19 gennaio 2025

«Se le carceri sono come sono è perché a noi non importa». Da Mazzolari all’Italia di oggi: una riflessione sulla giustizia con Gherardo Colombo e Omar Pedrini

“Mantenere la speranza, fiore della redenzione”. Con queste parole di don Primo Mazzolari, si è aperto l’incontro e il dibattito sulla giustizia e le carceri, promosso dalla Fondazione don Mazzolari, sabato pomeriggio 18 gennaio presso il Palazzo Comunale di Cremona. L’occasione è stata l’anniversario della nascita di don Primo (13 gennaio 1890) e il lancio del libro “Oltre le sbarre, il Fratello” curato dai sacerdoti cremonesi don Bruno Bignami e don Umberto Zanaboni, il primo postulatore e il secondo vicepostulatore della causa di beatificazione del parroco di Bozzolo.

Ospiti dell’incontro e insieme protagonisti, l’ex magistrato Gherardo Colombo e il cantautore Omar Pedrini che, come ha ben chiarito don Bignami (che è anche direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei) hanno usato «linguaggi diversi per parlare della medesima questione»: quella di una giustizia che non deve trasformarsi in una punizione, ma in una fonte di speranza. Tema caro anche a Papa Francesco e che segna il cammino dell’anno giubilare in corso.

In una sala della Consulta dove era difficile muoversi per il numero importante di persone sedute e in piedi, le note di “Sole spento”, canzone suonata e cantata da Pedrini, hanno suscitato forti emozioni. Di seguito la platea è rimasta calamitata dal tono pacato e deciso dell’ex magistrato Colombo che ha dichiarato: «Fino al 2000 pensavo che il carcere fosse educativo, una sofferenza necessaria. Ora ho cambiato idea, credo nella giustizia riparativa». Un invito ad una riflessione profonda su quanto ciascuno può fare perché «se le carceri sono come sono è perché a noi non importa, altrimenti ci faremmo sentire», ha aggiunto Colombo. 

A dare il là al pomeriggio intenso, per la verità, era stata la lettura di un brano scritto da don Mazzolari (ed inserito nel testo “Oltre le sbarre il fratello”). Da questo invito ad essere vicini a chi sta dietro le sbarre, perché “l’uomo misericordioso non ammette l’incurabilità”, erano partire le considerazioni del sindaco di Cremona, Andrea Virgilio. «Nella casa di tutti, il Comune – ha detto – si affrontano temi profondi come quello del carcere che è un tema di civiltà». Da qui due paradossi: quello della giustizia talvolta pretesto legale per esercitare la violenza (spunto ripreso da Colombo) e quello del carcere come luogo dove dovrebbe avvenire un cambiamento e invece si trasforma in una punizione.

Idee a cui si è collegato don Umberto Zanaboni, coautore del volume, che ha dichiarato le ragioni da cui è nata l’idea di pubblicare alcuni testi del parroco di Bozzolo. In primis perché “in occasione del Giubileo, il Papa chiede gesti giubilari come il disarmo, eliminare la pena di morte… e anche porre attenzione alle carceri». Poi c’è la figura di don Primo, egli stesso detenuto nelle carceri fasciste e poi capace di stare accanto ai carcerati a cui faceva sentire la propria vicinanza e la misericordia del Vangelo con visite e lettere.

In questa profondità di storia e di pensiero sono hanno quindi “fatto irruzione” le note e le parole di Sole Spento, canzone nata nel 2001 dalle parole di una lettera di un ragazzo del Beccaria e trasformate in note da Pedrini, che le carceri, le ha varcate per inondarle di musica.

Quindi l’intervento di Colombo che ha invitato i presenti a mettersi in gioco perché «le iniziative per migliorare lo stato dei detenuti ci sono ma sono pochissime» e soprattutto l’invito a riflettere su un tipo di giustizia, quella riparativa, che lascia spazio alla speranza.

In chiusura don Bignami ha acceso l’attenzione «sull’atteggiamento assurdo che ha la nostra società nell’abbandonare chi è nel bisogno», perché davvero «nessuno è incurabile». La chiave di volta sta nel curare le relazioni e «vedere la ricchezza umana» che si manifesta, anche dietro le sbarre. (www.diocesidicremona.it)


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