Compie trecento anni la chiesa di Polesine ma da 2 anni è chiusa per problemi strutturali. Le due parrocchiali precedenti portate via dal Po
Si è scritto diffusamente, negli ultimi giorni, della situazione della chiesa della BeataVergine Annunziata, meglio conosciuta come Madonna delle Spine, di Castelvetro Piacentino, e dello sforzo che si sta cercando di fare per salvarla dal degrado in cui purtroppo versa. Il giornalista e scrittore cremonese Roberto Fiorentini ha messo in risalto sia la grave situazione in cui il sacro edificio versa che l’opera, meritoria, che cittadini e amministrazione pubblica, stanno intraprendendo per salvare e sistemare la chiesa. Non certo l’unica, va detto, che nelle terre del fiume, grida aiuto. Una di queste, ad una manciata di chilometri di distanza da quella della Madonna delle Spine, è nientemeno che la parrocchiale di Polesine Parmense che proprio in questi giorni di metà ottobre taglia il traguardo dei suoi tre secoli di vita. Un traguardo bello, importante, significativo, accompagnato da una considerevole storia che riguarda e coinvolge, in modo diretto, anche il territorio cremonese. Trecento anni di vita per un luogo che, come accade per tutte le chiese, ha accompagnato la vita e le vicende della comunità nata, cresciuta e sviluppatasi all’ombra del suo campanile. Ha cullato i primi vagiti di coloro che, tra le sue mura, hanno ricevuto il battesimo, ha festeggiato l’unione di quelle famiglie che vi hanno mosso i primi passi, ha salutato mestamente, accompagnandoli al vicino camposanto quelli che hanno concluso la loro vita terrena. E’ stata custode dei momenti lieti e di quelli tristi della comunità, ha ospitato un numero incalcolabile di celebrazioni, da quelle più solenni a quelle ordinarie; ha visto fiorire vocazioni ed ha visto alternarsi una ventina di parroci. Trecento anni di storia che meriterebbero di essere celebrati in modo solenne, luminoso e importante. Ma che invece trascorrono al buio, nel silenzio, con i più che anche localmente non sono nemmeno al corrente di questo anniversario. Tutto questo perché la chiesa, da ormai due anni è chiusa, per motivi di sicurezza. Gli assestamenti del terreno, le ultime scosse sismiche, le conseguenze del maltempo (su tutte i danni causati dalla tromba d’aria del 4 luglio 2022) hanno fatto emergere danni alle coperture e, dopo le verifiche del caso, ne è stata decisa la chiusura per chiari motivi di sicurezza, per garantire quindi l’incolumità di tutti. Da quasi 24 mesi un triste nastro bianco e rosso delimita il sagrato e impedisce l’accesso, con le funzioni “trasferite” nella vicina chiesetta della Beata Vergine di Loreto (meglio conosciuta come “Madonnina del Po”) ed i funerali che vengono invece officiati nella chiesetta cimiteriale oppure nelle parrocchiali del vicini centri di Santa Croce e di Zibello. Sulla chiesa parrocchiale è calato il “buio” e, al momento, non sembra affatto vicina una sua riapertura che dovrebbe necessariamente passare prima per importanti e corposi lavori di sistemazione e di messa in sicurezza, per i quali servirebbero certamente cifre importanti. Il terzo centenario poteva e forse doveva essere l’occasione per reperire finanziamenti, ma questo non è avvenuto. Tuttavia, al di là di quanto ormai è passato, c’è solo da sperare che qualche benefattore si faccia avanti per giungere così ai necessari, fondamentali interventi e riportare il sacro edificio alla sua funzione di sempre.
Bisogna tra l’altro dire che Polesine Parmense non è propriamente fortunato in fatto di chiese parrocchiali. Le prime due, quando il paese si chiamava Polesine San Vito se le è “portate via” il Grande fiume distruggendole. La terza, l’attuale, è in precarie condizioni strutturali, al punto infatti da rendere inevitabile la sua chiusura.
Attingendo alla storia, va evidenziato che nel Codex diplomaticus Cremonae di Lorenzo Astegiano tanti e importanti sono i riferimenti anche a Polesine di San Vito, a partire dal 1186, ma in nessuna delle pergamene comunali pubblicate è citata la sua chiesa, tradizionalmente ritenuta di antica fondazione. Bisogna arrivare alla bolla di Eugenio IV del 9 luglio 1436 che vederla figurare, per la prima volta, accanto alle chiese della diocesi cremonese, che erano sottoposte alla collegiata di Busseto, eretta su istanza di Orlando Pallavicino, feudatario del luogo, e da lui ampiamente beneficiata.
La storia informa che la prima chiesa parrocchiale di Polesine di San Vito venne demolita nel 1400 perchè gravemente danneggiata dalle acque del Po. La successiva, costruita intorno al 1400 in sostituzione della precedente, fu a sua volta distrutta dalle acque del Po nel 1720. Doveroso ricordare che agli inizi del XVI secolo il fiume spostò il suo letto più a sud, fino a lambire le fondamenta della rocca, che nel 1547 crollò e la stessa sorte toccò pochi anni dopo anche alla chiesa costruita da Giovan Manfredo Pallavicino nei pressi dello stesso maniero. Successivamente il fiume riprese il suo corso e il borgo di Polesine rifiorì, con la costruzione di abitazioni e di due palazzi marchionali; la situazione precipitò ancora agli inizi del XVIII secolo, quando il Po deviò nuovamente verso sud e, straripando, distrusse nel 1720 la cinquecentesca chiesa di San Vito e, alcuni anni dopo, il palazzo delle Fosse, residenza di Vito Modesto Pallavicino. Quest’ultimo finanziò i lavori di costruzione di una nuova chiesa (l’attuale) in una posizione più distante dalla riva, fulcro dello sviluppo successivo del paese. Vito Modesto morì nel 1731, nominando erede universale il “ventre pregnante” della moglie, che tuttavia partorì una femmina, Dorotea e, quindi, il feudo fu assorbito dalla Camera ducale di Parma, che lo assegnò, unitamente a Borgo San Donnino, alla duchessa Enrichetta d’Este, vedova del duca di Parma e Piacenza Antonio Farnese. L’attuale chiesa fu costruita tra il 1720 ed il 1724 e venne consacrata il 17 ottobre 1724 dal vescovo diocesano monsignor Gherardo Zandemaria. Fu dedicata da subito ai santi Vito e Modesto, in onore del nobile signore che a sue spese ne aveva curato la realizzazione. Vito Modesto, ultimo signore di Polesine, è tuttora sepolto sotto l’altare della chiesa; la sua tomba venne alla luce nel luglio del 1957 durante i lavori di sistemazione di presbiterio e altare. Mentre si stava procedendo alla preparazione del fondo per la nuova pavimentazione in marmo, ai piedi dell’altare venne scoperta la tomba che consisteva in una stanza con volta in mattoni e, sulla sommità, la semplice iscrizione “Pregate per l’anima di Vito Modesto Pallavicino”. Con il completamento del sottofondo la tomba fu di nuovo ricoperta, ma in paese si risvegliò chiaramente la gratitudine verso l’antico ed indimenticato benefattore. All’interno spicca, nel mezzo dell’abside, il dipinto a olio su tela della scuola del Parmigianino che raffigura la “Madonna con i Santi Vito e Modesto”. Dipinto che fu donato alla chiesa dalla marchesa Dorotea Pallavicino, figlia di Vito Modesto, unitamente alla ricca cornice in legno intagliato e dorato, decorata di volute e fogliami, che in basso reca uno scudo con fondo quadrettato con l’iscrizione “Dorothea Viti Modesti filia postuma mente secuta MDCCXLIV”. E’ invece, da molti anni, del tutto inservibile l’organo Serassi che, nel 1935, fu radicalmente restaurato dal cremonese Arturo Bavelli. Organo che, da tempo, è “confinato” in un “angolo” della poderosa torre campanaria, in condizioni di completa fatiscenza.
Trecento anni di storia, di vita, di vicende legate alle popolazioni rivierasche del Grande fiume non possono certo passare inosservati. Non resta che sperare che qualche benefattore, sul’esempio del fondatore si metta una mano sul cuore (e magari sul portafogli, ci si passi la schiettezza) per portare nuova luce, nuovo futuro e scrivere una nuova pagina di storia per la pluricentenaria chiesa che, da tre secoli, fa udire le melodie delle sue campane su entrambe le sponde di quel Grande fiume che continua a scandire e ad accompagnare la vita, la quotidianità, le vicende umane e la storia celle terre che attraversa.
Eremita del Po
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