Raphael Gualazzi tra realtà e fantasia incanta il Museo del Violino con contaminazioni dal soul alla lirica
Realtà e fantasia: prendendo a prestito il titolo di una delle sue canzoni più famose, sintetizziamo così il concerto di ieri sera di Raphael Gualazzi, tenutosi all’Auditorium del Museo del Violino, inserito nel programma di Cremona Jazz.
Il pianista e cantante di Urbino, alla testa di un trio completato da Anders Ulrich al contrabbasso e Gianlucae Nanni alla batteria, ci ha trasportato con leggerezza nei suoi mondi musicali, esplorandoli tutti, dalla classica al jazz, dal blues al soul, dalle arie di Verdi al rock.
Non è stato mai amante delle luci dello show business, è sempre stato quasi defilato, nonostante il successo internazionale. Ma forse è proprio per questo che ha conquistato il pubblico. E la platea cremonese ha fatto saltare l’applausometro e difficilmente sarà superato.
Si pensava che Gualazzi pescasse dal suo ultimo album, “Bar del Sole”, dove reinterpretava alcune fra le più belle canzoni del cantautorato italiano, ma non è stato così.
E sicuramente è stata la scelta migliore: Gualazzi, dopo un iniziale divertissement tratto da un aria di Verdi, estrapolata dal Trovatore, ha cominciato subito a calare i pezzi da novanta.
“Tuesday”, dedicata, come ha spiegato lo stesso musicista, algiorno più sfigato della settimana è stata eseguita con un approccio rock blues da paura. Sembrava di sentire, con le dovute proporzioni, alcuni brani della coppia Joe Cocker/ Leon Russell dei tempi migliori…
“Un mare in luce”, ballad tratta da “Happy Mistake”, con un crescendo finale e “Reality and Fantasy” hanno cominciato a riscaldare il pubblico, che si lanciava anche in timidi accompagnamenti a tempo, poi diventati più sicuri.
Due omaggi a due grandi del jazz, Duke Ellington e Michel Petrucciani , lo hanno spinto su percorsi più legati ai temi del Festival e anche qui realtà e fantasia si rincorrevano e si ritrovavano fra passato e futuro.
E se “Welcome to my hell” ci trascinava nei meandri di New Orleans, “Follia d’amore” ci catapultava ai giorni nostri. Quest’ultima, una delle hit più conosciute di Raphael, ha avuto un finale trascinante che ha letteralmente sciolto il pubblico, che ricordiamo ha riempito ogni ordine di posti.
Un piccolo siparietto presenta una cover di un musicista degli anni trenta, Nat Gonella. Il brano è “Let him live”, e racconta di un uomo lasciato dalla moglie e del suo amico che tenta di vendicarlo. Ma gli dice: “lascialo vivere”, riferito al rivale in amore, tanto poi scoprirà com’è veramente mia moglie… Una velocissima escursione sui tasti del pianoforte esalta la bravura e l’abilità del musicista marchigiano.
Il gran finale è affidato a “Lady O” e qui sì che il pubblico può interagire alla grande con Gualazzi. Una delle canzoni che riflette di più il suo stile unico dà lo spunto per un coro generale che coinvolge tutto l’Auditorium.
E sulle note di Nino Rota, al pianoforte da solo, si chiude in maniera eccelsa un concerto che ha superato le più rosee previsioni.
Il prossimo appuntamento è per venerdì 12 maggio con il quartetto di Fabrizio Bosso, in un omaggio a Stevie Wonder.
foto Gianpaolo Guarneri/Studio B12
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