Torna la “Feèra d’la Mota”: cinque giorni di festa, memoria e tradizione in riva al Po
Il mese di ottobre, impreziosito dai colori e dalle atmosfere d’autunno, si apre in terra di Po con uno degli appuntamenti storicamente più tradizionali ed attesi. A Motta Baluffi, dal 2 al 6 ottobre, torna infatti l’appuntamento con “La Feèra d’la Mota” organizzata dal Comune e dall’Oratorio, con la collaborazione delle associazioni “Amici della golena”, “Sbadabammm” e “La Mandragola” e la partecipazione ed il lavoro di tanti volontari. Venendo al programma, che spazia tra cultura, gastronomia, divertimenti e musica, si parte giovedì 2 ottobre, alle 20.30, nel palazzo comunale, con la presentazione del libro “Ecologia e Ambienti del Parco del Po e del Morbasco” a cura del professor Riccardo Groppali. Sarà un momento per imparare a conoscere meglio il Parco del Po e del Morbasco che, da poco, comprende anche la golena di Motta Baluffi.
Venerdì 3, dalle 19.30, pizza e karaoke al bar “La Pace” con prenotazione obbligatoria (entro mercoledì 1 ottobre), ed intrattenimento musicale con Roby & Jle. Sabato 4, dalle 19, cena seguita da musica e ballo con Andrea Brunazzi in oratorio. Domenica 5, alle 9.30, ritrovo Vespe nella piazza del paese e, alle 10.30, premiazione del concorso di fotografia naturalistica “Natura e Paesaggi del Grande fiume” nel palazzo municipale. Alle 11 celebrazione della messa in chiesa e, alle 15, sfilata di abiti vintage e, a seguire, aperitivo con Dj in oratorio. Alle 15.30 gara di briscola al bar “La Pace” e,alle 17, balli vintage, boogie woogie, lindy hop, swing con spettacolo del gruppo Renny’s Swing Time in piazza. Ad arricchire ed animare l’intera giornata di domenica 5 ci saranno bancarelle, servizio bar e torta fritta, vin brulè, trucca bimbi, la musica di Ermanno & Lucia, artisti di strada, pesca e ludoteca. In municipio saranno visitabili i lavori dei bambini della scuola primaria; la mostra fotografica “I silenzi del Po” di Paolo Panni, l’esposizione delle opere del concorso fotografico mentre in oratorio saranno esposte le fotografie vintage.
Per finire, lunedì 6, la tombola in oratorio. Una fiera, quella di Motta Baluffi, che affonda le sue radici direttamente alle tradizioni e alla cultura della campagna, che da sempre si tiene il primo fine settimana di ottobre, in quel periodo che attraversa la fine della vendemmia e l’inizio della mietitura del granoturco. Come ricorda Angelo Galli, indimenticato ed insigne storico locale (a lungo tecnico comunale), per diversi anni dopo la fine del secondo conflitto bellico, il lunedì della sagra di ottobre si faceva la corsa dei “burtui”, ossia di quelli che erano in bolletta (tanti ai tempi). Si trattava di una gara podistica con partenza dalla piazza del comune, si percorreva via Roma e si saliva sull’argine girando verso la chiesa, scendendo quindi in via Matteotti fino alla piazza e da qui si rifaceva via Roma, si saliva di nuovo sull’argine per poi scendere in via Marconi con arrivo alla cooperativa. I concorrenti dovevano correre con le tasche rovesciate, per mostrare a tutti che erano senza soldi.
Come apripista, davanti quindi, c’era uno in bicicletta che teneva alta, e ben in vista, una banconota da mille lire legata ad una scopa: era l’importo della vincita che poi, solitamente, il vincitore spendeva in cooperativa, in bottiglie di vino, con tutti i partecipanti. Mossiere di questa gara era Redento Gaboardi detto Dentu (1888 – 1960) vestito da festa, con due occhialini rotondi senza lenti ed un tappo di sughero pitturato di rosso sul naso che, in piazza, prima della partenza, leggeva il regolamento di gara. La quasi totalità dei mottesi partecipava divertita alla gara farsa, incitando i concorrenti a raggiungere e ad impossessarsi della scopa portante le mille lire, mentre il ciclista doveva pedalare per non farsi raggiungere, se non alla cooperativa, dove la gara si concludeva. Per la fiera era inoltre solito ricevere i parenti a pranzo, del resto era quello il giorno di massima abbondanza. Come ricorda sempre Angelo Galli nelle sue intramontabili memorie, a tavola stavano solo gli uomini mentre le donne di casa servivano e, solo nei ritagli di tempo libero, gustavano una scodella di marubini davanti al focolare, mentre i bambini mangiavano in cantina, seduti sui banchi, perché era proibito sedere a tavola con gli adulti. “Per noi era un gran giorno – scrive Angelo Galli – non solo per l’abbondanza del vitto, ma anche perché potevamo parlare e ridere tra di noi, quello che, se fossimo stati nella stanza dove pranzavano gli adulti, non ci sarebbe stato permesso perché alla minima infrazione, gli scappellotti sarebbero fioccati con facilità. Il menù era tassativo: marubini cotti in brodo di carne e pollo ruspante, il secondo piatto era costituito da salame di casa, poi veniva portato in tavola il lesso di carne bovina e cappone nostrano ripieno, indi seguiva l’arrosto di anatra e tacchino, chiudeva il pranzo la torta margherita, e il budino fatti in casa. Naturalmente a noi bambini venivano servite le parti più scadenti, ossia i colli, le teste, le zampe, le punte delle ali e le parti grasse o nervettose della carne bovina. Ma per noi era una gran festa e un gran pranzo, specie quando arrivava l’arrosto costituito dal collo e dalla testa del tacchino costellati di escrescenze”.
Memorie preziose e belle, quelle di Angelo Galli, oggi sapientemente e attentamente custodite dalla figlia Anna. Memorie di una fiera antica, in terra di Po, che fa tesoro dei saperi e dei sapori del passato guardando, con forza, al futuro. “Con l’auspicio – dichiara Paolo Panni, “Eremita del Po” e coordinatore del comitato Amici del Grande fiume – che le antiche sagre dell’una e dell’altra riva, possano riprendere vigore per l’identità e la salvaguardia delle terre di fiume, senza bisogno di inutili moderne contaminazioni”.
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