8 marzo delle donne, quelle del passato e quelle di ogni giorno Poche strade al femminile e il platano sul Viale a ricordare la violenza
Otto marzo, è la festa delle donne. Quante ne abbiamo conosciute in questo anno di pandemia. Da quelle che sono state in prima fila in ospedale, nella ricerca, nell'assistenza (tre su tutte come simbolo le dottoresse Malara e Balotta e l'infermiera Pagliarini), nel volontariato, nella rivoluzionata routine di ogni giorno (lavoro, casa, dad per i figli, spesa con tempi forzati). Ma è ancora 8 marzo. Un giorno per celebrare il ruolo e l'importanza della donna sempre. Al di là della festa, quello della donna è un ruolo spesso dimenticato o volutamente ignorato. Pensiamo, ad esempio, alle strade e alle piazze di Cremona, pochissime sono quelle dedicate alle donne. Negli ultimi anni si è cercato di porre rimedio (ad esempio dedicando una piazza a Rita Levi Montacini) ma se scorriamo i due volumi del professor Gianfranco Taglietti sulle strade di Cremona, possiamo notare che nelle centinaia di vie, piazze, vicoli e slarghi, quelle dedicate alle donne sono soltanto 5. C'è via Sofonisba Anguissola, prima strada a sinistra di corso Campi. Alla grande pittrice è dedicata (con altre grandi artiste del '500 e '600, “le signore nell'arte”) una mostra a Palazzo Reale a Milano ma visitabile solo online. Poi c'è la via Margherita Caffi, anche questa una grande pittrice, ed è la strada che congiunge via Castelleone con via Sesto, sulla sinistra lasciando via Bergamo. Non poteva mancare via Anna Frank, laterale di via Flaminia. Alla vittima del nazismo è dedicata anche la scuola media di via Novati. Da piazza Roma, percorrendo via Manzoni, la seconda strada sulla destra è dedicata alla Regina Teodolinda, sposa di Agilulfo che cercò di rimediare alle distruzioni del marito ricostruendo Cremona e le sue chiese (S.Lucia, San Siro e forse San Michele). C'è poi una strada quasi nascosta, via Ermelinda Tinti, laterale di via Ugolani Dati. Ermelinda era l'ultima erede di una nobile famiglia che lasciò la sua casa per ospitare giovani signore decadute. Ovviamente c'è Largo Bianca Maria Visconti, lo spiazzo davanti alla chiesa di San Sigismondo, dedicato alla moglie di Francesco Sforza che portò in dote Cremona.
Rimangono poi le sante: Santa Lucia (con la piazza e la bella chiesa), via Santa Caterina (ma il nome deriva più dalla cascina zona Riposo che dalla santa stessa di Siena), via Santa Maria in Betlem, via Santa Tecla (tra via Massarotti e via Bissolati) sorta dove un tempo c'era una chiesa e un convento dedicato alla prima martire cristiana.
Contrariamente a quanto si pensi neppure via Giuseppina è dedicata a una donna (la moglie di Napoleone Giuseppina Beauharnais) ma il nome deriva dall'imperatore austriaco Giuseppe II.
Eppure di grandi donne da ricordare ce ne sono tante. Del passato più lontano e di quello più recente. Alcune sono state ricordate recentemente in una pubblicazione del Crart, del Comune e della Società Storica. Nei tempi più antichi ci sono ad esempio Maddalena Guerrini e Santina Mancini Vergini oblate tra '500 e '600 al servizio della comunità, Eufrazia Tegnizzi fondatrice della “Casa delle Maddalene, vedove e malmaritate” o Giulia Rangoni Ariberti, originaria di Modena, che volle il teatro Filodrammatici. E ancora Rosa Mariani, cantante lirica contralto nota ad inizio dell'Ottocento come una delle voci più importante dei teatri italiani ed europei (a lei è dedicato un piccolo parco a Bagnara), Anna Corbari che si battè negli anni del Risorgimento per l'emancipazione femminile o Elisa Barozzi Beltrami eroina della ribellione antiaustriaca cremonese. Nel volumetto è citata poi la Marchesa Paolina Ala Ponzone Cimino che volle l'Ospedale dei Bambini e poi la scuola Ala Ponzone Cimino. E ancora Fanny Mina Rizzi, musicista e donna di cultura, Paolina Pozzali Crotti, cantante e scrittrice e Virginia Carini Dainotti che diresse la Biblioteca fondando la prima sala dei ragazzi d'Italia e tante altre ancora.
Forse varrebbe la pena ricordare, visto il terribile e inarrestabile crimine del femminicidio, dedicandole una strada, la “povera Cesira” simbolo della violenza dell'uomo sulle donne. Fino a qualche anno fa su un platano del viale Po c'era una croce che ricordava l'assassinio della donna, filatrice, uccisa dal marito appena liberato dal carcere che aveva dato retta alle malelingue uccidendo la povera donna. Al cimitero, prima di entrare nell'androne di sinistra si legge una lapide “Le filatrici di Cremona posero” e una canzone la ricordava: “La pòvera Cezira l'è stata inganàada, l'è stata trucidàada dal Bàbila balòss”.
Sarebbe un bel gesto celebrare anche il ricordo dei Maria Biselli, donna della Resistenza, che raccontò in uno splendido libro curato da Ughetta Usberti, “Il mio regno d'oro”, la città di Cremona dal 1900 al 1945.
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