18 maggio 2021

Quei capitani di ventura che combattevano per Cremona. Tra loro il fratello di Ettore Fieramosca

Spesso hanno nomi e cognomi altisonanti che richiamavano luoghi o imprese più o meno eroiche. Sono i condottieri di ventura, tecnicamente piccoli o grandi gruppi di militari al soldo di un comandante che si legava, con regolare contratto, ad una fazione o di una città.

A Cremona, per diversi secoli, si alternarono diversi uomini e diverse milizie più o meno valide con due prerogative fondamentali: difendere le mura della città, oggi ormai quasi del tutto sparite, o andare in giro ad attaccare qualche paese reo di manie di espansione, anche questa tradizione ormai in disuso da qualche secolo. Nobili esclusi dall'asse ereditario, avventurieri in cerca del titolo di Signore di qualche zona, notabili più o meno noti in cerca di dote o più facilmente in fuga da debitori e da donzelle troppo gelose o troppo in dolce attesa, dotti in grado di leggere e scrivere ma non di combattere, mercenari con il coltello sempre a portata di mano, il mondo dei comandanti di ventura è stato ampio e, sotto un certo punto di vista, fa anche parte della storia della città di Cremona.

Se Francesco Sforza nella sua tumultuosa vita ebbe il talento di guidare bene le sue truppe e poi anche le città sotto il suo dominio, non tutti il suoi colleghi furono così bravi o fortunati. Cesare Fieramosca condivideva con il fratello Ettore solo il cognome. Se al coraggioso e fiero Ettore, eroico protagonista della Disfida di Barletta al quale verranno tributati romanzi, film e sommergibili a Cesare, decisamente meno eroico e sempre convinto più ad arrendersi che a combattere, non verrà tributato un bel nulla perché, messo a difesa di Cremona dai veneziani nel 1513, si sveglierà una mattina con i lagunari in Piazza del Duomo intenti a sorseggiare aperitivi. A conferma del suo lacunoso talento come condottiero due anni dopo, come difensore di Villafranca vicino a Saluzzo, il buon Cesare si “addormenta” lasciando le porte della paese aperte ai francesi che la conquisteranno in pochi minuti.

Ben diversa la storia del cremonese Battista Pellicciolo detto Il Matto, soprannome che è una garanzia tra i capitani di ventura, nel settembre 1523 torna nella sua Cremona per respingere i francesi che avevano già abbattuto già 30 metri della cinta muraria del convento di Santa Monica ed erano pronti ad entrare in città. Insieme ai quattro giorni di pioggia che blocca i rifornimenti dei transalpini e al Matto si unisce e combatte in maniera feroce un altro comandante cremonese, Niccolò Varolo, ghibellino che negli anni si era sempre legato alla sua città, all'inizio perché tornava nottetempo per eliminare qualche avversario guelfo quasi come esercizio per “mantenersi in forma” poi, con i suoi fedelissimi, perché cercava di far ribellare la città contro gli occupanti d'oltralpe. Ci riuscirà nel novembre 1521 passando da una Porta San Luca in festa, festa durata poco perché nel giro di tre giorni dovrà abbandonare Cremona prima che i francesi, tornati in città a chiedere di lui, gli facciano “la festa” come quella toccata a molti dei suoi fedelissimi. Ad agosto 1526 i veneziani ritornano alla carica di Cremona con un esercito guidato da comandanti di ventura.

Tra Porta Po, Porta Mosa, Porta San Luca e le mura di Santa Monica ci sono migliaia di combattenti di varie nazionalità agli ordini principalmente di Malatesta Baglioni e Vincenzo Corso, i due cercano di raggiungere il loro commilitone cremonese Annibale Picenardi che è entrato a Cremona e si è rintanato nel castello cittadino dove resiste ad ogni attacco dei difensori cittadini. Cascano parte della mura cittadine e si scavano trincee nella zona sud della città, gli assalti sono un massacro, l'assedio comporterà, stante alle cronache, la perdita in un solo attacco di oltre un quinto dei militi lagunari, una cifra pazzesca per quei tempi. C'è buona parte della storia politica e militare cremonese tra le righe dei contratti stipulati con i comandanti di ventura, contratti che erano chiari, si difende la città ma si combatte per conquistare di solito solo tra la primavera e l'autunno perché va bene beccarsi delle alabarde in testa o dei colpi di archibugio ma il freddo della pianura Padana non faceva parte delle emozioni che i comandanti volevano vivere. E' una storia secolare nella storia millenaria di Cremona quella delle battaglie, degli assalti, dei difensori o degli assalitori, una storia spesso legata a quegli equilibri di potere che venivano determinati, prima della formazione degli eserciti regolari, da quei contratti fatti dalle città o dagli Stati con milizie e comandanti. Battaglie feroci, saccheggi e distruzione erano spesso “i compagni di viaggio” di queste milizie ma, in ogni caso, sono stati comunque protagonisti dei secoli che hanno contribuito a creare la storia di città come Cremona.

Nella foto la locandina del film Ettore Fieramosca con Gino Cervi

Marco Bragazzi


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