20 aprile 2021

"Soltanto il 30% degli esercizi ha posto all'aperto", così non è riaprire. La protesta della Fipe

“Riaprire solo le attività che hanno i tavolini all’esterno, significa prolungare il lockdown per un terzo delle nostre aziende. E non garantire ad una quota altrettanto importante di poter raggiungere la sufficienza economica. Un problema particolarmente grave per i ristoranti, colpiti dalle restrizioni del provvedimento forse ancor di più dei bar tradizionali”. A lanciare l’allarme è Alessandro Lupi, presidente provinciale di Fipe Confcommercio. “Non è accettabile che solo il trenta per cento possa provare a tornare a lavorare mettendosi in cammino per ritrovare una normalità ancora lontana. E in questa prospettiva ottimistica non si sono volute considerare le incertezze legate al meteo e alla primavera. Si ignora che non ci si può organizzare. Niente prenotazioni, difficoltà enormi con i fornitori, impossibilità di gestire correttamente il personale. Se ne renda conto il Governo. Diversamente la “zona gialla rafforzata” sarà quasi un “lockdown mascherato” per moltissime imprese che non potranno riaprire”. Quindi Fipe lancia un appello all’esecutivo di Mario Draghi. “Se questo è il momento del coraggio, che lo sia davvero. E lo sia per tutti. Non si tratta di ripararsi con una coperta corta. Ma che senso ha riaprire le scuole, con i gestori dei trasporti che ammettono l’impossibilità di rispettare i protocolli e poi chiudere i locali che osservano una normativa rigidissima. Come si fa a non vedere la contraddizione tra le aule piene e le nostre imprese vuote se davvero si pensa a misure per contenere il contagio. O, ancora, si potrà fare il servizio mensa all’interno come avviene oggi e lasciare gli altri clienti fuori?? E, infine, perché negli autogrill si può mangiare comodamente all’interno e non nelle nostre attività?? Proprio queste discriminazioni e aree per nulla chiare testimoniano che, ancora una volta, non si è prestata la giusta attenzione al problema”

“Abbiamo apprezzato - rilancia Lupi – la attenzione delle Amministrazioni locali, a partire da quella del Comune capoluogo. Partiamo dalla esperienza dello scorso anno e, questo, ci conforta nella possibilità di poter essere pronti con i plateatici ampliati già la prossima settimana. Ma non possiamo dimenticare chi non ha un plateatico o dispone di uno spazio ridottissimo e rischia di unire al danno del lockdown, la beffa di vedere i clienti seduti nei locali vicini”. “In questo modo si mette a rischio un patrimonio importantissimo di imprese. Un bene (comune) – non solo sul piano economico e occupazionale ma anche culturale -che va tutelato cercando di sostenere le imprese esistenti, evitando di snaturare l’identità della nostra offerta di ristoranti e pubblici esercizi e contrastando l’affermarsi di catene e franchising in tutte le città. Ugualmente importante è il tema del lavoro. Fipe e forze sociali hanno già presentato al Governo un documento che vuole cercare di evitare il collasso nelle collaborazioni dei dipendenti durante i prossimi mesi”

“La data da sola non basta – rilancia Emiliano Bruno, vicepresidente provinciale della Federazione dei pubblici esercizi – dobbiamo dare una prospettiva a tutti gli imprenditori. Siamo pronti, come è sempre stato, a fare la nostra parte. Chiediamo che si lavori, da subito, a un protocollo di sicurezza sanitaria che consenta la riapertura anche dei locali al chiuso. Riteniamo che proprio perché il nostro settore ha già affrontato investimenti importanti possa da subito essere ritenuto sicuro. È inderogabile avere come cronoprogramma di riferimento la ripartenza, per tutti, a partire dal 26 aprile. E nel frattempo deve proseguire con la massima sollecitudine la campagna vaccinale. Che deve essere una priorità molto più di quanto non sia, ad esempio, il divieto dell’uso del contante che si vorrebbe introdurre nelle nostre imprese da subito, aggiungendo costi senza produrre alcun vantaggio. Non c’è più tempo da perdere. Ma occorre che tutti avvertano la gravità della situazione. Anche le istituzioni e non solo le amministrazioni locali che stanno lavorando per fare la loro parte. Sarebbe un segnale importante, soprattutto per un comparto che, in questa crisi, si è sentito dimenticato. Occorrono, più che mai in passato, coesione, unità e di voglia di uscire dal pantano tutti insieme”.


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