27 gennaio 2025, il giorno della Memoria più triste
Questo giorno della Memoria del 2025 è purtroppo diverso da tutti gli altri. Per la prima volta il Direttore del Museo della Brigata ebraica, la formazione che durante la campagna d’Italia ha sacrificato i suoi giovani per la libertà del nostro Paese, ha annunciato che simbolicamente non parteciperà alle manifestazioni del 27 gennaio per denunciare gli insulti contro le insegne della Brigata, le tensioni, gli incidenti che già in molte occasioni sono avvenute costringendo la Digos ogni volta ad intervenire.
Anche Liliana Segre ha rinunziato a partecipare ad alcuni eventi. Proprio in questi giorni vi sono state Milano 17 richieste di rinvio a giudizio, con l’accusa di diffamazione e istigazione all’odio razziale, per i discorsi di odio diffusi via Internet contro di lei.
Tutto questo perché nell’ultimo anno anche l’Occidente è stato investito da un’ondata di antisemitismo senza precedenti. E, aggiungo per inciso, anche l’aggressione all’Ucraina non interessa più a nessuno
Già poche settimane dopo il 7 ottobre la condanna per il massacro compiuto da Hamas si è trasformata in una condanna parallela e poi via via sempre più irrazionale sino a diventare esclusiva nei confronti della risposta di Israele. Si può anche convenire che nella reazione vi siano stati errori e anche eccessi, difficilmente in una guerra non ve ne sono, ve ne furono anche nei bombardamenti degli alleati del 1944-45 per liberare il nostro paese, anche la città di Cremona ne sa qualcosa. Ma la critica, che è una caratteristica fondante dell’Occidente, sconosciuta altrove, si è trasformata subito in una campagna di odio che è riuscita ad introdurre nel linguaggio pubblico il termine di genocidio.
È difficile convincere chi forma le proprie opinioni su pregiudizi ideologici, ma non bisogna stancarsi di ripetere che non solo i morti del 7 ottobre ma anche i civili uccisi nella striscia di Gaza ricadono nella piena responsabilità di Hamas. Una organizzazione che ha continuato a combattere e a tendere agguati nascondendo i propri militanti tra i civili e utilizzando quartieri densamente abitati, scuole, ospedali, edifici dell’UNRWA, come sta emergendo anche dai racconti dei rapiti liberati, come nascondigli e basi per lanciare attacchi. Questo mentre le Convenzioni internazionali in materia di guerra impongono alle forze in campo, per essere legittime e non essere solo una banda di terroristi, di rendere chiaramente riconoscibili con divise i suoi uomini e i suoi mezzi e tenersi lontane da insediamenti civili. Ma, sono gli stessi capi di Hamas a proclamarlo, le vittime civili, quelli che a differenza dei militanti di Hamas non potevano ripararsi nei tunnel, erano un sacrificio necessario e anche cercato, un vantaggio perché la loro morte avrebbe dato linfa alle generazioni future contro il nemico sionista. Questa la verità, dolorosa soprattutto per noi che non siamo certo indifferenti ad aver visto tanti bambini morire e che viviamo in una società in cui le vita umana è un valore e non uno strumento
Per il futuro non c’è da farsi molte illusioni. Quella che è in corso, lo scambio di prigionieri, è una tregua, è bene ricordarlo, non una pace per il semplice fatto che Hamas non ha certo cancellato dal suo statuto l’obiettivo finale e cioè distruggere Israele.
Per molti anni ho avuto la fortuna, per così dire, di abitare a Milano in corso Magenta proprio dinanzi al civico 55 dove sul marciapiede ci sono le Pietre d’inciampo in ricordo dei nonni e del padre di Liliana Segre che furono lì prelevati, deportati ad Auschwitz e non tornarono più. Molti turisti, corso Magenta è la via che porta a Santa Maria delle Grazie e al Cenacolo, si fermano, leggono, fotografano le targhe. Qualcuno fatica a capire, sono scritte in italiano e mi è spesso capitato di avvicinarmi e di spiegare a qualcuno di loro il significato di quelle strane placche sul terreno. Lo faccio volentieri anche perché uno dei figli di Liliana è il mio amico di più lunga data, eravamo compagni di scuola sin dalle elementari.
Al civico 55 di corso Magenta, comunque, lunedì ci porterò mio figlio.
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commenti
Manuel
25 gennaio 2025 20:55
Il mesto, ma fiero e convinto sostegno del giudice Salvini, alla causa bellica israeliana, si scontra con la richiesta d’arresto rivolta a Netanyahu e Gallant.
Che i colleghi dell’Aia si sfondino di oppiacei?