13 aprile 2022

1° giugno 2002, vent'anni fa la scelta della Giunta Bodini di eliminare i filobus, mezzi ecologici e funzionali alla città

Vi proponiamo un articolo di Antonio Leoni, pubblicato su "Il vascellocr", il suo quotidiano online, nel dicembre del 2015. E' straordinaria l'attualità di questo scritto di Leoni sulla scelta sciagurata di eliminare i filobus elettrici dalla città esattamente vent'anni fa dalla Giunta Bodini. Tutte le città stanno tornando all'elettrico (da quelle grandi come Parigi, Roma, Genova a quelle più piccole come Parma), noi avevamo un gioiello di risparmio e funzionalità e abbiamo gettato tutto al vento.

 

PM 10, tutto fa pensare che quest'anno registreremo un record impressionante. Uno dei sistemi più efficaci per combattere l'inquinamento delle polveri cancerogene che riduce in questa città l'aspettativa di vita, è il maggior utilizzo del trasporto urbano. Ma quale trasporto urbano? Quello di oggi, con linee, frequenze e orari assurdi, con mezzi non del tutto ecologici, o quello pensato nel tempo dai nostri ben più saggi vecchi? 

Parliamo ovviamente del trasporto elettrico. La sua è una storia di saggezza, trionfale anche per un certo periodo, che si apre il 17 maggio del 1916 e si chiude, ufficialmente, il 1 giugno del 2002 quando la giunta Bodini prende la incredibile decisione, per motivi contingenti (soprattutto la completa pedonalizzazione di Corso Campi) di eliminare l'uso dei filobus, con gran spreco, oltrettutto, di materiale rotabile anche recentissimo. Questi mezzi, questo materiale, queste conoscenze tecniche e umane hanno finito per impolverarsi nel depositi dell'AEM, suscitando persino l'idignazione di un sito svizzero e il reclamo, da Marsiglia, del museo del trasporto urbano europeo, che più e più volte richiesto - anche attraverso il nostro sito - i bus dimenticati all'AEM senza mai ricevere alcuna risposta.

La vicenda dolorosa - una delle tante della storia di una città in declino e per molti aspetti indifferente di una storia che comincia nel 1916 e della quale hanno dato preziosa testimonianza due illustri cremonesi, Mario Albertini e Claudio Cerioli, in un volume pubblicato dalla benemerita casa editrice Turris. Da questo volume, "Trasporti nella Provincia di Cremona: 100 anni di storia", traiamo alcuni stralci che dimostrano - oggi che siamo alla fine e che le ferrovie locali, comprese quelle di Trenitalia, sono al disastro - come la politica cremonese e non abbia in questo settore (e forse in molti altri) inseguito sciaguratamente l'illusione di un progresso che ormai fa a pugni con la saggezza. La prova è sulla nostra pelle.

 

I tram elettrici partono il 17 maggio del 1916

(stralci da "Trasporti nella provincia di Cremona: 100 anni di storia" di Mario Albertini e Claudio Cerioli)

La storia del trasporto elettrico urbano comincia a Cremona nel 1912. "L'ing. Pietro Simoncini, assessore ai lavori pubblici della nuova amministrazione elettiva, aveva studiato il problema dal punto di vista tecnico, predisponendo uno studio pubblicato nel 1912.'Oltre a ricordare il grave ritardo col quale Cremona arrivava a dotarsi dell'importante servizio rispetto a Piacenza ( Consorella oltrepadana »'), Bergamo, Brescia e Parma, Simoncini formulava precise proposte progettuali. Vi sarebbero state tre linee, la prima dalla stazione ferroviaria a piazza Roma e porta Venezia, la seconda dalla stazione a piazza Roma e porta Po e la terza da via Milano (passaggio a livello) alla stazione, porta Venezia e via Mantova (mercato bestiame) mentre successive diramazioni avrebbero servito barriera Po, porta Romana, San Bernardo, Sant'Ambrogio e San Sebastiano. Per l'esercizio, previsto a corrente continua 550 V, sarebbero occorse undici vetture e due rimorchi, 26 scambi, circa 8000 m di binario armato con rotaie Phoenix a gola da 35,2 kg/m".

 

Ci vollero quattro anni per superare vari problemi. La concessione fu data alla Società Elettrica Brescia (SEB). "Il 12 luglio 1915 iniziò la posa dei binari; il Comune aveva assunto 23 scalpellini, 10 selciatori, 12 aiutanti, 27 badilanti e 12 muratori per l'esecuzione dei lavori di disfacimento e rifacimento del selciato stradale; la SEB 40 operai con due capi squadra ed un assistente. Fu necessario stipulare una apposita convenzione con le Ferrovie dello Stato per il passaggio dei tram sul piazzale della stazione e per l'impianto della linea aerea. In poco più di nove mesi tutti i lavori furono ultimati e nei giorni 21 e 22 aprile 1916 si tennero le prime corse di prova. Il15 maggio le linee furono ufficialmente collaudate, mentre l'inaugurazione si tenne il 17 maggio, mercoledì, senza particolari cerimonie, a causa della guerra. L'incasso della giornata (300 lire) fu devoluto dalla SEB in beneficenza."

 

Nella primavera 1940 i filobus sostituiscono i tram

"Verso la fine degli anni Trenta la SEB decise di trasformare le reti tranviarie urbane di Brescia e Cremona in filoviarie. A Brescia l'operazione fu condotta nel 1938-1939 mentre a Cremona fu avviata nella primavera del 1939; nel corso dell'estate sì posò provvisoriamente la rete bifilare, ma il periodo invernale successivo fece rinviare i lavori, che vennero ripresi nella primavera del 1940. Ii 6 luglio 1940 il quotidiano « Il Regime Fascista » pubblicò la fotografia del primo nuovo filobus FIAT 635 giunto alla rimessa SEB di via Brescia; tra luglio e ottobre la FIAT consegnò gli altri nove filobus, che vennero numerati 1±10. La posa dei bifilari fu notevolmente complicata dalla presenza della linea aerea tranviaria e delle varie condutture elettriche cittadine, all'epoca tutte allo scoperto, lungo i fabbricati.

Il 22 ottobre 1940 la linea tranviaria ferrovia-San Sebastiano venne nuovamente limitata a porta Venezia, per consentire il collaudo delle vetture filoviarie e l'addestramento del personale, lungo il tratto piazzale Crispi-porta Romana. Alle ore 21 del 28 novembre gli ultimi tram rientrarono in rimessa, era un giovedì; dopo gli ultimi lavori e l'allacciamento stabile della sottostazione elettrica vennero avviate le prove delle linee; dal pomeriggio di venerdì 29 a tutto il sabato 30 dicembre i verdi filobus percorsero fuori servizio le strade cittadine. A causa dell'oscuramento, dovuto allo stato di guerra, sulle strade e sui corsi dovettero essere dipinte delle strisce di vernice bianca, per permettere al guidatore di seguire la linea aerea, non visibile nelle ore notturne.

 

Alle 6.30 di domenica 1° dicembre iniziò il servizio regolare. Il prezzo delle corse fu fissato in 50 centesimi e in 30 centesimi prima delle 8 del mattino. L'abbonamento per operai e studenti fu fissato in 12 lire mensili con diritto a due corse feriali, delle quali una prima delle ore 8. Nei mesi estivi, col prolungamento della linea 2 alla barriera Po (il relativo bifilare fu posto più tardi, iniziando il servizio solo in giugno), non vennero previsti aumenti tariffari. Le linee vennero finalmente numerate, la 1 collegò la stazione ferroviaria con piazza Roma, piazzale Crispi e porta Romana (piazza IV Novembre), la 2 la stazione con piazza Roma, corso Vittorio Emanuele, porta Po e il viale Regina Margherita (ponte Morbasco d'inverno e barriera Po d'estate). Il servizio era disimpegnato da tre vetture sulla linea 1 e 2, che si riducevano a due nel piriodo invernale, con la limitazione del percorso al ponte del Morbasco. 

Le vetture tranviarie furono tosto alienate; le vicende belliche stavano creando problemi alle varie aziende di trasporto, per cui i rimorchi e le motrici furono acquistati dalle tranvie di Parma e La Spezia e forse di una città toscana.Durante la guerra il servizio continuò regolarmente, con interruzioni brevi o brevissime dovute alle incursioni aeree o ad improvvise cadute di alimentazione. L'8 settembre 1943, però, una vettura venne semidistrutta dall'esplosione di una granata, davanti al palazzo Ala Ponzone sulla linea 2 e dovette essere ritirata definitivamente dal servizio. 

 

Alla fine del conflitto il servizio sulla linea 2 richiese l'impiego costante di tre vetture, perché il collegamento con la barriera Po venne esteso anche al periodo invernale. Si presentò pertanto la necessità di rinforzare il parco filoviario, specie dopo che nel novembre 1951, in occasione della eccezionale piena del fiume Po, la strabocchevole massa degli utenti richiese l'impegno costante di ben sette vetture sulla linea 2 per varie settimane. Nel giugno 1952 arrivarono quindi a Cremona due nuovissimi filobus FIAT 668 F 110 carrozzati CANSA, che furono contrassegnati con i n. 11 e 12. (Ecco uno dei due Fiat Cansa nella foto a destra, davanti alla Galleria nel 1952).

Nel novembre dello stesso 1952, con autobus ottenuto a nolo dalla SIA (TEB) di Brescia, fu sperimentata una autolinea fra la via Milano (sanatorio Aselli), il cimitero e l'ospizio Soldi. L'esperimento ebbe esito positivo e, anche a seguito delle pressioni dell'Amministrazione comunale, la SEB acquistò tre piccoli autobus urbani Macchi 4000 (TU5), numerati da 1 a 3, con i quali vennero istituite le autolinee urbane A » (piazza del Comune-San Sebastiano-piazza Libertà-via Brescia-ospizio Soldi) e « B « (piazza del Comune-piazza Roma-viale Trento e Trieste-cimitero-via Milano-sanatorio Aselli). Le due autolinee avevano una frequenza delle corse di trenta minuti ed impegnavano ciascuna un autobus (uno restava quindi di riserva); giunto in piazza del Comune l'autobus della linea A proseguiva sulla linea B e viceversa.

 

La gestione delle linee filoviarie ebbe sempre un buon andamento economico; nel 1949 furono trasportati quasi due milioni di viaggiatori, con un coefficente di esercizio di 0,94; nel 1953 i viaggiatori furono 2.340.439 ed il coefficente di 0,86; l'anno successivo, sempre considerando le sole filovie, i viaggiatori trasportati salirono a 2.565.040 ed il coefficente a 0,87. Ma già nel 1956 con l'incremento dei costi di gestione, le spese superarono le entrate (coefficente 1,05).La situazione rimase pressoché immutata fino al 1958,quando, davanti alle richieste del Comune, che intendeva estendere il servizio di trasporto alle nuove zone residenziali della città. la SEB dichiarò di non voler continuare la aestione".
L'assunzione diretta in via sperimentale fu approvata il 12 settembre del 1958. La gestione sperimentale doveva durare 2 anni "in attesa di ritrovare nell'industria privata maggiori garanzie". Il primo biglietto della gestione AEM fu venduto il 6 marzo 19159 in via Ghisleri.

 

Il quotidiano "La Provincia" si lamentò soltanto per il fatto che sul berretto dei controllori era scritto"Fortitudo Mea in Bracchio", in "Bracchio" con doppia cc, uno scandalo: si studiava ancora il latino.
L'industrializzazione del Paese metteva i cittadini su quattro ruote. Si previlegiarono le autostrade alle linee ferroviarie. A Cremona cominciarono a infittirsi le PM 10, ma nessuno se ne accorse. Eppure Farinacci, nel 1939, quando la SEB propose di sostituire i tram con gli autobus, si oppose fieramente. E pretese i filobus perché, scrisse profeticamente sul "Regime Fascista" paventando gli scarichi," Cremona merita l'aria migliore della pianura padana". Gli autobus li ha previlegiati le Giunta Bodini che forse tenne conto della farinacciana piazza Littoria per trasformare piazza Stradivari, ma dimenticò dell'ammonimento del "ras" il 12 giugno 2002. 

I filobus viaggiavano a Cremona, benedetti dai polmoni degli utenti, da 62 anni.

Antonio Leoni


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti


Pasquino

13 aprile 2022 09:22

Una delle sue grandi idiozie ! Pensilina ubicazione del termocombustore ecc

Antonio

13 aprile 2022 11:41

Il sindaco peggiore di sempre( Galimberti a parte)

sebastiano

13 aprile 2022 18:59

Ho un deficit di memoria e mi verrà in mente dell'altro, ma oltre alla filovia, alla pensilina, al calcestre, a piazza Stradivari , vi siete dimenticati la vicenda del centro commerciale , che ha costretto alle dimissioni un galantuomo come l'architetto Terzi. C'è chi lavora per gli altri e chi invece lavora per sè medesimo.