1 giugno 2025

Guardando al cielo per imparare a vivere in terra

Nei suoi libri l’evangelista Luca ci racconta due diverse ascensioni di Gesù al cielo. La prima, si trova nel Vangelo e si colloca al termine dell’apparizione di Gesù risorto ai suoi discepoli la sera di Pasqua; la seconda dopo quaranta giorni nel corso dei quali Gesù è apparso diverse volte. Questa seconda è la vera e propria ascensione che oggi si festeggia, ed è narrata negli Atti degli Apostoli.

Il motivo delle “due ascensioni” si può così spiegare. Il Risorto, pur essendo ancora pienamente uomo, non è più legato al mondo, allo spazio e al tempo, come lo siamo noi, per questo “appare” e “scompare”, si manifesta e si sottrae alla vista. Ogni volta che Gesù risorto non è più visibile Egli è presso il Padre, cioè, nella logica geografica del tempo, “in alto”.

Dopo essere apparso il Risorto si sottrae alla vista “sparendo” (come Luca ci dice per i due discepoli di Emmaus, Lc 24,31), oppure “salendo al cielo” (Lc 24,51).

Seguendo l’impostazione di accuratezza storica per la sua ricerca sugli eventi della vita di Gesù, Luca racconta sia le prime apparizioni del Risorto, sia l’ultima, alla quale seguirà il dono dello Spirito sui discepoli e la successiva predicazione del Vangelo a tutte le genti, secondo il comando dato dal Signore. In questo modo comprendiamo perché ci troviamo apparentemente di fronte a due ascensioni, benché una sola sia la vera “ascensione” che parla di Gesù definitivamente presso il Padre, mentre quella narrata nel Vangelo è “solo” la conclusione di un’apparizione di Gesù risorto, importante perché è la prima che coinvolge gli apostoli. 

Dopo questa presentazione, è più facile metterci in ascolto del testo evangelico che oggi viene proclamato: pur non trattandosi dell’ascensione che conclude le apparizioni, è con questo episodio che si conclude il Vangelo secondo Luca, mostrandoci un Gesù che va verso il Padre, come accadrà in maniera definitiva il giorno dell’ascensione.

Entrando in modo pieno accanto al Padre, Gesù porta con sé la nostra carne, la storia di vita che Egli ha percorso. Con questo atto definitivo, Gesù ci invita a non dimenticare mai quale sia la dignità della persona umana chiamata ad essere in Lui presso Dio, con la sua carne e la sua storia.

Spesso tentati di considerare la vita qualcosa che è solo di passaggio, spesso tentati di mettere mano al corpo come una “cosa” che possediamo e di cui disponiamo a piacimento, spesso tentati di girarci dall’altra parte quando incontriamo le sofferenze dei fratelli e delle sorelle che sono davanti a noi, l’ascensione di Gesù ci parla del valore della terra, della nostra vita legata alla terra ma chiamata ad abitare presso Dio per l’eternità, ad essere trasfigurata, divinizzata, secondo parole forse un po’ difficili, ma che fanno parte del patrimonio cristiano. Non solo le filosofie orientali parlano di un accesso al divino che l’uomo deve raggiungere, lo fa anche la fede cristiana, e ne parla come un dono e una vocazione a cui l’essere umano è chiamato. La materia dell’uomo non è quella che sprofonda negli inferi, ma quella che Dio vuole innalzare al cielo. Guardando Gesù seduto alla destra del Padre, noi guardiamo la dignità a cui la nostra vita è chiamata, noi vediamo il destino di gloria che Dio propone per ogni carne, qualsiasi peso abbia agli occhi della società in cui vive: la carne dell’essere umano che pensa di doversi fare da sé attraverso la ricchezza, la bellezza del corpo, il successo che lo fa sentire realizzato; la carne del povero che bussa alla mia porta, la carne dello straniero che chiede ospitalità, la carne di un figlio che arriva quando io non sono pronto e di cui so di potermi sbarazzare senza troppa difficoltà, la carne dell’anziano che ha perso la capacità di stare nella società. Ogni carne è accolta e portata in cielo da Gesù che sale presso il Padre.

Quanto il Risorto ci dona e ci permette di capire, non può essere tenuto nascosto, non è una proprietà che il cristiano possiede per sé. Per questo Gesù ci chiede di diffondere la verità su Dio e sull’uomo che Egli ci rivela, perché tutti la possano accogliere e fare propria, anche chi da essa è lontano o si è allontanato, perché è questa verità che rende il mondo un giardino, una casa, una città che è bello abitare. In fondo tutti siamo lontani dalla verità di Gesù che chiama gli uomini “dei”, perché uniti a Lui, al Figlio che si è fatto servo e non perché superiori agli altri, come noi ci immaginiamo la divinità. Consapevole della fatica dell’uomo ad accogliere la sua novità, Gesù vuole che i sui discepoli predichino il Vangelo come richiamo alla conversione e non come condanna per le mancanze e le cadute dell’uomo. Non dice Gesù: “chiamate bene il male”. Al contrario Gesù ci dice “non lasciate che la forza del male prevalga anche attraverso la disperazione di chi è consapevole del proprio peccato”; “predicate il perdono, perché Dio è più forte del male, di quel male che non dovrebbe esserci, ma che l’uomo con abbondanza immette nella storia del mondo”. La Chiesa di Gesù è (o dovrebbe essere) comunità accogliente, benevola, pronta a perdonare, perché questo compito le è affidato dal Signore risorto.

Maestra della verità del Vangelo, la Chiesa, non smette mai di essere Madre che perdona, accoglie, cura e protegge, per dare sempre una nuova possibilità. A tutti.  

Francesco Cortellini


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