5 luglio 2025

Quella volta che Béla Bartók sconvolse i cremonesi al Filo: a 80 anni dalla scomparsa il ricordo del suo "scandaloso" debutto

A distanza di ottant'anni dalla sua scomparsa Cremona può celebrare una delle figure musicali più influenti del secolo scorso, niente meno che il pianista, compositore ed etnomusicologo Béla Bartók ricordando la sua performance pianistica presso il Teatro Filodrammatici.

9 marzo 1926. Immaginiamo la platea del piccolo teatro cittadino prendere posto incuriosita sfogliando sbrigativamente il programma di sala alla ricerca di qualche brano che dia quel senso di sicurezza e che possa appagare le orecchie senza troppo impegno. Tra i nomi presenti nella prima parte del programma compaiono fortunatamente brani di autori ben noti che vanno dalle sonate di Domenico Scarlatti a pagine recentemente defunto Claude Debussy, mentre nella seconda appare un solo nome, ovvero quello del pianista stesso, Béla Bartók. 

Bartok, esecutore più navigato, riesce a strappare applausi più che entusiastici da parte dei cremonesi, rapiti dalle immense qualità tecniche e musicali di cui fortunatamente abbiamo ad oggi diverse testimonianze. 
Al termine di una pausa ristoratrice il pubblico si riposiziona riprendnendo in mano le note di sala. L'occhio cade inevitabilmente su termini abbastanza inconsueti: Allegro barbaro, danze popolari, nenia, burlesca e altro. Qualcuno si sarà domandato "Chissà cosa vorrà mai intendere con termini del genere?" e sicuramente non saranno mancate risatine, alcuni avranno sbuffato e altri saranno usciti senza sentire il resto del concerto. 

Rientra il pianista e, dopo un inchino e gli applausi di cortesia, lo spettacolo ricomincia. La platea sobbalza già dai primi accordi: "cosa sono questi ritmi incisivi? queste dissonanze pungenti e reiterate? é questa la maniera di trattare lo strumento?" Il velluto delle poltrone a qualcuno sarà rislutato tanto scomodo da voler scappare, indubbiamente queste composizioni hanno scosso più di qualche animo, rendendo i 45 minuti di questa seconda metà assai ardui da sostenere. Il pubblico cremonese, evidentemente scioccato, lascia la sala con una discreta dose di amarezza ma sicuramente non sarà mancato qualche commento positivo da parte di ascoltatori lungimiranti.
Le cronache recitano: "La musica del moderno compositore, ricca di colore locale, di ritmi strani e originali, non priva di dissonanze, ma pure interessante, ed in qualche punto piacevole, non ottenne l'approvazione di una parte dell'uditorio, lascinando la maggioranza sconcertata e fredda". 
Consapevole del fatto che far breccia nell'animo di una realtà musicale non particolarmente avvezza alle novità sarebbe stato complicato, il signor pianista, convinto della propria missione, prosegue così il suo ennesimo tour italiano verso Firenze con l'intento di promuoversi come musicista a 360 gradi. 

Come era prevedibile il genio del compositore ungherese venne apprezzato sul territorio italiano con qualche difficoltà. Il contributo apportato da musicisti e musicologi che fecero di Bartók il portavoce di un'estetica libera dai canoni convenzionali e in parte politicizzando il suo pensiero artistico (tra i fautori di ciò, nel bene e nel male, ci fu il grande Massimo Mila).

Filippo Generali


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