A Pieve d’Olmi l’ingresso del nuovo parroco, don Roberto Musa, nel segno dell’unità
«Con questo “grazie” e questo “insieme” cerchiamo di avere la gratitudine per ciò che abbiamo, per ciò che siamo e la volontà di camminare insieme. Penso che sia già un buon programma di vita per tutti noi». Con queste parole – e con un vivo ricordo per don Emilio Garattini – don Roberto Musa ha salutato a Pieve d’Olmi la sua nuova comunità che guiderà insieme alla parrocchia di San Daniele Po con il collaboratore parrocchiale don Antonio Loda Ghida, che risiedendo proprio in paese già da quest’estate presta servizio a Pieve d’Olmi, dopo che nei mesi precedenti la comunità aveva potuto contare sul ministero di don Eugenio Trezzi. Nel tardo pomeriggio di sabato 13 settembre il vescovo Antonio Napolioni ha presieduto la solenne celebrazione eucaristica di ingresso del nuovo parroco, con la presenza del vicario zonale don Antonio Pezzetti e di don Gianluca Gaiardi, direttore dell’ufficio diocesano Beni culturali e nuovo rettore della Cattedrale, uno dei compagni di Messa di don Musa. L’ingresso di don Musa segna anche l’inizio del programma degli ingressi all’inizio del nuovo anno pastorale, che proseguiranno fino a metà ottobre.
A dare il benvenuto ai due nuovi sacerdoti, come da cerimoniale, è stato il sindaco Stefano Guastalla sul sagrato della chiesa di San Geminiano vescovo. «È un grande piacere, nonché una grande emozione, essere qui, insieme a tanti olmesi, per sottolineare l’importanza dell’avvenimento che stiamo vivendo. Qui a Pieve d’Olmi troverai una comunità viva, forse a volte un po’ silenziosa, ma sinceramente desiderosa di crescere insieme nella fede e nella fraternità». E ancora: «Non ti chiediamo miracoli, don Roberto, e non pretendiamo risposte pronte. Ti chiediamo solo una cosa: “cammina con noi”. Con i tuoi doni, con la tua esperienza, con la tua fede, con la tua umanità. Da parte nostra promettiamo accoglienza, disponibilità e preghiera. Perché essere comunità vuol dire anche questo: camminare insieme, portando insieme la fatica e la bellezza del Vangelo».
Quindi in chiesa l’inizio della celebrazione liturgica e la lettura del decreto di nomina da parte di don Pezzetti all’assemblea numerosa, nella quale erano presenti anche i volontari della Protezione Civile e delle diverse associazioni culturali e sociali di Pieve d’Olmi.
Durante la celebrazione d’ingresso la continuità e l’avvicinamento continuo tra le due comunità sono state le coordinate auspicate per il nuovo mandato di don Musa. «Abbiamo sperimentato cosa significa la mancanza del parroco – ha ricordato Sergio Canevari, nel saluto a nome della parrocchia –. Per questo motivo ringraziamo il vescovo Antonio per i doni di don Roberto e don Antonio». La scomparsa don Emilio ha lasciato un vuoto e «ci siamo impegnati, con generosità e disponibilità, a portare avanti la vita e le iniziative fondanti la comunità, sotto la guida preziosa e sicura di don Antonio e con l’aiuto dei sacerdoti delle parrocchie vicine. Abbiamo tuttavia vissuto per lunghi mesi una dimensione ecclesiale più aperta e vogliamo perciò continuare a camminare insieme con voi, don Roberto e don Antonio, mettendoci al servizio ciascuno secondo le proprie competenze e capacità». Sono stati poi consegnati i regali di benvenuto ai sacerdoti: un libro per entrambi sulla vita di San Geminiano e, per don Roberto, una stola.
«Avete sperimentato che l’oratorio e il Grest sapete farli anche da soli, e certo ci vuole il parroco che metta insieme tutti i pareri e si prosegua in armonia, ma la fonte è Cristo – ha setto il vescovo Napolioni durante l’omelia –. Il prete lo impara entrando nelle case a fianco dei malati, dei moribondi, delle persone disabili, di chi porta quei pezzi di croce che sono seminati ovunque, perché tutti diventino un po’ di più Cristo Gesù». Il «paradosso cristiano» è insomma quello di «non essere i migliori, i più numerosi, i più ricchi, i più forti», bensì quello di «coloro che Dio predilige: i semplici, i figli, i poveri, i miti, gli affamati di giustizia, gli operatori di pace, gli uomini e le donne delle beatitudini». Con indossando la casula rossa per la festa dell’Esaltazione della Croce, il vescovo ha così sottolineato l’importanza di vivere nell’essenzialità questo importante momento comunitario. «La croce di per sé è uno strumento di tortura, ma per noi cristiani è diventata l’àncora della salvezza, la fonte della vita – ha ricordato –. Perché c’è Gesù su quella croce. Nello stesso tempo, essa si ripropone nella vita delle persone, delle famiglie, delle comunità, dei popoli, della storia umana. Ma Dio è diverso. Ha mandato il suo unico figlio non per condannare ma per salvare». Una realtà, quella del Cristo crocifisso così come quella di un sacerdote, che entra nella parrocchia un passo per volta. «Noi non andiamo a finire, noi andiamo a compiere il nostro viaggio, che è quello dell’amore. Essere prete non è un privilegio rispetto alla comunità. Il prete non ha il monopolio di Dio e dello Stato. Però il prete, nel nome di Gesù, può fare quelle cose che nessun altro può fare, obbedendo alla volontà di Dio».
Prima della benedizione finale ha preso la parola don Musa per le prime parole alla sua nuova comunità. «Iniziamo questo nuovo tratto di strada e vorrei farlo con due parole. La prima scontata, ma è doverosa e giusta, è grazie. A don Emilio che ci ha preceduto, per il suo servizio, per la sua testimonianza, per essersi speso per questa comunità alla quale ha voluto qui. E poi a don Antonio e a don Eugenio per aver accompagnato la nostra parrocchia in questo tempo un po’ più complicato. Grazie a voi per accogliere me don Antonio con quella gioia che manifesta la volontà di tutti di stare insieme». Ed è proprio «insieme» la seconda parola che il nuovo parroco ha voluto condividere con la propria comunità: «È nell’unità tra di noi, nel volerci bene, che prende credibilità il nostro essere cristiani, il nostro annuncio del Vangelo. Insieme perché siamo due preti che condividono gioie e fatiche del ministero, condividendone la responsabilità e insieme lavoreremo nella speranza e volontà di essere, come dice san Paolo, collaboratori della vostra gioia». Infine il richiamo allo spirito di collaborazione tra le due comunità. «Essere parroco di Pieve d’Olmi e di San Daniele Po è motivo per entrambe le comunità di lavorare per cambiare prospettiva. Abituati da sempre a vivere gli uni di fianco agli altri, adesso dobbiamo imparare a vivere gli uni con gli altri e a diventare una sola famiglia. Il Signore ci aiuti a sciogliere resistenze, paure e incertezze, che ci faccia costare la gioia di sentirci in lui una cosa sola insieme».
Terminata la celebrazione le firme sui documenti attestanti l’insediamento del nuovo parroco, da parte del vescovo, di don Musa e, quali testimoni, Sergio Canevari e lo storico sagrestano Agostino Morandi. Poi il momento di convivialità con il rinfresco nel salone dell’oratorio. (www.diocesidicremona.it)
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