La piazza dei tre poteri e il bisogno di far rivivere la città per sottolineare l'appartenenza
Mark Frutkin è uno scrittore canadese che ha vinto, con le sue opere, di tutto e di più. La sua carriera ha avuto una svolta quando ha incontrato Cremona o meglio, quando da via Sicardo è arrivato per la prima volta in piazza del Duomo.
Siamo nei primi anni '90 e Mark sta girando l'Europa per scrivere un libro dedicato a quelle 100 piazze che, dal suo punto di vista, meglio rappresentavano la bellezza e il percorso culturale di una comunità. Cremona finì tra i primi posti di quell'opera la quale fece da anfitrione al suo romanzo “Fabrizio's return” ambientato in buona parte nella Cremona del 1600.
Con “Fabrizio's return” Frutkin vinse una enorme quantità di premi letterari divenendo uno degli autori canadesi più famosi al mondo. Decise di ringraziare Cremona facendo erigere un piccolo monumento dedicato alla città del Torrazzo su una delle strade più importanti di Ottawa.
Anni fa mi aveva raccontato di come, affacciandosi sulla piazza rimase colpito, oltre che dalla architettura, da ciò che rappresentava; il Duomo con il suo valore religioso, Palazzo Comunale come epicentro politico e il palazzo della Banca Popolare di Cremona come luogo destinato alla economia e agli affari. Tutte e tre le realtà si affacciavano sulla stessa piazza e, come una bilancia a tre piatti, quando erano in equilibrio la città stessa, e i suoi abitanti, vivevano in equilibrio. L'equilibrio è un valore che trasmette consapevolezza e senso di appartenenza ad una comunità, è dialogo e confronto anche con idee diverse, è il modo di vivere quella stessa comunità giorno per giorno rivolgendosi però alle generazioni future.
Impeccabile come ragionamento, vivere una piazza o un percorso per ciò che può offrire agli occhi è solo uno dei passaggi che potremmo fare, vivere il senso di appartenenza è qualcosa di più profondo e strutturale.
Nei giorni pre elettorali, leggendo notizie un po' in giro, mi ritrovo davanti il sipario della tristezza comunicativa, una tristezza che non è paragonabile al cosiddetto “Sunday blues” che colpisce i lavoratori la domenica pomeriggio verso le cinque quando ci si rende conto che il classico weekend di riposo – ovviamente per molti ma non per tutti – sta per finire e si dovrà tornare al lavoro, ma è una tristezza fatta a suon di immagini dove si esaltano le piazze piene per i comizi. Tra selfie e auto proclamazioni social da “tutto esaurito” viene da pensare a come quel concetto di piazza, spesso, sia lo strumento per esaltare una o più persone per un paio di ore, un qualcosa di passeggero come una cotta adolescenziale. Giusto così, le piazze sono nate per ricevere far incontrare la cittadinanza e organizzare eventi, ma tutto questo non può valere soltanto per qualche ora ogni cinque anni. Ad essere cinici verrebbe da dire che un buon fotografo e una buona posizione sanno trasformare il ranocchio in un Principe anche senza il famoso bacio, per cui la folla oceanica da concerto dei Pink Floyd o degli Stones diventa, in realtà, qualcosa di molto più ridotto e riduttivo in termini di partecipazione. Giusto così anche questo, sono i followers che contano, non il messaggio che si vuole trasmettere, la piazza nasce come megafono, dovrebbe attrarre, raccontare e poi lasciare le considerazioni personali al singolo, in realtà oggi sembra solo un momento di passaggio tra un paio di frasi da social network. Che una piazza centrale, luogo storico raccontato e studiato da secoli, diventi il fulcro della vita cittadina è una cosa normalissima, la bilancia con tre piatti parte proprio da lì ma si allarga a tutta la città; forse è meno logico che il resto delle piazze venga parcheggiato in una sorta di ripostiglio pre elettorale, una sorta di vestito della domenica buono soltanto per fare due selfie sperando in una giornata di sole e con l'occhio attento solo alle urne. Il recupero del senso di appartenenza e di comunità parte proprio dalla rinascita di quei luoghi destinati alla socializzazione e agli eventi, zone che hanno forma e strutture differenti ma che rappresentano il passaggio per il riscatto sociale e la riduzione del degrado cittadino.
Far vivere determinati spazi raccogliendo persone o idee è un processo lungo, basato sulla fiducia e sul valore dei messaggi proposti, ma è un processo che guarda al futuro, che guarda ogni piccola parte della città come una tessera di un puzzle. Ogni tessera è importante, se una va persa l'intero puzzle non ha più valore. Il riscoprire una piazza è un concetto che si sposa benissimo con i programmi elettorali, è un concetto che, purtroppo, si scontra con il fatto di rimanere soltanto nei programmi elettorali, come tanti altri punti. Cremona dispone di molte aree con varie caratteristiche più o meno piacevoli, ogni tanto si può incrociare qualche evento, di solito nato come ammirevole idea per rilanciare un luogo grazie all'impegno di privati cittadini o di commercianti locali; sono scelte che richiedono sforzi notevoli non sempre condivisi, ma togliere questi siti più o meno storici ai soli selfie pre elettorali è, verosimilmente, il modo migliore per recuperare e valorizzare una intera area.
Investire tempo e denaro in un valore così importante come il senso di appartenenza non fa miracoli - ma quelli non li fa nessuno soprattutto dopo le elezioni - ma apre la città ad un percorso che sembra essersi smarrito da tempo, quello di un luogo dove vivere un senso di comunità che cerchi di richiamare a sé nuove idee e il confronto tra i cittadini.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti