19 giugno 2022

Piacerebbe davvero un Dio “aggiustatutto”?

“Rifiuto un Dio che non ferma la mano dell’assassino, che resta in silenzio di fronte al grido disperato di milioni di uomini e donne che muoiono di fame. Rifiuto un Dio che rimane inerte dinanzi al dolore dei bambini, allo strazio delle madri che piangono i loro figli giovanissimi morti in guerra per difendere gli interessi di pochi. Rifiuto un Dio che permette che uomini e donne buoni e onesti soffrano così tanto prima di esalare l’ultimo respiro. Non gli chiedo conto della morte, questo no, gli chiedo conto del dolore inutile. No, di un Dio così indifferente al nostro vissuto non so che farmene!”.

Proprio in questi giorni, mentre riassettavo un cassetto pieno di foto, lettere e vecchi ricordi, è spuntata una missiva di molti anni fa, scritta da una persona che desiderava comunicarmi la propria energica ribellione verso quel Dio che era rimasto insensibile dinnanzi alle sofferenze della propria madre morente. Il calvario del genitore, quel dolore così intenso da far mordere perfino le lenzuola del letto e maledire il giorno della propria nascita, aveva sconvolto la figlia. Ella non poteva accettare un Dio così lontano dal suo strazio, così sordo dinanzi alle sue legittime richieste.

Capita spesso di incontrare persone che coltivano questa strana concezione di Dio: l’idea, cioè, che tutte le storture, gli errori, le disarmonie che si riscontra nel Creato debbano essere sanate dalla mano onnipotente del Padre celeste. L’uomo fa le guerre per la sua smania di potere? Dio dovrebbe costringerlo alla pace! L’uomo affama il fratello non condividendo le proprie risorse? Dio dovrebbe garantire a tutti il giusto nutrimento! L’uomo uccide l’innocente? Dio dovrebbe fermare la mano dell’assassino punendolo inesorabilmente. Farebbe comodo un Dio così, al pari di quelle mamme che si prodigano a sistemare o aggiustare le cose dopo che il proprio vivace bambino è passato nel salotto come un tornado sulla campagna.

Piacerebbe a tutti un Dio così: l’aggiustatutto! Un Padre che si sostituisce all’uomo e si carica delle responsabilità della sua creatura, riportando ordine, giustizia, equilibrio!

Quanti auspicano un Dio del genere, però, dovrebbero anche accettare la sua continua e ingombrante presenza e, soprattutto, i suoi rimproveri, i suoi castighi, i suoi interventi, che, ovviamente, rischiano di limitare la libertà dell’uomo, il suo raggio di azione. Più Dio si intromette nella storia e più l’uomo percepisce la propria limitatezza, direi quasi la propria inutilità.

Una delle prove che Dio ama ed ha così grande stima della sua creatura è proprio questa sua profonda discrezione, che non è affatto disinteresse di fronte al male del mondo, ma è rispetto per l’uomo, per le sue potenzialità, per la sua capacità di poter trasformare, nuovamente, questo mondo in quel paradiso terrestre pensato dal Signore all’inizio di tutto.

Nel Vangelo di questa domenica, nella quale celebriamo la grande solennità del Corpus Domini, Gesù spinge affinché i suoi apostoli si prendano a carico dei bisogni di quella folla che imperterrito lo segue: sta calando la sera, il posto è deserto, occorre pensare alla cena per così tante persone. I discepoli, che sono ancora lontani dal modo di ragionare, dallo stile, di Gesù, precedono il Maestro e con tanto “buon senso” lo invitano a congedare la gente, un modo velato ma chiaro per dire: “si arrangino! Non è affare nostro, ciascuno pensi al proprio ventre!”.

Gesù senza rimproverarli li provoca: “Date loro voi stessi da mangiare!”. Se essi vogliono seguire Cristo devono superare il “buon senso”, con il quale spesso si maschera la propria pigrizia, la propria meschinità, il proprio disinteresse di fronte alle necessità del prossimo. E anche se hanno solo cinque pani e due pesci, non importa! Che siano condivisi! Che l’uomo si metta in gioco con quel poco che ha. Non sarà sufficiente per risolvere il problema? Dio si occuperà del resto, però il discepolo si lasci coinvolgere da questa dinamica di condivisione e di comunione! Non è forse un atto di fede fare il proprio dovere lasciando poi al Signore il compito di tirare le fila?

La cosa che mi ha sempre colpito nell’esperienza cristiana è che, di norma, Dio agisce sempre attraverso l’uomo per cui se l’uomo non dice di sì (vedi l’Annunciazione) Egli deve trovare altre strade per raggiungere il proprio obiettivo! Anche nel caso della moltiplicazione dei pani e dei pesci: se i discepoli non avessero comunque tirato fuori dalla propria sacca quel poco cibo che avevano, Cristo non avrebbe potuto moltiplicare nulla! Anche Dio, infatti, sottosta’ alle regole della matematica: zero per un qualsiasi numero da sempre zero! Il Signore, cioè, non può moltiplicare dal nulla, ma può moltiplicare quel poco che siamo disposti a donargli. Sarà poco? Sarà insufficiente? Non importa! Lui saprà far crescere!

Se i grandi santi della carità - San Giovanni Bosco, Federico Ozanam, Madre Teresa di Calcutta – avessero ragionato come i discepoli di Gesù, oggi, probabilmente, non avremmo quelle grandi “multinazionali della carità” che sono i salesiani, le Conferenze di San Vincenzo e le Suore della Carità. Se si fossero spaventati per la disparità tra le loro forze e i bisogni del mondo, avrebbero solo coltivato il proprio orticello infischiandosene degli altri. La loro fede, invece, li ha spinti a dare quel poco che avevano, consapevoli che il Signore avrebbe fatto il resto, in maniera discreta, ma efficace!

È bello che Dio conti su di noi e che spinga l’uomo ad essere il vero artefice del bene. Lui ci dà tutti gli strumenti per adempiere questo compito e il primo è senza dubbio l’Eucaristia, la sua presenza d’amore nella storia! L’Eucaristia è modo più bello per dirci che lui è sempre coinvolto con noi, con la nostra umanità ferita e bisognosa di senso. E chi mangia dell’Eucaristia non può, a proprio volta, non sentirsi coinvolto in questo dinamismo di carità! 

Claudio Rasoli


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