"Dopo Berlinguer: riflessioni su pace, sinistra, Europa". Nell'incontro relazioni di Berneri, Corada, Zelioli e Pezzoni
Interessanti relazioni all'incontro "Dopo Berlinguer: riflessioni su pace, sinistra, Europa". Nel centenario della nascita, più che ricordare la grandezza della figura di Enrico Berlinguer, il tentativo è stato quello di individuare la novità e radicalità di alcune sue idee tuttora valide per le sfide attuali, pur in un contesto profondamente mutato. Gianfranco Berneri si è concentrato sul Berlinguer alla guida del PCI negli anni che vanno dal 1969 al 1984, anno della morte, evidenziando le due fasi che caratterizzano questo periodo: quella del compromesso storico fino al 1977 e poi, dopo l'uccisione di Moro, quella dell'alternativa democratica e della difficile ricerca di una "terza via". Sul modello di partito Berlinguer sviluppa quello già impostato da Togliatti: partito nuovo, di massa, su base gramsciana e non leninista. Le novità di quel periodo vengono soprattutto dai cambiamenti che intervengono nella società italiana alla quale Berlinguer guarda con grande attenzione e maggiore apertura e fiducia rispetto al passato. Novità di grande interesse a cavallo degli anni '70 l'enorme spinta alle riforme e ad una maggiore giustizia sociale che viene dalle lotte operaie al culmine del processo di industrializzazione del Paese; l' attenzione al movimento studentesco e il dialogo con gli intellettuali che culmina al Convegno nazionale del 1977 al Teatro Eliseo di Roma e l'appello all'impegno civile per il rinnovamento della società e della politica. Altra grande novità: quella della proposta dell'austerità da intendersi come nuovo modello di sviluppo per sradicare disuguaglianze e superare un capitalismo di sfruttamento e rapina sia in Italia che nel rapporto internazionale tra Nord e Sud del Mondo.
Per Gianfranco Berneri gli anni ’80 sono gli anni della rivincita del capitalismo, gli anni della ristrutturazione industriale, del neoliberismo. Berlinguer ai cancelli della Fiat nel settembre 1980 è la testimonianza che solo il PCI conta sulla classe operaia come “classe generale” ma questa fatica ormai ad aggregare un blocco sociale più ampio. La marcia dei 40.000 quadri Fiat, stanchi dei 35 giorni di sciopero, consente di chiudere la vertenza con la messa in Cassa integrazione di 22.884 lavoratori. Per Gianfranco Berneri c'è poi un equivoco da sfatare: quello dell'intervista di Berlinguer a Pansa alla vigilia del voto politico del 1976 sulla maggiore sicurezza dovuta all'ombrello della Nato. L' intervista andrebbe letta tutta e si vedrebbe che Berlinguer motiva la permanenza della Nato, pur in caso di vittoria elettorale del PCI, come scelta utile a non alterare gli equilibri internazionali, favorire il processo di distensione dei due blocchi, consapevole che sia Mosca che Washington non gradiscono, nessuna delle due superpotenze e per motivi opposti, il PCI al governo in Italia.
Giancarlo Corada ha ricordato il giovane Berlinguer alle prese con le proteste del pane in una Sardegna appena liberata dal fascismo in una esperienza dove la rivolta che lo coinvolge personalmente non coincide con alcun processo rivoluzionario. Una esperienza che segnerà la sensibilità sociale di Berlinguer orientandolo a guardare in profondità alle psicologie delle proteste più radicali e agli errori di moti popolari causati spesso dall'assenza di sbocchi e prospettive politiche di cambiamento. Giancarlo Corada si è concentrato poi sulla importanza delle alleanze, e per Berlinguer, dopo il golpe in Cile, in un'Italia caratterizzata da stragi e strategie eversive, sull'importanza di condividere un'alleanza di governo con i cattolici attraverso la formulazione del "compromesso storico". Incontro che non escludeva per nulla i socialisti del PSI ma che si rivolgeva alla DC in quanto garante della collocazione e delle alleanze occidentali dell'Italia. Fondamentale per Berlinguer l'intesa con Aldo Moro. L'uccisione di Moro da parte delle Brigate Rosse cambia la storia d'Italia e di fatto mette fine alla prospettiva del compromesso storico. Se il tema delle alleanze e di coalizioni politiche adeguate è una esigenza irrinunciabile anche oggi, l'indicazione ancora più urgente e indispensabile per una democrazia in crisi è farsi carico seriamente della "questione morale" proprio come l'ha intesa Berlinguer 10 anni prima di Mani Pulite, cioè come riforma della politica! Non solo non rubare per sé o per il partito, non solo non corrompere od essere corrotti con tangenti o favori, ma non occupare le Istituzioni, le Banche, i Giornali con una rete di potere e di clientele che falsifica la stessa vita democratica e traforma i cittadini in clienti. È da Eugenio Curiel, un intellettuale di grande spessore che Corada considera secondo solo a Gramsci, e dalla Costituzione che Berlinguer interpreta la democrazia come democrazia progressiva che sviluppa tutte le sue potenzialità proprio in forza della partecipazione popolare, della legalità, della moralità politica pubblica per diventare così sostegno e motore di socialismo. Su questa base teorica e valoriale matura lo "strappo" con l'Unione Sovietica e con Mosca dove Berlinguer nel 1977, in occasione del 60° anniversario della Rivoluzione di Ottobre, sostiene la democrazia come valore universale irrinunciabile.
Per Rossella Zelioli gli eredi di Berlinguer non hanno saputo essere all'altezza delle sfide di un mondo in veloce cambiamento, hanno preferito adagiarsi nella gestione del potere senza più avere l'ambizione di cambiare la qualità del potere. Eppure Berlinguer aveva ben presente che la partita della trasformazione della società in senso socialista si poteva giocare solo dentro una nuova Europa, dentro il processo politico di integrazione europea e dentro un'Europa autonoma rispetto agli Stati Uniti, alleata sì, ma autonoma. Ecco perché ancora oggi bisognerebbe tenere ben distinto atlantismo, cioè fedeltà ad una alleanza politico-militare come la Nato, ed europeismo nel quale dovremmo esaltare la sovranità dei popoli europei e il livello delle nostre conquiste civili e sociali dovute non solo al movimento operaio, ma al movimento delle donne e, più recentemente, a quello ecologista. Anche sul tema della pace, secondo Rossella Zelioli, le forze progressiste di oggi dovrebbero fare molto, molto di più. Come nel caso dell'Ucraina non è possibile che l'unica risposta che si da è quella del riarmo, è quella della militarizzazione della sicurezza, è quella dell'allargamento della Nato. Ragionare solo dentro la logica di blocco porta solo al riarmo, ad aumentare le possibilità di conflitto, ad aumentare la disunità del mondo. La sfida dei cambiamenti climatici ci imporrebbe oggi di ripensare ai nostri stili di vita, ad un nuovo modello di sviluppo, a cambiare il rapporto tra Nord e Sud del mondo, a vedere il dramma delle migrazioni in termini umani e solidali. Ma tutto questo è possibile, secondo Rossella Zelioli, se la politica è in grado di guidare il cambiamento, di orientare il mercato, di tenere insieme realismo e utopia, riforme e visione di lungo periodo.
A conclusione dell'incontro Marco Pezzoni ha sostenuto che c'è sinistra là dove c'è volontà e progetto di trasformazione della società, là dove c'è la ricerca di equilibri politici più avanzati, là dove si riducono disuguaglianze e privilegi, là dove si forza per cambiare modello di sviluppo. Per Berlinguer decisiva era la dimensione internazionale della politica, per questo ha tentato la carta dell'eurocomunismo con i comunisti spagnoli e francesi, per questo ha sposato la causa non solo europeista ma federalista. Altiero Spinelli, autore del Manifesto di Ventotene, nel 1976 si candida al Parlamento italiano come indipendente nelle liste del PCI. E si candida nel 1979 al Parlamento Europeo sempre nelle liste del PCI tanto era convinto dell bontà delle posizioni di Enrico Berlinguer. Posizioni di critica alla Nato quando dal 1979 al 1983 ad alcuni governi europei e al governo italiano viene chiesto di installare missili nucleari Pershing-2 e Cruise in risposta agli SS-20 sovietici. Mentre il Governo italiano accetta, prima con Cossiga e poi con Craxi, Il PCI sposa le mobilitazioni pacifiste di Comiso dove Pio LaTorre denuncia le collusioni mafiose nella costruzione delle basi militari. E anche per questo verrà ucciso dalla mafia. Sugli euromissili la posizione di Berlinguer e il PCI è di grande intelligenza: critica sì la Nato e la critica pesantemente, dialoga e interagisce con il movimento pacifista che chiede il disarmo unilaterale da parte dell’Italia e della Nato ma lo affianca con una proposta politicamente più efficace: il disarmo nucleare bilanciato sia da parte occidentale che da parte sovietica, l’azzeramento degli euromissili sia degli SS-20 che dei Cruise e dei Pershing-2. Ed è questo che avverrà 4 anni dopo con l’accordo INF sulla riduzione dei missili a medio raggio in Europa tra Reagan e Gorbaciov, accordo che porta alla distruzione complessiva di 2700 testate nucleari . Un accordo dovuto sia alla “Doppia Decisione” di alcuni Governi europei che non hanno mai smesso di proseguire anche il negoziato con Mosca, sia dai movimenti pacifisti e dai partiti più interessati alla distensione e cooperazione internazionale. Un insegnamento valido ancora oggi ma già disatteso nel 2017 da Trump e Putin che hanno rotto l’accordo INF sulla testa degli europei e nella passività dei governi dell’Unione Europea.
Redazione “ Forum delle idee” di Cremona
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