12 aprile 2022

Restaurata la lapide sulla Torre del Capitano, un tempo palazzo di Buoso da Dovara

La Società Storica Cremonese come contributo alle iniziative per l’anno di Dante (oltre al ciclo di incontri dal titolo “Dante a Cremona”) ha deciso di donare alla città la sistemazione della lapide apposta sulla Torre del Capitano in piazza Stradivari.

La lapide era praticamente illeggibile e grazie al contributo di un socio che intende rimanere anonimo la Società ha potuto sostenere il peso delle spese vive; l’intervento di pulitura e riscrittura delle lettere è stato offerto dal laboratorio di restauro Carena & Ragazzoni di Cremona.

L’epigrafe del prof. Ugo Gualazzini posta sulla “casa torre” restaurata negli anni ’60 dal Comune ricorda che in quest’area sorgeva il palazzo fortezza di Buoso da Dovara, adiacente alla sede dell’Università dei mercanti, trasformato in Palazzo del Capitano dal 1270

Qui

ove sorgevano le case di “quei da Duera”

nel 1270

venne posta

la residenza del Capitano del popolo

e fu la sede

dell’antica Università dei mercanti

questa torre

ultima testimonianza di quello storico edificio

venne restaurata nel MDCCCCLXIV

dal Comune di Cremona

perché fosse tramandato il ricordo

di quelle civiche istituzioni

Che fine ha fatto il palazzo-fortezza di Buoso alias Palazzo del Capitano? Dai recenti studi di Monica Visioli, attraverso l’analisi di una inedita testimonianza cinquecentesca, si può dedurre che era stato fatto demolire dal duca Francesco Sforza a metà del ‘400 per realizzare un grande progetto di riqualificazione della platea parva, l’attuale piazza Stradivari, che il duca aveva voluto “farla magnifica, bella e spaciosa”,  e per  ampliare il palazzo del commissario ducale, il conte Giovanni da Tolentino che aveva sposato Isotta Sforza, figlia naturale del duca. La residenza del conte era ubicata in un ampio edificio tardo medievale fortifcato, realizzato dall’unione di diversi corpi di fabbrica maggiori e di piccole proprietà adiacenti, caratterizzato da una loggia a cui si accedeva con una scala in marmo, e di un ampio giardino. Il palazzo Tolentino non si affacciava direttamente sulla platea, poiché di fronte ad esso si ergeva un antico edificio, descritto come “palatium magnum vetustissimum… cum muris altissimis” che era stato convertito prima nel palazzo del Capitano e successivamente nell’ufficio della Gabella vecchia del Comune, dove si riscuotevano le bollette, cioè il pedaggio dei forestieri di passaggio a Cremona, dopo aver ospitato la sede del Capitano del Popolo. La descrizione del fabbricato ci consente di identificarlo con il palazzo-fortezza di Buoso che venne fatto demolire dal duca dal 1451, e le pietre, i mattoni e i legnami vennero riutilizzati per il cantiere di Santa Croce e anche per ristrutturare il monastero del Corpus Domini, fondato in quelli anni da Bianca Maria Visconti 

Storia di Buoso

La potente e ricca famiglia da Dovara si era insediata a Cremona verso la fine del secolo XI trasferendosi da Dovera, forse al seguito dell’arcivescovo di Milano Ariberto, quando aveva invaso il territorio di Cremona. Due sono stati i personaggi più importanti della famiglia: il vescovo Oberto (1117-1162), e Buoso (1250-1269). Quando la vita politica comunale si organizzò attorno alle fazioni, la famiglia si schierò con quella dei milites e successivamente si legò al partito dei ghibellini, posizione che non muterà mai, neppure quando Buoso perderà il potere, e il comune di Cremona sarà retto da un governo di parte guelfa e tutti gli esponenti della famiglia saranno costretti all’esilio per più di quarant’anni.

Alcuni esponenti dei da Dovara avevano ottenuto incarichi importanti all’interno del Comune cittadino ricoprendo la carica di consoli e podestà, mentre altri membri del casato avevano ottenuto a partire dal XIII secolo l’investitura feudale dal vescovo di Cremona. I beni, gestiti collettivamente dalla famiglia, erano posti in diverse località dell’episcopato: nell’Oltrepò fra Monticelli d’Ongina e Busseto, nella parte orientale della diocesi fra Viadana e Casalmaggiore, e lungo la riva destra del fiume Oglio fra Monticelli ripa d’Oglio, Costa ripa d’Oglio e Isola Dovarese. Si trattava dunque di un ingente patrimonio - costituito da feudi e da beni allodiali, a cui si aggiungevano rocche e fortificazioni, oltre alle residenze in città nella zona di Porta Ariberti - accresciuto nel secolo XIII grazie ad un’avveduta politica di investimenti fondiari in diverse terre dell’episcopato. 

Nella seconda metà del Duecento, il loro capo carismatico, Buoso – probabilmente uno dei cittadini più ricchi di Cremona - dopo aver combattuto a fianco dell’imperatore Federico II e di re Enzo, si era costruito un solido potere politico ottenendo la carica di podestà dell’Universitas Mercatorum nel 1261 e della Societas Populi e affiancando il marchese Oberto Pelavicino, un potentissimo signore fondiario fuoriuscito di Parma, nel governo della città; egli esercitava inoltre la signoria sui borghi di Sabbioneta (1247) e successivamente di Soncino (1248). Buoso aveva iniziato la sua ascesa politica nel 1244 diventando podestà di Lodi; fedele all’imperatore Federico II, fu fatto prigioniero dai bolognesi dopo la disfatta di Fossalta (1249) e liberato solo nel 1251. Ritornato a Cremona, dal 1255 partecipò assiduamente alla vita politica del comune, costruendo una fitta rete di legami politici ed economici e allacciando rapporti feudali con alcuni esponenti dell’aristocrazia cremonese. 

Saldamente insediati in città, Buoso e gli altri membri della famiglia Dovara avevano fissato il loro quartier generale nelle case torri erette nella parte meridionale della città vecchia, fra le vicinie di Porta Ariberti – Santa Sofia, San Nicola, San Michele nuovo, San Bartolomeo, Santa Trinità e San Pietro.  – dove avevano edificato un magnifico palazzo-fortezza che poteva senza dubbio rivaleggiare con i palazzi del comune sia come dimensione che come imponenza. Grazie alla sua abile strategia politica, iniziò dunque una imponente operazione di acquisti fondiari in città e soprattutto nella zona orientale contado fra i fiumi Oglio e Po, mirata a costituire una enclave sulla quale esercitare il proprio potere personale, documentata nelle fonti conservate all’Archivio di Stato di Mantova e in particolar modo nei registri del notaio Oliviero Solaroli che contengono atti che coprono un arco di tempo che va dal 1250 al 1267 circa. 

Quando a Cremona si insedia il governo guelfo che scalza Oberto Pelavicino, Buoso Dovara riparò nella sua rocca posta lungo il fiume Oglio, nell’attuale località Villarocca, che aveva provveduto a fortificare. Assediato dalle truppe cremonesi e altre forze guelfe, oppose una leggendaria difesa, grazie anche all'appoggio di Mastino Della Scala e fu proprio in corrispondenza della roccaforte che nel gennaio 1268 Corradino di Svevia, con l'aiuto di Buoso, guadò il fiume Oglio per scendere in Italia. Ma nonostante tutto le speranze ghibelline, riposte nell'ultimo degli Svevi, andarono deluse quando giunse la notizia che l’esercito svevo era stato sconfitto a Tagliacozzo e che l’erede al trono era stato giustiziato il 29 novembre dello stesso anno; nel marzo del 1269 Buoso abbandonò la rocca, e tentò di logorare i nemici attaccando la retroguardia. Cercò un ultimo disperato aiuto a Verona e in altre città ma invano, i suoi fedeli compagni resistettero ancora qualche mese, ma furono poi costretti a capitolare il 25 luglio 1269, quando un convoglio di viveri inviati da Buoso non riuscì a superare il blocco degli assedianti. Finiva così il sogno di creare a Cremona il governo signorile della famiglia Dovara.

 

Angela Bellardi


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