Manteniamo viva la memoria e l'arte del cotto cremonese: un impegno di Italia Nostra
Non credo che la ripresa del giudizio espresso nel libro del 1925, "National Terra Cotta Society": cari architetti se volete abbellire gli edifici degli States ispiratevi al cotto di Cremona abbia bisogno di commenti; attesta una realtà che identifica e qualifica la nostra Città.
Se nel 1925 si sollecitava a riconoscere la pregevolezza del cotto e conseguentemente il ruolo di Cremona nella realizzazione dei manufatti “rossi”, oggi il testo è ancora attuale in quanto obbliga la Città a ripercorrere la propria storia architettonica ed urbanistica.
Obbliga a recuperarne la memoria con una “conservazione attiva”, che sa far un uso colto ed intelligente del passato. Nelle proprie radici si riconosce l’unico possibile approccio al futuro. Si tratta di una conservazione che ha come obiettivo la sostenibilità. Gioco forza citare lo Statuto di Italia Nostra che risale al 1955 e che è ripreso, quasi testualmente, nelle sue finalità culturali nel Codice del Beni Culturali del 2004 (Decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n° 42) in attuazione dell’art.9 della Costituzione. Non si dimentichi che Italia Nostra nasce sulla scorta di una attenta lettura e di una puntuale riflessione del testo dei Padri Costituenti.
Ebbene, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico per Cremona s’identifica principalmente con la tutale del cotto. Ogni luogo, ogni ambiente ha nella propria storia il fondamento che ne individua i caratteri che ad esso strutturalmente appartengono. La “rossa Cremona” ha saputo far buon uso di quanto il Po e i corsi d’acqua ci hanno sempre offerto: l’argilla. Ha saputo darle ulteriore forma e di essa farne materiale da costruzione.
Due temi s’intrecciamo.
Il primo è storico.
La declinazione storica ed estetica ha percorso tutti i momenti caratterizzanti l’architettura e ha saputo rispondere alle esigenze artistiche di tutti i periodi. Così, nel tempo, nei secoli il cotto assume forme diverse.
Se la storia, se il passato, è condizione in cui il presente si affaccia per dar “segno” di sé e per avvicinarsi al futuro, non va dimenticato che c’è un ulteriore aspetto che non può essere accantonato. L’amnesia è patologia che investe il singolo, ma anche la comunità. Se non vogliamo essere degli “zombi”, cioè dei morti viventi, dobbiamo essere ben radicati nel nostro humus culturale.
Il secondo è culturale.
È doveroso fugare un pregiudizio. La materia possiede una “propria forma” che la identifica, la materia non è informe. Così, ad esempio, accade che la poetica del Medioevo sappia far buon uso dell’argilla, non certo diversamente di quanto sappiano farlo le poetiche successive. Le poetiche cambiano rispetto ai diversi momenti ed il materiale ad esse si adegua, ma lascia comunque un segno profondo in ciascuna opera.
Neppure va dimenticato che con l’argilla non si realizzano solo opere edili, ma con essa anche si sono prodotte e si producono opere mirabili di scultura.
Da qui un’osservazione: quanto ci ha offerto e ci offre l’ambiente è matrice, è archetipo, cui non possiamo sottrarci. L’archetipo non è un modello astratto, ma è condizione originaria della nostra esperienza. L’archetipo è concreta e vissuta conoscenza della nostra appartenenza ad un luogo. La “cremonesità” non può prescindere dall’originario nostro essere un esistente, ancor meglio, un “da-sein” (esser-ci, presenza/ esistenza). Il “da”, lo si voglia o no, è un locativo (qui, qua, ivi) che indica uno “stare originario” da cui nasce la comunità, l’appartenenza. Legittime tutte le altre interpretazioni, ma non si dimentichi l’etimo della parola. La presenza è di per sé una relazione, che coinvolge originariamente la materia (l’argilla) e l’artefice cremonese che ne di questa ne fa un materiale da costruzione (il cotto).
Per questi due motivi: storia di Cremona, che s’identifica con il cotto, e il suo essere archtetipo, che conferisce a Cremona l’imprinting, la sezione di Cremona di Italia Nostra quest’anno dedica la sua attività a mantener viva la memoria del cotto: la nostra identità storico-culturale che nell’architettura si manifesta come condizione esistenziale cui non ci si può sottrarre perché rivela il nostro habitat.
Presidente pro tempore della Sezione di Cremona di Italia Nostra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti