26 maggio 2021

Quella battaglia sul Po dove c'è ora il parcheggio della Coop in cui Venezia perse 8mila soldati e 35 galeoni

A poche centinaia di metri dal Duomo di Cremona, il 21 e il 22 giugno del 1431 si svolse una grande battaglia navale tra le flotte del Ducato di Milano, di cui faceva parte Cremona, e la Serenissima Repubblica di Venezia. Questa battaglia si contestualizza nelle lotte fra i due potentati che in quei decenni si contendevano i territori lombardi bagnati dai fiumi Po ed Adda. 

Il mensile Cremona nel 1929, in “Navigazione e battaglie navali sul Po”, la racconta e ne descrive l’esito. “Nel giugno del 1431 (21 e 22 giugno) l’armata dei Veneziani venne sconfitta a sua volta da Francesco Sforza e da Niccolò Piccinino, ambedue capitani di Filippo Maria Visconti. Questo fatto d’arme avvenne sul Po poco lontano da Cremona in cui i Veneziani perdettero 8mila soldati oltre numerosi prigionieri, 35 galeoni e galeoncelli con molte artiglierie e numerosi stendardi ed insegne, compreso il gonfalone di San Marco, i quali per molto tempo ornarono le volte del Duomo di Cremona, trofei eloquenti di una volontà vittoriosa.”

Ma vari studi, da quello ottocentesco di Francesco Robolotti (Storia di Cremona e della sua provincia), documentano altre vicende militari svoltesi nel 1400 proprio entro contesti fluviali: il recente e approfondito saggio di Carlo Alberto Brignoli, pubblicato dalla Mursia con il titolo “Guerre fluviali – Le lotte fra Venezia e Milano nel XV secolo”, così come gli accurati articoli di Fulvio Stumpo sul quotidiano La Provincia.

Occorre tener presente che l’alveo del Po nel XV secolo non era irreggimentato e le sue sponde erano distanti anche quindici chilometri l’una dall’altra. Riguardo a Cremona, l’alveo del grande fiume e le paludi che lo affiancavano coprivano una zona che dalla nostra città andava fino a Monticelli d’Ongina. La sponda cremonese era quasi a ridosso della cinta muraria da ovest a sud-est al punto che le acque la lambivano per un lungo tratto le attuali Porta Po, via Milano fino a San Sigismondo. Il carattere lacustre dello specchio d’acqua poteva consentire facilmente, anche controcorrente, la navigazione a remi e persino a vela di galee in assetto da battaglia. 

Il combattimento di cui parliamo – la più grande battaglia fluviale mai combattuta sul territorio nazionale – fu seguita da molti cremonesi dall’alto delle torri e dei campanili. Dove si svolse, esattamente? Le cronache dell’avvenimento ci offrono alcuni indizi. Per esempio, ci si dice che i navigli veneziani avevano gettato l’ancora ad un “tiro di archibugio” dalle mura, quindi a circa 300 metri di distanza.  Ed è proprio quest’ultimo particolare che ha convinto Giulio Grimozzi (per anni presidente del Laboratorio del cotto) ad approfondire la questione.

Il suo principale problema è stato quello di capire in quale punto esatto del Po si svolse lo scontro. Dai dati raccolti, osserva Grimozzi, si può desumere con buona certezza la posizione nello specchio d’acqua costituito dall’ansa che il fiume formava di fronte a Porta Po Vecchia, collocata all’inizio di via del Sale all’incrocio con via Cadore, probabilmente dove oggi è posto il parcheggio del supermercato Coop. Affiancando le fonti storiche, ai rilievi tecnici delle triangolazioni geometriche, Grimozzi individua nell’attuale parcheggio del supermercato Coop l’area dello scontro. La posizione è stata stabilita valutando le linee di osservazione del popolo cremonese che, una volta salito sui campanili di Sant’Omobono, San Marcellino e San Pietro al Po, osservava lo scontro: le linee di osservazione di intersecano proprio in quel punto. (Sto utilizzando le informazioni dello studio La battaglia fluviale del 1431 nel parcheggio della Coop, posto in Cremona misteriosa da Fabrizio Loffi in domenica 18 novembre 2012. Colgo l’occasione per focalizzare il decisivo contributo di Fabrizio Loffi alla straordinaria produzione, per quantità e qualità, degli studi di vario tipo sulla Cremona di ogni epoca proposti da Cremona misteriosa).

Quella mattina del 21 giugno 1431, le galee veneziane erano giunte sotto le mura di Cremona con una certa facilità, pensando di farne facile preda, stante la loro indiscussa capacità marinara. 

Le galee erano imbarcazioni di dimensioni solitamente comprese entro i 41 metri di lunghezza, per 6,50 di larghezza, 2,80 di altezza con un metro di pescaggio e un dislocamento di circa 250 tonnellate, equipaggiate con circa 25-30 rematori. 

I rematori erano quasi tutti condannati (i galeotti) e l’equipaggio armato era prevalentemente costituito da mercenari greci, turchi e albanesi. Si adoperavano armi da fuoco ma spesso si combatteva corpo a corpo.

I Veneziani, dopo le vittorie conseguite negli anni precedenti, pregustavano il sapore della vittoria e della conquista della città, ma questa volta le loro aspettative andarono clamorosamente deluse. Persero la battaglia forse per colpa di un paio di errori di valutazione: il primo fu sicuramente la sottovalutazione della forza dell’avversario. Infatti la flotta cremonese doveva essere numericamente di tutto rispetto e equipaggiata e armata da uomini esperti. Un altro motivo della sconfitta va ricercato nell’atteggiamento del duca di Carmagnola, il comandate dei Veneziani. Egli avrebbe dovuto attaccare contemporaneamente la città da terra, cosicché Cremona si sarebbe trovata tra due fuochi. Ma questo non avvenne, senza che il motivo sia stato chiarito.  Di fatto il Carmagnola, forse per carenza strategica o addirittura, come si sospettò, per tradimento, si dimostrò un inadeguato, tanto che finì i suoi giorni sul patibolo allestito in piazza san Marco dove fu decapitato con l’accusa di alto tradimento. 

In un primo momento i veneziani sembrano avere la meglio, ma non prevalsero in modo decisivo: quando all’imbrunire il combattimento viene sospeso, cinque galee viscontee sono state incendiate e distrutte e tre veneziane catturate. 

Tutto viene rimandato al giorno successivo, il 21 giugno. Nella notte il Piccinino, comandante della flotta viscontea, corre ai ripari e con il favore delle tenebre fa sbarcare i morti ed i feriti e li fa rimpiazzare con giovani cremonesi pronti a difendere la loro città costi quel che costi, mentre incombe il pericolo che intervengano le truppe di terra del Carmagnola. Cremona, peraltro, già in partenza poteva godere nello scontro di forze fresche, contrariamente ai veneziani giunti sotto alle sue mura dopo giorni di viaggio.

Dopo una battaglia di dodici ore di combattimenti, la flotta veneta viene sconfitta, distrutta. Sul Po galleggiano i resti dell’armata veneziana. Perfino il suo comandante deve fuggire su una piccola barca, travestito da pescatore.

I Cremonesi festeggiano per tre giorni interi; il Duomo, il Torrazzo e il Palazzo Comunale vengono fortemente illuminati e le chiese si riempiono di fedeli, soprattutto donne, che ringraziano i santi protettori della città per il sostegno dato ai cremonesi.  

 

 

 

Gianvi Lazzarini


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