Ama farsi chiamare ‘libero mercato’ e con tale suggestivo nome di copertura circola e prospera fra noi, silenziosamente mietendo ogni giorno legioni di impotenti vittime sacrificali. Già, perché è obiettivamente difficile non concedere fiducia a quelle due parole -mercato e libertà – che all’istante suggeriscono orizzonti di prosperità, di libera e felice circolazione di merci, uomini e idee.
Ma soprattutto promettono sterminate praterie di nuove opportunità in cui milioni di consumatori, reduci dai secoli bui dei monopoli, possono finalmente celebrare il rito della scelta e ottenere il miglior prodotto e il miglior servizio alle migliori condizioni.
Almeno a detta dei cantori di rito sinistro quanto destro che a ogni liberalizzazione o privatizzazione –dai trasporti alla telefonia, dal gas alla luce – giurano che il libero gioco della concorrenza garantisce al consumatore prezzi più convenienti, qualità più elevata, maggior voce in capitolo per far valere le proprie ragioni… i famosi ‘diritti del consumatore’. Come ogni paradiso anche quello commerciale si presenta con debita scorta di angeli custodi: i numeri verdi (verde speranza, ovviamente) pronti ventiquattr’ore su ventiquattro all’amichevole ascolto e alla giusta risposta. Cosa dedurne? Che, al netto delle umane e inevitabili imperfezioni, siamo di fronte a un mirabile monumento di moralità meritocratica: a parità di regole, ogni soggetto può in teoria entrare nell’arena del mercato, dimostrare se e quanto vale e facendo il proprio interesse fare anche quello collettivo.
Se così stanno le cose, devo essere affetta da qualche preoccupante ottusità perché, per quanto mi sforzi, non avverto i fremiti del doveroso entusiasmo. E quand’anche l’avessi, sarebbe bastata a spegnerlo la ‘giornata di ordinaria follia’ recentemente vissuta in qualità di utente. Eccone sintetico resoconto.
Alba tragica. Ancor prima di essere sveglia ero già dolorosamente consapevole di dovere tornare alla titanica impresa infinite volte tentata e fallita il giorno prima: contattare il numero verde di tale Co.ro.met (cooperativa Solco di Brescia) che in giornata deve procedere alla sostituzione dei contatori dell’energia elettrica di proprietà di LD Reti, operante anche nel Cremonese nella distribuzione di energia. Ne ero stata informata da poche ore. Giusto il giorno prima il relativo avviso, o meglio diktat, era stato incollato al mio portone. Senonché l’ora indicata per l’esecuzione del lavoro coincideva con un impegno precedentemente assunto e di difficile smontaggio. Per fortuna a farmi sperare in un possibile patteggiamento di fascia oraria c’era il numero verde contenuto nel laconico comunicato.
Osai comporlo. E il calvario ebbe inizio. Quindici chiamate nell’arco della giornata: nessuna risposta. Alle 8 del giorno successivo, nell’imminenza dei previsti lavori, torno alla carica nella speranza che l’anonimo telefonista in un momento di distrazione abbia la bonomia di rispondermi. In effetti è così. Ma l’interlocutrice, prontamente tornata in sé, mi liquida all’istante con gelida reticenza: “ Provi a chiamare più tardi”. Resa docile dalla pressione bassa non ho la forza di ribattere. Riattacco. Ma dopo mezz’ora e un caffè carico torno sul ring. E cosa sento? “ Destinatario irraggiungibile. Contattare il presidente”. Che è come consigliare al proprietario di una Fiat che chiama il concessionario per un pezzo di ricambio di rivolgersi agli Agnelli.
Mi arrendo: disdico il precedente impegno, resto in frustrante attesa che il destino faccia il suo corso e prendo atto dell’evidenza.
Altro che utenti, clienti e consumatori titolari di qualche pur modesta garanzia difensiva: non siamo che poveri ostaggi di una giungla di sigle, appaltatori e appaltati, di società farlocche e scatole cinesi, di ignoti, remoti e irraggiungibili operatori che non potremo mai guardare negli occhi per dirgli ‘Mi stai fregando’ ricavandone la sublime soddisfazione di una pur lieve traccia di imbarazzo. Intanto il tempo passa e realizzo che oggi il destino non solo non mi ha dato scelta ma se la prende pure comoda.
Il tecnico in fine arriva ma si materializza con due ore di ritardo. Come che sia i contatori sono infine sostituiti e il lavoro ultimato. Ottimista di natura, nutro fiducia nel seguito della giornata. E, incautamente disponibile all’ignoto, sollevo il ricevitore allo squillo del telefono fisso. Il cui numero, teoricamente ‘riservato’ secondo l’originario impegno di Vodafone, dev’essere stato in realtà commercialmente ceduto a cani e porci se qualunque rompiscatole ha facoltà di chiamarmi, con elegante predilezione per l’ora di pranzo e cena. Non negherò tuttavia che l’esordio della telefonata sia di intrigante originalità. Una voce flautata, non propriamente nordica, mi consiglia di farmi forza in vista di una notizia “un po’ delicata”: i principali gestori di telefonia stanno per iniziare un lungo e gigantesco lavoro di potenziamento tecnologico che comporterà mesi di parziale sospensione del servizio e un aumento mensile di 10 euro del canone, necessario a sostenere la faraonica impresa. Ho via d’uscita? Si, recedere dal contratto e cambiare gestore. E, guarda caso, la voce flautata deve appartenere a un’accanita samaritana che, avendo a cuore il mio destino, si dichiara disposta a guidarmi nel transito commerciale. Informo che sto registrando la telefonata e la voce flautata improvvisamente si lacera in un ‘vaffà’ elegante quanto un rutto. E riattacca tornando nel nulla da cui è venuta.
Cerco distrazione nel cellulare, giusto per la quotidiana occhiata alle mail. Pessima scelta: un sms di Wind, cui sono approdata in fuga da Vodafone mobile, mi informa di un aumento mensile di 2 euro per costi finalizzati al potenziamento del servizio. Caspita, le sorti del mondo sono in ottime mani visto che tutti, tranne me, sono impegnati in un planetario piano di potenziamento. Di cosa? Non si sa. A quale scopo? Nebbia fitta. E’ peraltro noto che Nostra Signora Tecnologia preferisce trafficare sui mezzi che interrogarsi sui fini. Ma un particolare a spanne lo ricordo: il contratto sottoscritto col gestore conteneva reciprocità d’impegno. Se mi vincolo a restare due anni, la
tariffa non subirà modifiche. Riuscirò a guardare in faccia un umano mentre espongo le mie modeste ragioni o dovrò sottostare al solito circuito digitale e sorbirmi, senza certezza di lieto fine, scadenti musichette in attesa che un infelice sconosciuto all’altro capo del mondo improvvisi a mio beneficio qualche precaria risposta?
Incredibilmente trovo un negozio e un umano, anzi una umana, in pieno centro storico. Rinfrancata dalla rara fortuna espongo i miei dubbi con massima urbanità. La fanciulla dietro al bancone sfodera impeccabile sorriso aziendale e con l’aria di benevola concessione fa luce sul caso. Ebbene sì, volendo possiamo venirci incontro, tagliare il male a metà e dimezzare l’aumento. Un euro invece di due. Ma a condizione che rinnovi il mio vincolo di fedeltà per altri due anni. Ricatto della più bell’acqua. La dignità calpestata insorge. Mi riservo di decidere e la pianto in asso. Ma non passano ventiquattr’ore e con un nuovo sms Wind capitola e dichiara ‘indietro tutta’: se vuoi, puoi restare nel precedente regime tariffario.
Normali strategie commerciali, mi dicono. Le società ci provano. Se abbocchi bene. Se ti vendichi e cambi gestore fa lo stesso. Come nella più classica love story, diventi bersaglio di una messaggistica straziante “torna cun mme, nun me lassà”. E tu tornerai. Non per nostalgia ma perché chi ti ha adescato col classico “Io ti darò di più” gettata la maschera dopo due mesi, s’è rivelato più mascalzone dei precedenti.
E sarebbe questo il libero mercato? Strano. Lo direi piuttosto un gigantesco cartello, botte di ferro in cui prosperano – con logiche da monopolio di gruppo – compagnie di giro ispirate a sovrano disprezzo dell’utente e a scientifica capacità di massimizzare il profitto con miserrime astuzie che solleverebbero riserve morali persino nel più incallito borsaiolo di Scampia. Antitrust e Garante della Privacy, se davvero ci siete e sottolineo se, battete un colpo e aiutate la riscossa di noi inermi ostaggi, contesi e sballottati come bambocci di pezza fra un ‘Resta cun mme’ e un ‘Io ti darò di più’.
vittorianozanolli.it
commenti
Giuseppe Zagheni
16 dicembre 2022 09:07
Non intendo infierire sulle sue disavventure nella jungla del libero mercato,ma sono anni che la sinistra (quella vera, non quella dei Renzi o di Letta) metteva i guardia contro le privatizzazioni selvagge ma tant'è. Mi sento solidale con lei anche se questo non risolve il problema.
Danilo Codazzi
16 dicembre 2022 10:12
Sarò sintetico : personaggi anche sprovveduti, con la memoria più labile di quella di un daino, hanno raccontato meraviglie a favore della eliminazione del monopolio statale sull'Energia . Da tecnico, o meglio ex tecnico Enel ricordo quando ho messo le mie mani nella jungla dei documenti, e atti notarili che avevano permesso la nazionalizzazione delle società elettriche private, quando, subentrando lo Stato Italiano alle molteplici società , ha standardizzato i sistemi di gestione, di costruzione e manutenzione per unificare il servizio , che ha funzionato benissimo , alla faccia del libero mercato e di chi spargeva vergognose accuse di monopolio con i risultati applicati che ora a mercato cosiddetto libero, sono evidenti , e neppure i ciechi possono negare
Giuseppe Zagheni
17 dicembre 2022 08:10
Sig Codazzi ,non ci potrebbe essere spiegazione migliore di che lei ha dato. Grazie.
ada.ferrari
17 dicembre 2022 11:52
Condivido e aggiungo che è auspicabile un ritorno di consapevolezza collettiva circa l'insostituibile ruolo dello Stato come intelligenza unificante e 'garante' riguardo alle grandi scelte di sviluppo, le relative strategie operative e la loro rispondenza effettiva al famoso "bene comune'.