3 settembre 2021

La leucemia, la musica, la terapia, la laurea. Storia di Diletta, il suo "viaggio" fino al trapianto, gli amici e i suoi studi a Musicologia

Sembrava una banale stanchezza. “Pensavo fosse colpa dello stress per la preparazione degli esami e della tesi”. Invece era un campanello d'allarme preoccupante, un segnale grave: leucemia linfoblastica acuta. Dopo la diagnosi, il ricovero d'urgenza, la chemioterapia, il trapianto di midollo osseo. Ora Diletta Domenichini, 24 anni compiuti il 2 agosto, di Tavernella Val di Pesa (Firenze), studentessa della facoltà di Musicologia di Cremona, si è ripresa. “Sono guarita anche grazie alla musica, che mi ha tenuto ancorata alla vita. Ringrazio tutti coloro che mi sono stati vicini. Un grazie speciale a Cremona”.
Il suo “viaggio”, come lo chiama, è cominciato alla fine del 2019. “Mi sono ammalata subito dopo aver conseguito la laurea triennale con il massimo dei voti. Sono tornata a casa da Cremona una settimana prima di Natale. Alla spossatezza si è aggiunta una grossa infezione alla gola. Sono andata dal mio medico, che mi ha prescritto le analisi del sangue. Il giorno stesso dell'esito, mi hanno chiamato il mio dottore e poi l'ospedale Careggi di Firenze dicendo che c'erano dei valori sballati e che non bisognava perdere tempo”.
Il 27 dicembre Diletta è entrata nel reparto di onco-ematologia.
Ho iniziato subito con la chemioterapia: da protocollo, avrei dovuto farne otto cicli ma durante il percorso la situazione è cambiata perché, al termine del primo ciclo durato circa un mese, si è visto che qualcosa non andava e che c'era stata una mutazione della malattia. Con il rischio di una recidiva. E così siamo passati al trapianto”.
Durante la terapia, la paziente ha continuato a studiare per la laurea magistrale. “Ero nel pieno del mio cammino, sembrava dovesse andare tutto benissimo. Ho detto, piangendo un pochino, a chi mi avrebbe curato di fare in fretta a guarirmi perché avevo mille cose da fare fuori. I medici e gli infermieri sono stati straordinari. Forse per la mia giovane età, mi hanno trattato come una figlia. Così come sono stata coccolata dall'Università di Pavia, dall'intero Dipartimento di Musicologia di Cremona, i professori e la segreteria, che si sono prodigati per aiutarmi e consentirmi di sostenere gli esami on line, in tutto 7 o 8 di cui 2 nello stesso giorno, quando ancora non c'era il Covid”.
Diletta ha una voce splendida, dolcissima: canta sin da quando era piccola, suona la chitarra e anche il pianoforte. Ha aperto un canale Youtube che porta il suo nome e su cui ha caricato le sue versioni di alcune canzoni, come l'Ave Maria di Fabrizio de André.
E' stata un punto di riferimento a cui sono sempre tornata. Quell'interpretazione risale al momento in cui ho saputo del trapianto. Cantavo soprattutto mentre ero in ospedale, non ho smesso nemmeno durante una brutta polmonite: tutti pensavano che fosse impossibile in quelle condizioni, invece ci sono riuscita perché la voce mi veniva naturale. Il cantare è anche sentire che il tuo corpo ce la può fare nonostante sia debole, in uno stato di precarietà. Il canto mi tirava fuori tutto, le preoccupazioni, le ansie. Durante il primo ciclo di chemioterapia, i miei genitori mi hanno portato la chitarra, in via eccezionale e solo dopo che lo strumento è stato completamente disinfettato perché la camera era sterile e c'era il pericolo di infezioni. Quando i miei amici venivano a trovarmi cantavano con me stando al di là del vetro”.
Cantava, suonava, Diletta, e ascoltava musica. “All'inizio, nella mia stanza, a parte medici e infermieri, non poteva entrare nessuno, tranne mia madre. Con il Covid la situazione è peggiorata. La musica mi ha aiutato anche a sentirmi meno sola, mi ha consolato nei giorni più bui, di paura. E' stata una salvezza. Mi ha tenuto vivo il cervello e mi fatto scoprire parti di me che avevo dimenticato di avere”.
E' in compagnia della musica che è cominciata l'attesa del trapianto. “I miei genitori erano compatibili al 50 per cento. Se non si fossero trovate altre persone, il midollo osseo sarebbe stato prelevato da loro”. Invece, l'8 aprile 2020, la grande notizia. “C'era un donatore compatibile al 100 per cento. Di lui so soltanto che è tedesco, giovane, intorno ai 35 anni: non finirò mai di ringraziarlo”.
Il primo giugno, l'operazione. “Sono stata ricoverata per altri 40 giorni. Tornata a casa, ho ripreso dalle piccole cose. I primi mesi sono stati difficili, il tumore ti cambia, il trapianto ti butta giù, è come rinascere”.
Diletta si è affidata a TottaxTutti, l'associazione che tutela i malati oncologici e di cui è diventata ambasciatrice, e ha usufruito del sostegno psicologico del CeRiOn (Centro di riabilitazione oncologica) di Firenze, dove ha iniziato sedute individuali con la dottoressa Franchi che, saputo della sua passione per il canto, le ha proposto di entrare nel gruppo di musicoterapia.
In questi mesi, la ragazza toscana ha continuato gli studi per la laurea magistrale ed è tornata a Cremona. “Un altro esame, l'ultimo, è fissato per il 14 settembre e, il prossimo aprile, è in programma la discussione della tesi. Al Collegio Quartier Novo, la residenza universitaria di via Santa Maria in Betlem dove mi sono trasferita in questi anni, mi hanno tenuto il posto e sono stati così premurosi da riservare un piccolo monolocale (cucina, camera, bagno) solo per me perché ero a rischio infezione. Dal Collegio e e da Cremona mi sono sentita accompagnata, tutti mi hanno dato una mano”.
Lancia un appello, soprattutto ai giovani, a farsi avanti per donare il midollo osseo. “E' come donare il sangue, un pochino più complicato”. Ora le sue condizioni sono buone. “Sto molto bene, devo sottopormi alle visite di routine perché la malattia va tenuta sotto controllo. Bisogna riappropriarsi piano piano della propria vita”: La musicista che con il suo coraggio e la sua voce ha sconfitto la leucemia guarda al dopo laurea. “Mi piacerebbe continuare a studiare per fare musicoterapia ed essere d'aiuto dando agli altri quello che è stato dato a me”.
 
Nelle foto Diletta oggi, il giorno della laurea e durante la terapia
 
 
Gilberto Bazoli


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