"Il suono perfetto" nell'ora del Maestro, l'Intonations Ensemble incanta il Festival Stradivari
La figura, l’opera e il ricordo di Antonio Stradivari non si possono mai disgiungere dal concetto teorico e pratico di ‘suono perfetto’. Fu il punto cardine della sua ‘filosofia’ nella costruzione degli archi. Il mantra che lo ha guidato, ispirato e magnetizzato dalla sua presenza giovanile nella bottega degli Amati fino alla costruzione agli ultimi capolavori. Nel giorno dell’anniversario della sua morte non poteva esserci scelta migliore se non quella di celebrare questo potente ‘motore immobile’ che ne ha plasmato l’arte e la vita.
Lo Stradivari Festival, guidato con raffinatezza da Roberto Codazzi, lo ha fatto magnificamente. Ha chiamato, in quel tempio del suono che è l’Auditorium Giovanni Arvedi del Museo del Violino, l’Intonations Ensemble. Gruppo composto da: Albena Danailova, violino; Mohamed Hiber, violino; Adrien La Marca, viola; Ivan Karizna, violoncello; Pablo Barragán, clarinetto e Elena Bashkirova, pianoforte.
Tutti solisti di grande caratura internazionale. A partire da Albena Danailova, violino di spalla dei Wiener Philharmonike. Tutti incredibilmente orientati alla ricerca dell’assoluta bellezza del suono. Per di più attraverso gli strumenti della grande liuteria. Danailova ha suonato con il violino ex Hämmerle 1709, di Antonio Stradivari; Mohamed Hiber con il violino ex Lidka, 1780, di Giovanni Battista Guadagnini; Adrien La Marca con la viola Nicola Bergonzi 1780, Ivan Karizna , con il violoncello ex Paul Tortelier Tassini 1760.
Quel mantra stradivariano della ‘perfezione sonora’ li ha guidati nella scalata di un programma monumentale. E non c’è alcun dubbio che l’obiettivo sia stato raggiunto partendo da due vette del repertorio cameristico: il Quartetto per pianoforte e archi in sol minore K 478 di Wolfgang Amadeus Mozart e l’incredibile Trio per pianoforte n.1 in re minore op. 49 di Felix Mendelssohn Bartholdy. Composizioni di spessore sinfonico, dove l’omogeneità e la purezza del suono del trio d’archi entra in perfetta dialettica tematica ed espressiva con il pianoforte. Proprio su questi due binari l’ensemble ha lavorato: trasfigurando i due pezzi. Ha cesellato, con arte, quei due capolavori che sono i movimenti ‘veloci’ del Trio di Mendelssohn (Molto allegro e agitato e Finale. Allegro assai appassionato). Nonché il travolgente Rondò mozartiano. Hanno dipinto meravigliose linee melodiche nello struggente Andante con moto tranquillo mendelssohniano. Bilanciamento incredibile delle sonorità dei tre archi nel Terzetto in do maggiore op. 74 per due violini e viola di Antonin Dvořák .
Nel Duo n.1 H.157 per violino e violoncello di Bohuslav Martinů ha brillato la stella del violoncello di Ivan Karizna. Assolutamente magistrale nei lunghi tratti solistici della composizione. Interpretazione intensa la sua; suono incredibilmente caldo e coinvolgente, in ogni passaggio. Anche in quello a più alto grado virtuosistico.
Autorevolissima nella gestione dei brani la pianista Elena Bashkirova; moglie del grande direttore d’orchestra Daniel Baremboin. Musicalità fuori dal comune, la sua. Impeccabile nel gestire gli archi e il clarinetto di Pablo Barragán, nei sagaci virtuosismi de i Contrasti, trio per clarinetto, violino e pianoforte di Béla Bartok.
Applausi.
Fotoservizio di Francesco Sessa Ventura
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