27 novembre 1955, settant'anni fa moriva Ernesto Fazioli, il più grande fotografo cremonese del '900. Ha raccontato Cremona e la sua gente al mondo
La mattina del 27 novembre 1955, settant'anni fa, se ne andava Ernesto Fazioli, il più grande fotografo cremonese del '900, colui che ha testimoniato e raccontato ai cremonesi e al mondo con le sue straordinarie immagini le bellezze dei monumenti, le trasformazioni urbanistiche di Cremona e le caratteristiche della sua gente. Le sue fotografie sono nei musei di tutto il mondo e il suo archivio, per volere delle figlie, è depositato presso la Regione Lombardia. Non c'è dubbio che dentro di sè avesse lo spirito del fotoreporter per come ha saputo raccontare Cremona, i cambiamenti, la sua arte, la sua storia, i suoi personaggi e la gente qualunque. Ecco come Mario Levi, allora direttore del quotidiano "La Provincia", lo ricorda nel suo straordinario volume "Vecchia Cremona" andato in stampa solo una settimana dopo la morte del grande fotografo.
Ernesto Fazioli, il 27 novembre 1955, ha lasciato per sempre la sua macchina, la sua camera oscura piena di fialette d'acidi misteriosi con l'uso intelligente dei quali sapeva raggiungere risultati superbi, la sua casetta alla quale era tanto affezionato, anche perchè rappresentava il suo unico risparmio dopo tanti anni di lavoro, dopo aver raccolto in tutto il mondo tanta fama e tanta gloria; ha lasciato la consorte che amava teneramente e le figlie, alle quali ha trasmesso la propria passione e la propria abilità e che potranno essere le continuatrici della sua opera. Fazioli, era apprezzato a Cremona, senza dubbio; ma se un cremonese avesse avvicinato in America o in Inghilterra o in Australia qualche esponente di quei Circoli fotografici e avesse parlato con loro della propria città d'origine, avrebbe subito sentito collegare il nome di Cremona a quello di Fazioli; perchè questo nostro fotografo, questo nostro grande artista, questo valoroso nostro collaboratore era noto in tutti i Paesi del mondo, poichè in tutti i Paesi aveva conquistato, in concorsi mondiali ai quali partecipavano i più celebri fotografi d'ogni continente, i premi maggiori, i riconoscimenti più alti.
Fazioli, non era un ambizioso. Egli si sentiva pago del proprio lavoro e della soddisfazione d'aver conseguito un primato mondiale. Poi, quando il diploma era appeso alla parete del suo strano studio fotografico ove i primi ingenui ritratti da lui scattati nel 1917 si alternavano con gli ultimissimi, quelli concepiti con i criteri tecnici attuali egli dimenticava quel successo per prepararsi a nuovi cimenti. E girava per le campagne e sulle rive del Po, alla ricerca ansiosa di qualcosa di nuovo. A chi gli domandava quanti premi avesse vinto nella sua luminosa carriera, rispondeva di non ricordarlo più. E non era un atto di esibizione d'umiltà. Nel 1919, quando vinse un primo premio nazionale con un allora meraviglioso «Giardino Pubblico immerso nella nebbia », ove si stagliava, evanescente nella foschia, la figura ammantellata di un infreddolito vigile urbano, non pensò di prenderne nota; e da allora, non elencò mai nulla. Così che per sapere quante centinaia di primati nazionali e mondiali sia riuscito a raggiungere, bisognerebbe sfogliare pazientemente le riviste fotografiche da una quarantina d'anni a questa parte; fa- tica improba, alla quale, probabilmente, nessuno si accingerà; e se anche lo facessero, non si potrebbe mai avere l'elenco completo di questi gloriosi primati.
Fazioli, non voleva sentir parlare di fotografia come «mestiere ». Per lui, la fotografia era un'arte, era un'espressione di vita, era la sintesi di un momento dell'esistenza. Partendo da queste premesse, egli finiva per sentirsi come il Sacerdote della sua Musa; non che lo dicesse, chè sarebbe stato alieno dalla sua mentalità; ma mentre si accingeva ad inquadrare quel ch'egl sentiva di dover ritrarre e a scegliere l'angolo adatto e la luce opportuna, il suo volto, già così espressivo, si trasformava: l'occhio gli diventava luminoso e sorridente, i lineamenti gli si raddolcivano, in tutto il suo atteggiamento vi era qualcosa di strano, di diverso. Dopo, era felice di ammirare, stampato, il suo lavoro; ne parlava anche con entusiasmo convincente; ma quella tal espressione strana, non l'illuminava che nell'attimo creativo.
Di Ernesto Fazioli si può dire ch'è stato un fotografo completo: dal ritratto al paesaggio, dalla scena fugace alla stessa modernissima fotografia a colori, tutto gli riusciva in modo superbo e personale. E' stato un maestro dell'arte fotografica; forse un precursore, perchè certe sue audaci innovazioni in materia di taglio e di stampa, hanno poi avuto largo seguito ovunque.
Uno dei grandi meriti di Fazioli, è stato quello di rivelare Cremona ai cremonesi. Prima di lui, ben poche cose celebri erano state ritratte nei loro particolari. Bisognò aspettare Fazioli, inerpicato su esili impalcature che oscillavano al suo passaggio, per avere la serie fotografica completa di tutti i dipinti del nostro Duomo; e le altre foto, pur esse splendide, della chiesa di S. Sigismondo; e la raccolta delle riproduzioni dei più insigni monumenti cremonesi, colti da angoli visuali impossibili, pieni, quindi, di un fascino nuovo o di scorci inattesi. Queste fotografie, costituiscono il più bell'ornamento della sala d'aspetto della stazione delle autocorriere in piazza Marconi: quando il Comune desiderò esporvi delle illustrazioni che potessero far sapere ai viaggiatori di passaggio quali meraviglie architettoniche custodisca la nostra Provincia, non trovò di meglio che le fotografie di Fazioli, che nobilizzano il paesaggio ed esaltano i particolari.
Per lunghi anni, Fazioli fu il fotoreporter di Cremona. Egli aveva innato il senso del « momento cronistico »; « sentiva» quali episodi potevano interessare il pubblico, così che le sue riprese erano sempre felici e attuali; e, pur scattate nell'attimo stesso in cui gli avvenimenti si verificavano, quelle foto, per la loro inquadratura e per gli effetti di luce, erano sempre dei piccoli gioielli. Anni or sono, aveva dovuto abbandonare, per la salute incerta, questa attività, alla quale era tanto affezionato; l'aveva dovuto fare con profondo rimpianto; e ancor negli ultimi suoi giorni sentiva la nostalgia di quel genere di lavoro, che gli aveva dato tante soddisfazioni.
Forse, non tutti i cremonesi si sono ancor oggi resi conto della grandezza artistica di questo nostro concittadino. Le folle sono presbiti: non vedono che a distanza più o meno ravvicinata; e i contorni completi di un massiccio alpestre, possono essere definiti soltanto da lontano. Così è per la valutazione d'ogni artista: bisogna che il tempo si allontani perchè tutti comprendano la loro statura. Così sarà per l'opera di Ernesto Fazioli".
Mario Levi, "Vecchia Cremona"
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