A Polesine Zibello i capolavori del pittore cremonese Giuseppe Moroni messi in risalto in occasione della Festa dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate
Sulla sponda emiliana del Grande fiume, a Polesine Zibello, la festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate e la festa patronale di San Carlo Borromeo (scelto appunto come patrono del Comune nato dalla fusione tra i due precedenti comuni di Polesine e Zibello) è stata anche l’occasione per mettere in risalto due importanti opere del pittore cremonese Giuseppe Moroni di cui, il 22 ottobre scorso, ricorreva il 65esimo della morte. Si tratta di due dipinti custoditi nella splendida chiesa collegiata di San Giovanni Battista in Pieveottoville, paese in cui il Moroni (nato a Cremona il 6 ottobre 1888 e morto a Roma il 22 ottobre 1959) per molti anni stabilì, per così dire, la sua seconda casa.
Le due opere in questione, entrambe realizzate con la tecnica dell’olio su tela, sono “La Pietà” e “San Carlo Borromeo”. Il primo, “La Pietà”, datato 1949, è la pala dell’altare dedicato ai Caduti di Guerra ed è una copia, con qualche variante, di analoga opera eseguita dallo stesso artista per la chiesa di San Michele Arcangelo in Cremona. Rappresenta la pietà divina e umana in una tonalità mistica di fede, di rassegnazione e di speranza cristiana in cui, dinnanzi alla Madonna che accoglie pietosamente il corpo del Figlio, si trova in primo piano la figura dolente di una madre che prega preso la salma di un soldato mentre, sullo sfondo, una croce irradiante una debole luce si inserisce in un panorama accennato di mestizia profonda. L’opera del Moroni simboleggia il dolore di due maternità schiantate, avvicinate dalla morte e valorizzate dalla fede in un vincolo di divino e di umano.
Il dipinto che raffigura invece il Borromeo è, a sua volta, al centro dell’altare laterale dedicato allo stesso patrono del comune e ricorda la visita pastorale compiuta in parrocchia dal santo nel 1575. Tra l’altro, la stessa chiesa ospita, del medesimo pittore cremonese, le pitture che ornano la volta della cappella dedicata alle Anime del Purgatorio. Giusto ricordare che Giuseppe Moroni diede la sua fattiva collaborazione ad ogni avvenimento importante del paese compresi il Congresso Eucaristico e il pellegrinaggio delle reliquie di San Donnino. La sua permanenza a Pieveottoville, grazie ai profondi legami con lo zio monsignor Fava, fu una stagione ricca di creatività ma anche di una povertà sopportata nel silenzio e con grande dignità e Pieveotoville può considerarsi, a pieno titolo, anche per le opere conservate in private abitazioni e per la meravigliosa “Trebbiatura alla Bora” custodita nella sala del consiglio comunale di Zibello (ma la Bora, giusto precisarlo, si trova a Pieveottoville), un “museo moroniano” a “cielo aperto”.
Giusto anche ricordare che il Museo Civico Ala Ponzone, cinque anni fa, nel sessantesimo della morte del pittore, ha ospitato la mostra “Giuseppe Moroni tra Novecento Italiano e Scuola Romana” promossa dal Comune di Cremona – Assessorato alla Cultura nell’ambito del percorso di riscoperta e valorizzazione degli artisti del Novecento collegati alla storia della città e della sua Pinacoteca. Moroni, nato a Cremona nel 1888, fu avviato agli studi artistici fin dalla sua frequentazione dell’Istituto Professionale “Ala Ponzone”, si formò all’Accademia di Brera per poi specializzarsi all’Istituto Superiore di Belle Arti a Roma. Nella capitale, entrato nell’équipe dei collaboratori di Giulio Bargellini, dai primi anni Venti si dedicò alla grande decorazione murale all’interno di prestigiosi palazzi pubblici, tra cui gli stabilimenti termali di Salsomaggiore e Montecatini, ma anche della sede romana della Banca d’Italia. Come pittore di cavalletto, dopo una fase tardo liberty, ha seguito il filone estetico introdotto sia dalla rivista Valori Plastici sia dal gruppo Novecento voluto e guidato da Margherita Sarfatti. I due movimenti avevano aggregato idee comuni su cui fondare l’arte italiana fra le due guerre: a quelle proposte, tese al recupero della classicità, alla semplificazione formale e alla sintesi figurativa, si ispirava Giuseppe Moroni quando dipingeva ritratti, nature morte, soggetti di genere e temi religiosi.
Nell’ambito dell’arte sacra, peraltro, c’è un inedito patrimonio, diffuso tra le chiese dei territori di Cremona e Parma, che l’artista ha realizzato attraverso la combinazione di pitture e vetrate di gusto novecentista. Infatti, anche dopo il suo trasferimento a Roma, continuava a frequentare le terre del Po e proprio a Pieveottoville aveva attrezzato il suo laboratorio per la produzione delle vetrate. Nel ventennio tra le due guerre l’artista ebbe l’opportunità di partecipare a importanti manifestazioni espositive dopo aver esordito nel 1925 al Concorso Artistico Nazionale Francescano aggiudicandosi il primo premio. Negli anni Trenta si susseguirono le partecipazioni alla Quadriennale di Roma, alla Promotrice di Torino e alla Biennale veneziana, a dimostrazione che Moroni era in sintonia con la cultura artistica del periodo. Sempre molto legato alla città d’origine, l’artista ha donato al Museo Civico “Ala Ponzone” alcune delle sue opere più significative, tra cui il quadro Colonie fluviali che era stato eseguito per la prima edizione del Premio Cremona e di recente è stato riproposto nella mostra Il Regime dell’Arte. Premio Cremona 1939-1941. Anche il dipinto Modelli nel 2017 è stato richiesto dal Mart di Rovereto in occasione della esposizione dedicata al Realismo Magico, successivamente ospitata anche a Helsinki (Finnish National Gallery) e a Essen (Folkwang Museum). La mostra del 2019, allestita al Museo Civico “Ala Ponzone” è stata curata da Maurizia Bonatti Bacchini con la collaborazione dell’Archivio di Giuseppe Moroni – Angelo Allegrini di Roma.
Eremita del Po
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti