21 marzo 2025

Quel mulino di Pieve San Giacomo, costruito nel 1663 e ora abbandonato a sé stesso. In funzione per oltre 4 secoli, oggi ne resta un rudere stretto nell'abbraccio dalla vegetazione

Oggi a vederlo sembra un vecchio ferito, stanco ma ancora fiero: la sua struttura si staglia nella campagna di Pieve San Giacomo, a poca distanza dalla via Postumia e quasi di fronte alla cascina Ca Nova. Coperto di edera, cadente e sopraffatto dal tempo. Eppure fino alla fine degli anni '50 era ancora attivo e vitale, cuore pulsante dell'economia locale: granoturco, cereali e frumento giugnevano a questo mulino, da cui ha preso il nome l'intera struttura, Cascina Molino Castellazzo appunto. A muovere la gigantesca ruota, posizionata all'interno del fabbricato, erano le acque della roggia "Magia" che scorre lì accanto e grazie alle quali le grandi mole macinavano i cereali. L'organo macinante era costituito da mole appaiate tra le quali doveva passare il materiale, una fissa e l'altra mobile rotante (mulino a palmenti).

Dopo la pubblicazione di una foto scattata pochi giorni fa sul gruppo Facebook 'Cremonese da Scoprire', è stato Dante Fazzi, appassionato ed esperto di storia di Pieve S. Giacomo, a recuperare alcune foto in bianco e nero che hanno immortalato come la struttura si presentava fino a pochi decenni fa, sia all'esterno, quando le mura erano ancora visibili e non ricoperte di edera e rampicanti, sia dell'interno, dove si vedono i vecchi macchinari per la molitura.

Scopriamo così una storia davvero antica: venne costruito nel 1663, come si legge sull'epigrafe riportata su una lapide in marmo che restie ancora, incastonata tra i mattoni rossi del muro esterno e che recita: "Canalizzato il terreno per le acque e costruito il mulino, avvisati i confinanti nonchè i magistrati addetti alla tutela per tutta la provincia imperiale, autorizzata l'opera per decreto del Senato dell'Eccellentissimo Principe, eliminata ogni invidia e superata ogni avversità, il Camerario magistrato Marchese Piscitelli pose nell'anno del Signore 1663". E infine, come monito a chiusura dell'epigrafe: "Sappi erede, se desideri che a lungo scorra l'acqua, di sorvegliare che non sia danneggaita da qualcuno". Oggi l'acqua qui non scorre più, se non nei mesi estivi per l'irrigazione.

Da quel 1663 quindi e per quattrocento anni quelle strade di campagna hanno visto carri e carretti arrivare carichi di grano e frumento e poi andarsene carichi di sacchi di farina bianca, gialla e di crusca, passando poi nelle cascine, casa per casa, o direttamente ai forni dei panettieri; la farina bianca derivata dal frumento, destinata al pane e ai pochi dolci; quella gialla di maggior uso per preparare la polenta, immancabile sulle tavole dei contadini e infine la crusca, la rèmula, scarto della produzione che, naturalmente, non veniva buttata ma utilizzata come 'mangime' per gli animali.

Tutto questo al Mulino Castellazzo ha segnato lper secoli a quotidianità della vita e del lavoro della gente che qui trascorreva l'intera vita; poi, nel 1958 la grande ruota del mulino è stata fermata per sempre e da allora per questo angolo di campagna è iniziato un periodo di lento e costante decadimento, abbandonato a se stesso e non più interessante nè per viverci, nè per lavorarci.

Pian piano la vegetazione ha iniziato a prendere il sopravvento, l'edera ha ricoperto i muri fin sopra i tetti; non è possibile entrare, ma sbirciando tra le fessure di portoni e finestre affacciati sulla strada, scopriamo che nei cortili e sui pavimenti in terra battuta sono nati e cresciuti alberi, che hanno abbattuto i solai e i tetti, sfondato le finestre e invaso ogni angolo a disposizione. Sui muri esterni un paio di cornici segnalano la presenza di quelle che probabilmente furono in passato iscrizioni o forse qualche immagine sacra, chissà, cancellate per sempre dal tempo e dalle intemperie, mentre resta la sola lapide in marmo che racconta la storia di questo luogo che si sta perdendo lentamente.

Le foto in bianco e nero sono state condivise da Dante Fazzi

Michela Garatti


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti


Luigi

22 marzo 2025 19:42

Stessa sorte per il mulino di Spinadesco che è di proprietà dell'asst di Cremona, speriamo che qualcuno intervenga.

Zemira

23 marzo 2025 14:07

Il Mulino da me tanto amato....è stato una parte della mia vita.. ha storia da raccontare..
..grazie