23 novembre 2025

Domenica 23 novembre 1980 il terremoto, 45 anni fa il cuore cremonese in Irpina: 250 volontari. Mobilitazione senza precedenti nell’intera provincia. Le scosse provocarono 3mila morti

Domenica 23 novembre 1980, ore 19,34. Una scossa tremenda lunghissima della durata di un minuto e mezzo. Accadeva 45 anni fa . Era il terremoto in Irpinia. Scosse fortissime sussultorie inizialmente e poi ondulatorie fecero danni immensi tra la Campania centrale e la Basilicata. Furono colpite otto province: 506 paesi su 679. Un disastro: centomila case danneggiate, 280mila sfollati, 2914 morti, 9000 feriti. Sant’Angelo dei Lombardi, Conza, Lioni, Teora, Calabritto, Torella: tutti nomi che fino ad allora erano sconosciuti a noi italiani. Col passare dei giorni, trent’anni fa, ci sono diventati purtroppo familiari per le immagini di morte e distruzione che i telegiornali e i reportage dei quotidiani portavano nelle nostre case.
Gli aiuti arrivarono con grande ritardo e con grande confusione di ordini e di mezzi. Il presidente Sandro Pertini, in una edizione straordinaria del Tg2, attaccò duramente la lentezza degli aiuti: « Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi ».

Il lungo e interminabile rosario dei nomi del dolore veniva ripetuto ad ogni bollettino televisivo. Morte, distruzione, abbandono. A noi cremonesi divenne familiare in quei giorni un nome: San Michele di Serino, un paesino talmente piccolo che neanche si riusciva a trovarlo sulle carte geografiche. Milleottocento abitanti, duemila emigrati all’estero, 25 morti nel terremoto, buona parte del paese distrutto, quaranta miliardi di danni. Con una concordia e una unità d’azione mai più riscontrata successivamente, tutta la nostra provincia si mobilitò adottando quel paese dell’Irpinia. La Caritas, enti locali, privati, associazioni di volontariato: tutti si mossero per San Michele di Serino. Tra la nostra provincia e San Michele si creò un asse della solidarietà concreta: 500 milioni di lire in offerte, più di duecento volontari a curare, ad aggiustare case, strade, a riportare l’acqua, a riaprire le scuole. Ed ancora aiuti, roulottes, tende. Tecnici, professioisti, operai, maestri e preti. Per curare le ferite del paese di San Michele ma anche per dare sollievo all’anima.

Ed ancora oggi è tangibile il segno della solidarietà di Cremona: via Cremona è la strada principale del paese (dove si affacciano le scuole nuove costruite con l’aiuto della nostra gente),  era nato un villaggio Cremona prefabbricato, c’è anche il centro comunitario Sant’Omobono, tenuto aperto da volontari e sacerdoti cremonesi per sette anni secondo il volere del vescovo Fiorino Tagliaferri.
Da quelle parti la camorra ha messo le mani sugli appalti del post terremoto ma almeno a San Michele i lavori si sono portati avanti senza grandi scandali in uno dei paesi più piccoli del cratere.

Oggi il paese è rinato. Il piano regolatore della rinascita è opera di due tecnici cremonesi dello Iacp, gli architetti Benassi e Borrini che partiti con la prima colonna mobile di aiuti dalla nostra provincia, hanno continuato a recarsi laggiù per portare a termine il loro lavoro. Hanno predisposto il piano di recupero del centro storico del paese e il progetto per il nuovo palazzo comunale. Anche gli arredi di palazzo comunale sono stati forniti da Cremona.

Quando non si è soli si può sempre ricominciare

“L’indomani del terribile terremoto che la sera del 23 novembre 1980 ha devastato larghe zone dell’Irpinia e della Lucania, l’Amministrazione provinciale di Cremona prendeva immediatamente contatto con la Prefettura e con l’Amministrazione comunale per coordinare gli interventi di soccorso, sottolineando la piena e totale disponibilità della comunità cremonese a porre forze e mezzi a disposizione per aiutare le popolazioni colpite dal sisma. – dice l’assessore provinciale alla sicurezza dell’epoca Angelo Bandera, presidente era Renzo Rebecchi, nella prefazione di un volume sull’intervento della comunità cremonese a San Michele di Serino – Il 26 novembre si costituiva, presso la sede della Provincia, il Comitato Provinciale di Coordinamento degli aiuti ai terremotati, composto oltre che dall’Amministrazione provinciale, anche dal Comune di Cremona, dalla Prefettura e dai Comuni di Casalmaggiore, Crema e Soresina, con lo scopo di porre luogo ad iniziative finalizzate al superamento dell’emergenza e alla riattivazione dei servizi del Comune di San Michele di Serino”.

Monsignor Fiorino Tagliaferri, vescovo di Cremona, prese a cuore quel paesino dell’Irpinia. Mandò aiuti e preti (don Felizietti, don Parmigiani, don Carlo Cernuschi, don Marco Tizzi e per lunghi anni come parroco don Giuseppe Bernardi Pirini). Questo il messaggio che mandò alla gente di San Michele in occasione del Natale, un mese dopo il terremoto.

E’ come se ci conoscessimo da tanto tempo, anche se, soltanto alcuni dei nostri fratelli sono venuti a trovarvi. Ma qui tutti vi pensano e vi sono vicini. Siete al centro della nostra preghiera e dell’impegno che ci siamo presi perché non vi sentiate soli a portare il peso di un immenso dolore. Fin dal primo momento, tutte le parrocchie della nostra diocesi hanno sentito il dovere di condividere con voi la dura prova della sventura e della speranza. Insieme a voi abbiamo pianto i vostri morti. Con voi abbiamo sentito l’angoscia delle case distrutte e delle famiglie senza tetto. La vostra pena e le vostre necessità sono state per tutti un appello alla solidarietà immediata e operosa. Considerateci veri fratelli che vogliono tendervi la mano ed aprirvi il cuore. E’ questo il sentimento e il proposito di tutti noi: dai bambini alle mamme, dai giovani agli adulti. Vi vogliamo bene. E siamo certi che la grazia del Signore ed il nostro affetto sincero vi daranno forza per riprendere il cammino, superata la terribile prova. Quando non si è soli, si può sempre ricominciare. E voi non siete soli...”

In 250 da Cremona all'Irpinia

23 novembre 1980. Un boato. La terra trema forte a San Michele di Serino. Poi sussulta, vibra per altri interminabili secondi. Da queste parti la tradizione portata dai vecchi del paese dice che quando la terra trema bisogna fuggire verso l’alto. Ma stavolta non è come nel ’63. Non c’è il tempo di scappare. Il centro del paese antico, vicoli e vecchie case, crolla completamente. Arrivano urla, scene di panico, grida d’aiuto, invocazioni. Chi esce illeso dalle case comincia a scavare: con vanghe, picconi, a mani nude. Si scava tutta la notte. Perché il terremoto è arrivato quando era già buio e la luce se l’è portata via la scossa. Il giorno dopo, alle prime luci dell’alba si fa la conta della catastrofe: il paese non c’è più, 25 morti, diversi feriti, 130 famiglie senza più un tetto. In periferia le case sono rimaste in piedi ma molte sono lesionate, non abitabili. Arrivano i primi aiuti: le tende, le roulottes, i generi alimentari. Arrivano i vigili del fuoco, la Croce Rossa, i volontari, i militari. Da Cremona arriva il grosso dei volontari: tecnici, operai, medici, infermieri. In 250 sono arrivati dalle rive del Po fin quaggiù con ogni mezzo pur di aiutare quella gente e quel paese, mettendo a frutto l’esperienza che i cremonesi si erano fatti a Pers, in Friuli quando lavorarono fianco a fianco con i friulani nel 1976. Poi sono arrivati i tedeschi, organizzati ed attrezzati. E’ arrivata la Croce Rossa Bavarese e la Chiesa Evangelica Bavarese con i primi prefabbricati. La vita poteva ricominciare.

Per il terremoto è partita anche una colonna mobile del Genio Pionieri dalla Caserma Col di Lana con camion, ambulanze e ruspe. La destinazione dell'esercito, guidato dal generale Canino, era il cuore del sisma: Sant'Angelo dei Lombardi.

Una foto emblematica: don Luigi Parmigiani celebra la messa di Pasqua del 1981 davanti alla chiesa distrutta di San Michele di Serino. Poi le foto del disastro e i volontari cremonesi in azione


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