroco di Seo e di Sclemo dal 1960 al 2003, anno della sua morte).
La commemorazione del 29 ottobre a Sclemo, curata dal circolo culturale “G. B. Sicheri”, è proseguita con il seminario storico-artistico-rievocativo che ha visto intervenire Graziano Riccadonna, Elisabetta Doniselli e Giacomo Bonazza. (www.diocesidicremona.it)
Leggi la storia dell'eccidio dei cremonesi a Sclemo scritta da Gherardo Bozzetti
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