E' sempre il Torrazzo il più amato dai turisti italiani, unico al mondo. Cremona ne chieda il riconoscimento a patrimonio dell'Unesco
I primi dati sono lusinghieri: è sempre il Torrazzo il più amato dagli italiani. A maggio è ricominciato il flusso per percorrere gli oltre cinquecento scalini che conducono alla cima. Ed a percorrerli sono soprattutto famiglie, e turisti di prossimità provenienti dalle regioni vicine. Lasciato alle spalle il 2020 questo potrebbe essere l’anno della rivincita. Ed allora, perché non pensare ad un vera valorizzazione del nostro massimo monumento quello che per secoli, ed anche oggi, è considerato a ragione il simbolo stesso della città?
Le altre città l’hanno già fatto. Bologna ha candidato i propri portici a patrimonio mondiale dell’Unesco per il 2021, il Veneto il Monte Grappa, il Friuli Venezia Giulia Collo Friulano. Sono poi candidati il Parco della Majella, il parco dell’Aspromonte, i nuraghi sardi, e la via Francigena a Piacenza. Attualmente sono 55 i siti italiani patrimonio mondiale Unesco. Tra questi ci sono alcuni centri storici come quelli di Roma, Firenze, Venezia, Siena, Napoli, Ferrara, Pienza, Urbino, Mantova; piazze come quella di Modena con la Cattedrale e la Ghirladina, e di Siena; chiese e cattedrali come a Palermo, ma anche paesaggi come l’Etna e le Dolomiti, aree archeologiche e via dicendo. Nulla di fronte a cui il nostro Torrazzo possa sfigurare. Come la torre di Pisa o Castel del Monte la nostra torre è un unicum al mondo. Non esiste un’altra simile, anzi, il nostro Torrazzo è stato il prototipo di tutte le altre. Nella lunga lista dei monumenti italiani che fin dal 1979 hanno potuto godere di questo rinascimento particolare, non esiste una torre, se non inserita in un contesto urbanistico, come può essere quello di San Gimignano o Pisa. Perché, dunque, non il Torrazzo?
La nostra torre non è solo la struttura medievale in mattoni più alta d’Europa, e dunque del mondo, ma rappresenta un tipo architettonico nuovo per la Lombardia e per l’Italia, annunciante quella che Angiola Maria Romanini definisce "una seconda età nella storia del gotico lombardo", caratterizzata da un intenso pittoricismo di natura spettacolare, che trova nella torre-guglia con pianta d'ampiezza digradante verso l'alto una delle forme espressive più tipiche. La torre guglia lombarda segna anche il punto di maggiore adesione tra la tarda architettura romanica regionale e le tendenze gotiche d'oltralpe. Ed affinità sorprendenti legano la torre cremonese a minareti realizzati nell'area magrebina e spagnola intorno alla fine del XII secolo, come la torre della moschea Kutubiya a Marrakesch, la torre della Giralda a Siviglia, la Torre di Hassan, un minareto di una moschea rimasta incompleta a Rabat in Marocco.
Le origini del Torrazzo sono ancora avvolte nella leggenda. Infatti non si sa esattamente in quale anno ebbe inizio la costruzione. Le fonti storiche cittadine fanno riferimento genericamente a due date, il 754 ed il 1284 che, però, sono prive di qualsiasi reale fondamento, mentre, dall'analisi stilistica e da recenti indagini sui materiali, è lecito ritenere le prime fasi costruttive comprese nel terzo decennio del XIII secolo. Anche la tecnica costruttiva è sorprendente: la torre è costituita da una doppia canna prismatica, interna ed esterna, raccordate tra di loro dalla scala e da un paramento esterno a una sola testa di mattoni disposti orizzontalmente, distante un centimetro dal muro perimetrale della canna maggiore, che permette, riducendo al minimo i movimenti d'aria, una "traspirazione" ottimale tra interno-esterno. Il paramento così concepito garantisce "muri areati", che non gelano mai: neppure la parete esterna, dal momento che la parete della canna interna rimane più calda e tra le due avviene uno scambio di calore. Il paramento salvaguarda totalmente la parete della canna maggiore ed è eseguito con una tale perizia da non permettere il benchè minimo ristagno d'acqua sulla parete evitando così i danni causati dal gelo. Il paramento esterno è stato fissato al nucleo della canna maggiore mediante mattoni disposti in modo trasversale, che penetravano per oltre sei centimetri nella muratura. Ma a sbalordire sono soprattutto le proporzioni: il Torrazzo è alto 70,40 metri al piano della merlatura, simile cioè all'altezza del minareto di Marrakech e della Giralda di Siviglia.
Non vi è da stupirsi per questo: le vicende storiche attraversate dalla città testimoniano un frequentazione continua con l'oriente. Rapporti costanti si hanno a partire dal 1090 quando, in Terra Santa, si alternano per qualche tempo governatori cremonesi e, dal 1155, la città ottiene il diritto di battere moneta, tolto a Milano, il che significava possibilità di controllare il traffico delle materie prime destinato ai mercati locali e transalpini. Gli interessi commerciali condizionarono la storia di Cremona per tutto il corso del XII secolo. La perfetta integrazione tra commerci terrestri ed il controllo delle vie d'acqua fluviali, ottenuto mediante alleanze e trattati con le città vicine, uniti al caposaldo in Terra Santa e all'autonomia comunale protetta dall'autorità imperiale con un sodalizio che durava ormai dai tempi del Barbarossa, costituirono gli elementi che permisero alla città di raggiungere, tra il 1226 e il 1267, l'apice della potenza economica. Durante la signoria del Pallavicino i mercanti cremonesi figuravano tra i frequentatori abituali delle fiere di Champagne, e tramite navi di Venezia, Genova e Pisa, dei mercati di Barcellona, Valenza e Maiorca, giungendo fino a Costantinopoli, dove l'ufficio di cambio era diretto allora da due cremonesi. Condizioni particolarmente favorevoli avevano poi spinto i mercanti di Montpellier a scegliere fin dal 1254 la città padana come caposaldo delle operazioni con l'Adriatico e gli stessi trafficanti toscani ed umbri avevano costituito qui un polo mercantile per le stoffe di Valenza e Londra.
Non bisogna poi dimenticare che Gherardo da Cremona, molto nel 1187, fu traduttore di testi arabi a Toledo e promotore di un'analoga iniziativa nel convento cittadino di Santa Lucia dove ebbe sede un'importante biblioteca. Ma soprattutto Cremona era la corte del più grande mediatore culturale del Medioevo, Federico II, che nella città, diventata il quartier generale dell'esercito imperiale già prima della battaglia di Cortenuova del 1249, soggiornò almeno diciotto volte a partire da quel luglio 1212 quando, appena diciassettenne e braccato dai milanesi, fu salvato ed accolto dai cremonesi. Costante nell'esercito di Federico era la presenza degli arcieri saraceni che, per testimonianza dello stesso Pier Delle Vigne, a Cortenuova combatterono accanto ai cremonesi, armati delle loro lunghe picche. E sicuramente, nella metà del XIII secolo, non ci si stupiva di vedere girare per le strade di Cremona l'elefante di Federico con il suo codazzo di assistenti arabi, medici, gastronomi, guerrieri, architetti e scienziati. Una presenza che, sicuramente, è stata fondamentale anche per lo sviluppo culturale e artistico della stessa città, e, da sola, può spiegare l’unicità del nostro Torrazzo. Dunque, perché non richiedere per questa torre ricca di storia e di significati che superano i confini nazionali un riconoscimento Unesco che ne certifichi l’appartenenza a tutta l'umanità?
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commenti
Elisa
25 giugno 2021 12:27
L'arte parla di se senza chiasso: è, e rimane nella storia portando in se la storia e ogni visione di umanesimo di cui ne ha vissuto il contatto.
dario
25 giugno 2021 16:27
Sono sorpreso che non sia già stato fatto. Bisognerebbe accellerare su questo ed altri bellissimi spunti cremonesi. Aiuterebbe il turismo-