27 febbraio 2025

L’integrazione dei musulmani in Occidente: solo un meritevole auspicio

Nel corso dell’ultimo decennio, le tensioni tra norme islamiche e norme europee, sono diventate frequenti in tutto il continente. Per citarne soltanto alcune da una lista lunga e in continua crescita, queste controversie riguardano il velo integrale indossato negli spazi pubblici; gli accomodamenti nelle piscine e nei centri sportivi; i crocifissi nelle aule scolastiche, la preghiera durante la ricreazione nelle scuole e l’educazione sessuale in classe ecc.. Tuttavia, nel confronto con le componenti meno intransigenti, si coglie talvolta la condivisione della necessità che i musulmani d’Italia e d’Europa debbano integrarsi con la comunità che li ospita. Chi afferma questo però, dimentica che l’unica prospettiva condivisibile da parte dell’Islam è quella che propone la convivenza della Ummah (comunità dei musulmani), in quanto tale, con la comunità del popolo che ti ospita, nella chiusura più totale, però, verso la condivisione di rapporti interpersonali di carattere religioso, culturale, politico e, soprattutto, familiare. 

Sono molte le cose che si potrebbero dire anche a suffragio della prospettiva che distingue i musulmani in Europa tra gruppi mainstream e gruppi radicali. Tra i radicali si trovano gli islamisti (i Fratelli musulmani e i movimenti ideologicamente affini), i salafiti (cioè i musulmani che aderiscono agli insegnamenti dell’apparato religioso saudita), i membri di Hizb al-Tahrir e altri. I leader religiosi affiliati a questi gruppi divergono fortemente su alcune questioni, ma condividono anche loro un senso di suprematismo islamico, l’idea cioè che la legge islamica si applica a tutti gli aspetti della vita. Si tratta di visioni che non producono di certo integrazione. Oltre a questo, l’esteso catalogo dei diritti occidentali contrasta con i rigidi dettami in cui l’islam rinchiude i propri credenti. La Shari’a si fonda su una triplice disuguaglianza: tra uomo e donna, tra musulmano e non musulmano, tra la comunità dei musulmani (Umma) in quanto tale e le singole sue componenti. Ognuna di queste disuguaglianze è, per tutti gli ordinamenti democratici, intollerabile.

La mentalità dominante – oggi - è che si dovrebbero moltiplicare gli sforzi per incoraggiare le persone provenienti dall’immigrazione a integrarsi. Tuttavia, se si va oltre le pur meritevoli dichiarazioni di auspicio, si coglie che l’idea d’integrazione cui si guarda è impropria. Il problema dell'integrazione dei musulmani nella società occidentale è un problema di volontà: gli islamici rifiutano di integrarsi. Benché nei paesi islamici le minoranze religiose vengano protette (in quanto dhimmi, “popoli del patto”), una tendenza analoga non è mai avvenuta storicamente: ovunque emigrino le comunità musulmane mirano a imporre la propria fede. Un processo favorito dalla tolleranza religiosa e dal pluralismo democratico dei paesi occidentali, che i musulmani vedono come occasione per la da'wa, missione di ecumenica islamizzazione, e non come tutela dei diritti delle minoranze. Tutela che viene sfruttata strumentalmente per creare veri e propri “ghetti volontari”, società parallele nei quali i caratteri identitari finiscono per essere estremizzati e amplificati, in conseguenza allo sradicamento dalle strutture sociali tradizionali, favorendo una opposizione frontale con la società ospite (dinamica che in sociologia viene definita “integrazione esternalizzata”).

Oggi, dopo il fallimento dell’idea di multiculturalismo, si dovrebbe avere il coraggio di ammettere che parlare di integrazione tra mondo musulmano e occidentale è improprio. Al massimo, si può parlare e auspicare in una pacifica convivenza tra popoli di religioni diverse senza dimenticare, però, che anche se la libertà di religione è protetta dalle leggi democratiche dell’Occidente, la pratica religiosa non deve dispensare dal rispetto delle leggi. 

Sociologa e scrittrice

Nia Guaita


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commenti


Mik

27 febbraio 2025 22:22

Certo non proprio una mano tesa... Che la convivenza sia difficile è chiaro, ma, andando dal Marocco all'Iran, forse qualche distinguo tra le varie correnti potrebbe anche essere fatto. Sarò un'anima bella ma credo anche che prima delle ideologie e i conflitti dogmatici ci siano le persone e che se si investe seriamente su un sistema di accoglienza dove si viene trattati con rispetto, qualche risultato si possa anche ottenere...

Marco

28 febbraio 2025 17:40

Anche chi accoglie deve essere rispettato da chi arriva.
Non trova?
Poi non so' se e' mai andato ad incontri organizzati proprio per fare incontrare le due realtà.
Italiani tanti, mussulmani assenti se non la rappresentanza religiosa.... l'integrazione interessa a pochi.
Si ricorda tutte le proteste per fare togliere crocefissi,presepi e alberi di natale.?

Anna L. Maramotti Politi

28 febbraio 2025 20:04

Purtroppo la pedagogia che si ritiene valida per affrontare i problemi educativi dei nostri ragazzi, non può essere applicata rispetto a chi proviene da altre culture. Molti slogan bonisti sono estremamente pericolosi. Non a caso stanno di continuo fallendo. Persone come la prof. Guaita che attraverso studi approfonditi ha maturato riflessioni va ascotata onde evitare di trovarci in un vicolo cieco.

Manuel

28 febbraio 2025 21:22

La definizione “suprematismo islamico” mi aggrada, anzi mi entusiasma!
Da molti anni penso ad un parallelismo tra mondo islamico (almeno il più invasato e radicale) ed alcune destre che sbavano rabbia alle varie latitudini e la gergalita’ scientifica della professoressa, me lo conferma, almeno come tema di ricerca e discussione.
Ci sono poi le osservazioni di Mik, che non vanno prese come gli sproloqui di un folle anzi, pur nella estrema sintesi, invitano saggiamente alla riflessione.
La replica di Marco non è, però, da scartare: è pur’essa indice di persona che non si accontenta di cliché formali, che vorrebbe evitare le fette di salame sugli occhi.
Detto ciò, mi piace sottolineare come la professoressa abbia affiancato il fallimento del multiculturalismo al rapporto tra Islam e Occidente. Che il multiculturalismo sia faticoso, sembra abbastanza intuibile, ma la precisa intersezione tra i due fenomeni fa dubitare come tra cultura occidentale e induismo, buddismo, ateismo, sikhismo, etc., la convivenza, sopportazione siano possibili (magari pure per gli islamici è così).
Se così fosse, il multiculturalismo non sarebbe un fallimento, sarebbe un parziale fallimento.
Sentiamo ulteriori stimoli della professoressa (o dai suoi colleghi) a riguardo, sperando che ci confermi la minor difficoltà ad interagire con altre culture, poiché già molta gente soccombe per guerre (calde e fredde) economico-commerciali, se poi aggiungiamo quelle di religione, stiamo freschi.
Ripeto quanto già esposto in altre occasioni: belle iniziative i raduni di religiosi di tutte le confessioni, ma sarebbero auspicabili incontri, congressi di studiosi, scienziati, intellettuali dai più disparati angoli della terra, allo scopo di trattare non discipline specifiche o settoriali, ma la capacità della varie comunità umane di convivere, poiché da secoli gli uomini di scienza e cultura sanno incontrarsi e rapportarsi con facilità.

Michele Signorello

1 marzo 2025 19:43

Assolutamente d'accordo! Bellissimo articolo. Grazie