"L'alveo del Po è sceso di 3 metri in 40 anni ed è scomparsa la zona umida attorno al fiume". La denuncia di Filippo Aiolfi Blyberg nato sull'acqua
Per conoscere il Grande fiume bisogna essere nati sulle sue rive, bisogna viverlo ogni giorno, sugli argini, nelle golene, sugli spiaggioni, nei pioppeti. Non ci sono studi accademici che tengano, per conoscere il Po non c’è altro modo che viverlo, crescere con lui ogni giorno, trarne insegnamenti e lezioni. Bisogna ascoltare gli uomini del Po per sapere come comportarsi, come gestisco, come organizzarsi nei diversi momenti, tanto nelle piene quanto nei periodi di magra: come quello che si sta vivendo.
Uno che il fiume, su entrambe le rive, lo conosce più della sua stessa casa è Filippo Aiolfi, in arte Blyberg. Verrebbe da scrivere che è nato in riva al Po, ma è più corretto dire, e scrivere, che è nato direttamente tra le sue acque. Alcuni anni fa ha dato alle stampe “Il Po e la sua gente, Burle sull’acqua che sburla” (Battei editore), un libro che non può e non deve mancare nelle librerie della gente del fiume. Un libro che permette di conoscere il maggiore dei corsi d’acqua italiani in una chiave originale, ironica, gustosa e speciale; scritto da uno che del Po conosce davvero tutto.
Blyberg, da anni vive sui colli della Val d’Arda, dove si è trasferito per amore, dove ha costruito il suo nido familiare. A Zibello, tra la chiesetta di San Luigi e la vecchia lanca di Barnòn è rimasto, ad aspettarlo, la sua barca in legno. Lui spesso va a trovarla, perché i grandi amori non si scordano mai e non perde occasione per far conoscere il fiume ai giovani che, con lui, scendono dai monti.
Blyberg è un amico, uno di quelli veri; uno di quelli su cui, grazie all’incontro speciale e salvifico con Cristo, puoi sempre contare. Uno di quelli che non ti voltano mai le spalle (e sono rari), che ti portano direttamente sul Po per conoscerlo e comprenderne segreti e caratteristiche e che ti insegnano, per esempio, in caso di piena, a guardare dove si fermano le lumache, durante la loro salita lungo i tronchi per capire dove arriveranno le acque del fiume.
Quando Blyberg parla del fiume bisogna togliersi il cappello e restare in silenzio, consapevoli del fatto che la lezione che ti darà sarà preziosa, e bella, condita con quel filo di geniale ironia che da sempre lo contraddistingue.
Da ormai molti giorni, un po’ ovunque, si scrive della magra del fiume. Ha deciso di farlo anche lui, per fornire a tutti una chiave di lettura diversa della situazione in corso e per proporre alternative.
Ecco, di seguito, integralmente, il suo intervento.
“Io non sono un cosiddetto esperto del fiume, mi è solamente capitato l’imprevisto di avere un padre che riteneva non si potesse avere una vita dignitosa a più di 50 metri di distanza dall’argine maestro e per questo ha avuto la brillante idea di mettermi al mondo in una via che si chiama Al Porto e non si è più spostato da lì. Non era certamente un uomo apprensivo mio padre e, per dimostrarlo, mi trascinava sulla barca quando ancora imparavo le tabelline, in qualsiasi condizione meteorologica, anche di notte e per evitare di perdermi nel fiume mi assicurava con un cordino allo scalmo del remo. Non era ancora attivo a quei tempi il Telefono azzurro e così ho avuto la possibilità di maturare una stramaledetta passione per il fiume che non mi ha ancora abbandonato. Abbia perciò la cortesia di prendere queste mie poche righe come fossero semplici osservazioni di un uomo qualunque e di non tenerne conto alcuno. Leggo su vari giornali la preoccupazione per il livello del fiume Po che è a quote record per l’esiguità della sua portata. Drammatiche sono altresì le misurazioni delle varie stazioni idrometriche poste soprattutto sui ponti storici. Che sia un periodo di siccità è evidente a tutti, ma occorre fare una precisazione. Quando ero ragazzo, all’inizio degli anni ’70, risalivo in barca le sponde sassose del Po spingendomi con un remo e, soprattutto nei periodi estivi, occorreva fare attenzione ai pali infissi durante la costrizione di queste rive che affioravano sul pelo dell’acqua. Ora questi pali sono almeno tre metri sopra il livello dell’acqua per il semplice motivo che in questi ultimi quarant’anni il fiume ha gradualmente sfondato il suo alveo sprofondando di circa 60/70 centimetri ogni decade. Così anche le falde acquifere si sono abbassate ed è scomparsa la zona umida che coronava l’alveo del fiume. Le cause di questo drammatico declino sono ben note ed essenzialmente dovute al restringimento artificiale del fiume che ne ha inevitabilmente raddoppiato la velocità. Ora, se l’alveo negli ultimi quarant’anni si è abbassato di tre metri si capisce perché le misurazioni fatte su antichi manufatti siano così catastrofiche. Ci terrei a sottolineare che se il trend di sfondamento dell’alveo del fiume dovesse mantenere questo ritmo, tra cento anni ci sarà un canyon e non più una riva a bordo del fiume. Ma io sono un inguaribile ottimista e amo pascermi di ricordi e di realtà e riesco ancora a stupirmi di questa originale bellezza e godere come un riccio per ogni ora che sto in compagnia di questa grande, misteriosa frontiera blu, al di là dei numeri e delle casistiche. Perché questa è stata la più grande lezione che mi ha lasciato mio padre”.
Quel padre, aggiungo io, si chiamava Ennio, uno che ha trascorso forse più ore in barca che in casa e, per stile e per amore verso il fiume, è stato un “padre” per tutti noi che sul Po ci siamo nati e, tuttora, i suoi insegnamenti vivono tra la corrente e tra le peculiarità del Po. Al suo fianco, Ennio, aveva una donna, moglie e madre straordinaria, che si chiamava Anna: una persona che per la sua gente, e la sua famiglia, si è sempre fatta in quattro.
Gli uomini del Po restano tali anche quando, per amore o per lavoro, vanno lontano. Filippo, Blyberg, è uno di questi. Se è vero che ha scritto di “non tenere conto” delle sue osservazioni, è altrettanto vero che, quando ci si mette a discutere di gestione e di futuro del Po, lui dovrebbe essere un invitato permanente, ovunque: anche a Cremona. Per il fiume, e il suo sviluppo, le sue lezioni, le sue “osservazioni” e i suoi consigli, devono essere un punto di riferimento ed un elemento cardine. Con quel finale che si deve a chi ti dà le lezioni migliori: semplicemente, Grazie.
Eremita del Po
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commenti
Daniro
18 febbraio 2022 15:51
È risaputo che negli ultimi 50 anni la quota dell'alveo fluviale si è abbassata di circa 5 metri conseguentemente al prelievo di milioni di metri cubi di materiali litoidi senza controllo alcuno. Poi, coerentemente, le opere di canalizzazione in funzione della navigabilità hanno aumentato la velocità della corrente favorendo il trasporto dei materiali. Anche lo sbarramento di Isola Serafini ha avuto un ruolo. Poi l'agricoltura intensiva ha spianato lanche, morte, zone umide e boschi ripariali, il tutto nel disinteresse generale. E il cosiddetto mitico Grande Fiume è ridotto, soprattutto in regime di magra, a un fiumiciattolo con sponde cementificate e coltivazioni agricole che arrivano direttamente sulla sponda. È triste che l'opinione pubblica si interessi al Po solo in queste occasioni o quando arriva la piena, piena tra l'altro che viaggia sempre più velocemente essendosi ridotte notevolmente le aree golenali, acque poi che potrebbero essere preziosissime se non fossero rilasciate altrettanto velocemente in quanto, appunto, sono sparite le lanche, le morte e i boschi. Dopo decenni di rapina a danno del "sistema Po" è ora che si inverta la tendenza ben sapendo che ci vorranno decenni e scelte politiche radicali.