Dove sta andando la sanità cremonese? Liste d'attesa, esternalizzazioni, tagli ai servizi: il rischio scatola vuota. Intervista con Bonvissuto (UIL)
Riorganizzazione, rilancio, modello per tutta la Lombardia... Quando si parla di ospedale e di sanità, a Cremona la narrazione di parte fa largo ricorso a superlativi indugiando nella tautologia. Ed è una narrazione acriticamente sposata dalle istituzioni locali, che a braccia aperte e occhi chiusi accolgono qualsiasi proposta provenga dalla Regione, a maggior ragione se presentata da un palco allestito a Dubai. Ma narrazione e realtà divergono, e lo dimostrano i fatti di questi mesi, le battaglie per la difesa di “Area Donna”, le smentite della direzione ospedaliera che lasciano il tempo che trovano, gli annunci presto rimangiati: riorganizzeremo, daremo vita a un Cancer Center di prim'ordine, salvo poi ammettere la marcia indietro (“soldi sprecati visto che si farà il nuovo ospedale”).
A conti fatti, quale è la realtà? La realtà è che la sanità a Cremona è un patrimonio che rischia di andare perso, la realtà è che qualcosa sta cambiando sempre più velocemente. Che “grande è la confusione sotto il cielo”, verrebbe da dire citando Mao (è ancora consentito?) e che il rischio di trovarsi con un contenitore sì nuovo di zecca, epperò vuoto, è tutto sommato concreto.
“Quello che non vogliamo è che inizi una 'migrazione' dal pubblico al privato. Perché lo capisce chiunque che se un ospedale non è in grado di erogare prestazioni di qualità la gente si rivolgerà al privato, e questo comporterà che chi ha i soldi andrà a beneficiare della sanità in altre province, chi non li ha dovrà adeguarsi. Questa si chiama discriminazione sociale”.
Angelo Bonvissuto, segretario generale UIL FPL di Cremona, queste dinamiche le conosce fin troppo bene. E' “sul pezzo” da parecchio tempo e la battaglia per la sanità cremonese la conduce in prima linea anche perché la UIL, all'interno dell'ospedale, è il sindacato maggiormente rappresentativo, quello col maggior numero di aderenti.
“L'attuale amministrazione dell'ospedale è sorda, cieca e muta – chiarisce senza girarci attorno –. Non parla con i pazienti né con i cosiddetti portatori di interesse, ossia associazioni e organizzazioni. E non parla con le parti sociali, col sindacato. Ci domandiamo quale sia il mandato politico della Regione per questa amministrazione ospedaliera e temiamo che la volontà sia quella di depotenziare la nostra sanità, l'ospedale”.
Ma come? Ci daranno un ospedale nuovo...
“Guardi, per il territorio un nuovo ospedale è una buona notizia, ma il punto non sono le strutture, i muri. Il punto è cosa ci vogliono fare. Questo è ciò che interessa al territorio e a noi come sindacato: quale livello di sanità vogliamo mantenere, quale qualità del servizio si potrà erogare. E' su questi temi che si dice poco o nulla ed è per questo che si fa fatica a capire dove stiamo andando rispetto alla sanità del futuro”.
In nome del nuovo ospedale è saltata anche la creazione del nuovo Cancer Center.
“Peccato che per avere il nuovo ospedale serviranno forse dieci anni. Senza contare che i costi dei materiali e dell'energia, come sappiamo tutti, sono triplicati, andando ad aggiungere un'incognita in più. Il direttore generale Rossi parla sempre del nuovo ospedale, non dei tempi non certi per realizzarlo. Senza contare il resto...”.
Vale a dire?
“La nostra paura è che qui si riorganizzi tutto per non migliorare nulla. Abbiamo già visto le ricadute sull'ospedale di Cremona e sull'Oglio Po: è in atto un depotenziamento, prima l'Utin (terapia intensiva neonatale; ndr), poi la pediatria, poi il depotenziamento a Casalmaggiore. Ora Area Donna a Cremona...”.
Area Donna. Parliamone.
“Pensi a un dato: nel 2019 c'erano nove, dieci medici nella medicina oncologica di genere. Sì, quella che chiamavamo Breast Unit. Considerato anche che Cremona è una zona dove la concentrazione di problemi oncologici è superiore alla media nazionale e regionale, si tratta di un servizio fondamentale. Era un'area strutturata appositamente, eppure si è pensato di riorganizzarla per realizzare un Cancer Center che accorpasse tutte le patologie e non distinguesse tra pazienti uomini e pazienti donne, con un grosso disagio soprattutto per queste ultime. A partire dal 2019, o per scelta o per la raggiunta pensione, molti di questi medici se ne sono andati e arriviamo al 2021 con due o tre chirurghi in area oncologica. A questo si aggiungano liste d'attesa e ritardi, problemi legati non solo alla pandemia. Per capire l'importanza di un servizio come la Breast Unit, tenga conto di questo dato, tra gli altri: è stato statisticamente dimostrato che nelle realtà dove è presente una Breast Unit la percentuale di sopravvivenza o comunque di miglioramento delle pazienti è superiore al 20% rispetto alle realtà dove non è presente una Breast Unit”.
Come si fa a non essere d'accordo con le tante donne che in queste settimane hanno dato battaglia?
“Non si può che essere d'accordo con loro, è chiaro. Ma i problemi non si fermano qui. Ad esempio, noi da tempo siamo in rotta con l'ospedale anche per un'altra vicenda”.
Ossia?
“La volontà di esternalizzare il personale OSS (operatore socio sanitario; ndr) a partire da aprile. A luglio dello scorso anno abbiamo appreso del bando per l'esternalizzazione a Cremona e all'Oglio Po. Anche questo va nell'ottica di un depotenziamento perché questo servizio verrà erogato dal privato, che ha le sue logiche, e non dall'ospedale pubblico. Tutto questo prenderà corpo da aprile, il personale in servizio andrà presso altri settori e arriverà altro personale da una cooperativa. Personale che verrà pagato meno di quello dipendente. E questo a cosa porta?”.
Domanda retorica.
“Esatto, ad un calo di qualità e alla progressiva privatizzazione. Su questo tema noi abbiamo già avviato lo stato di agitazione e il 22 marzo è in programma un incontro con l'amministrazione dell'ospedale nel corso del quale ribadiremo ancora una volta la nostra contrarietà al progetto”.
Senza contare il problema, da lei già toccato, delle liste d'attesa.
“Credo sia vergognoso dover attendere sei mesi, un anno, per un'ecografia o una prestazione sanitaria. Specie se quella stessa prestazione viene erogata in tempo reale se si va in privato. Questo è uno dei campi in cui si evidenzia maggiormente la prevalenza del privato sul pubblico. E anche questo è indice della qualità di un servizio, di un ospedale. Ma attenzione, perché quando un ospedale non è più appetibile per gli stessi professionisti, per questo così come per tanti altri motivi, il rischio è quello di trovarsi tra le mani una scatola vuota”.
Nella foto in alto, a sinistra Angelo Bonvissuto, a destra un'immagine della recente manifestazione per salvare Area Donna.
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commenti
Anna
14 marzo 2022 16:59
E' vergognoso che la sanita' - ergo la salute di esseri umani cioe' noi..- sia in mano a persone capaci solo di specularci...ovviamente con i soldi pubblici! Uno schifo. Uno schifo non solo la sanita' ma un elenco di situazioni lungo da qui ad un altro pianeta. E questi sempre a riempirsi la bocca di "faremo" " finanzieremo" " riorganizzeremo". Ad oggi questi individui son stati capaci di disintegrare cio' che funzionava e peggiorare le nuove "riorganizzazioni". Ovunque inefficienza menefreghismo e nessuna tutela per noi. Piu' nessuno ci tutela. All 'infinito ripetero' il mio mantra "uno schifo".