4 settembre 2024

Ecco i lavori di recupero dell'ex Fornace Frazzi sul viale Po: così diventerà polo culturale e area espositiva

Proseguono a pieno ritmo i lavori di recupero, miglioramento sismico e rigenerazione urbana della ex Fornace Frazzi di Cremona, esempio raro di conservazione della struttura in muratura a volte con forno Hoffmann per la cottura dei laterizi. Allo storico complesso industriale, destinato a diventare tra qualche mese polo culturale, luogo di incontri e area espositiva (mantenendo comunque l’arena estiva dedicata alle proiezioni cinematografiche) cremonasera.it ha per altro dedicato, nel tempo, diversi ed ampi servizi. I lavori, voluti e avviati dal Comune di Cremona, stando al “crono programma” dovrebbero concludersi entro fine anno e sono andati in porto grazie ad un investimento di un paio di milioni di euro, coperto con fondi del Pnrr e con una parte stanziata direttamente dal Comune. La progettazione e la direzione dei lavori sono invece stati curati dallo Studiorinnova di San Giovanni in Croce, importante realtà composta da ottimi professionisti che, solo negli ultimi mesi hanno seguito anche i lavori di riqualificazione energetica della ex scuola di Solarolo Rainerio, dell’asilo comunale di Calvatone e gli interventi di isolamento termico a cappotto della scuola media Roncalli di Gussola.

Per quanto riguarda la ex Formace Frazzi, questa può essere considerata l’emblema di un pezzo di storia importante del nostro territorio visto che fin dall'antichità, il territorio cremonese è stato al centro di una notevole attività laterizia e, nel corso dei secoli, si è trasferita all'industria dei laterizi una conoscenza secolare di lavorazione e produzione dell'argilla cotta, ancora oggi ben evidente in non pochi dei  principali monumenti cittadini. La  Fornace Frazzi è stata una delle più importanti industrie manifatturiere della Cremona novecentesca, di rilievo europeo e famosa per aver realizzato processi produttivi e tecnologici del tutto innovativi ed ha rappresentato la capacità di configurare, pur restando sotto molti aspetti perfettamente integrata nel centro storico di Cremona, uno spazio urbano tale da riassumere nella sua specificità i tipici caratteri della città-fabbrica della modernità.

Il recupero in corso, come per altro si è già scritto, permetterà di creare, al  piano terra, uno spazio espositivo destinato a cinema, fotografia, museo del cotto e ci saranno spazi a disposizione delle diverse associazioni del territorio. Ai piccoli eventi culturali sarà dedicato il primo piano e vi sarà anche un importante spazio espositivo ed un laboratorio del cotto che saranno utilizzati dal gruppo culturale cittadino "Centro Studi Laboratorio del Cotto" che avrà così più visibilità e potrà allargare le proprie  attività ad un pubblico più ampio. La fornace Frazzi, o meglio quel che ne resta oggi, è custode della  memoria della storia del laterizio cremonese. Industria di produzione del cotto, la fornace è divenuta  simbolo di uno dei maggiori produttori italiani di mattone che ha ampliato notevolmente anche in Umbria la propria ditta costituendo una seconda sede per soddisfare le richieste del mercato.
Giusto anche ricordare che da pochi giorni ha chiuso, al Museo di Storia Naturale la mostra La “Frazzi” terra cremonese nel mondo a cura dell’Associazione Centro Studi e Ricerche “Laboratorio del Cotto” che ha illustrato e descritto la grande e storica Fornace Eredi Frazzi, che ha operato per oltre un secolo (dal 1860 al 1976) con una fiorente attività produttiva diffusasi in tutto il mondo.Fu fondata da Andrea Frazzi, al quale succedette nella gestione il figlio, ingegnere Francesco Frazzi, personaggio di eccezionale fertile genialità, la Fornace si mantenne all’avanguardia nell’evoluzione dei laterizi prodotti specializzandoli per nuove applicazioni. Come già scritto, si tratta di un esempio raro di conservazione della struttura in muratura a volte con forno Hoffmann.

Nelle terre del Po non la sola fornace di questo tipo. A poche decine di chilometri da Cremona, sulla sponda emiliana del Po, a Gramignazzo di Sissa Trecasali, esiste ancora oggi, ottimamente conservata, la storica fornace Pizzi, fondata nel 1882 e recuperata in tempi recenti grazie all’impegno della cittadinanza e dell’associazione La Fornace. Nonostante le “ferite” causate dai bombardamenti bellici la fornace subito dopo la seconda guerra mondiale venne riattivata ed è, a sua volta, un raro esempio ancora completo di Forno Hoffmann dal nome del suo fondatore. Infatti nel 1858 il berlinese Friedrich Eduard Hoffmann fece brevettare un nuovo tipo di fornace a fuoco continuò che presentò all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1867. Quella di Gramignazzo fu una delle prime costruite in Emilia Romagna. La prima fu quella di Guastalla nel 1873; quella di Gramignazzo è invece del 1882. In Emilia Romagna ne sono state realizzate una quarantina, per lo più a inizio Novecento. Quella di Gramignazzo era fatta ad anello con 12 camere, una ciminiera al centro ed il fuoco era alimentato con carbone tritato con il lavoro svolto in continuo. Ad inizio Novecento vi si producevano i mattoni per la costruzione del Campanile di San Marco a Venezia. Se questa struttura industriale è stata recuperata è purtroppo ormai ridotta allo sfacelo, a pochi chilometri di distanza, la Fornace Hoffmann di Ardola di Polesine Zibello. Qui i pochi propositi di recupero, ormai datati e finiti nel dimenticatoio, sono rimasti tali e dell’edificio è rimasto lo “scheletro” invaso da arbusti e rovi. Questa fornace risale al 1870-1880 ed era costituita da un fabbricato basso a forma di anello oblungo all’interno del quale una serie di camere poste una accanto all’altra comunicano mediante apposite aperture per lo scambio di calore, in modo tale che la cottura del laterizio potesse appunto avvenire a ciclo continuo, come da progetto del suo ideatore Friedrich Eduard Hoffmann. Ancora oggi resiste, a fatica, l’alto camino e sono ridotte a ruderi le basse casupole nelle quali un tempo soggiornavano “i furnasèn”, che altro non erano che degli stagionali addetti alla produzione dei mattoni. Era, quello, un lavoro che richiedeva gente tenace, braccia robuste, al quale si accompagnava una vita grama. Ben poche erano le ore di riposo ed i pasti, quando andava bene erano composti da una fetta di polenta e da qualche bicchiere di torchiato: il sufficiente (a malapena) per ritemprare le forze in vista della dura giornata successiva. Ad Ardola vi lavoravano stagionalmente alcune famiglie provenienti per lo più dalla Toscana. La vita era veramente dura con sveglia alle 4 del mattino e le ore di lavoro quotidiano erano 15-16. Il fuochista doveva essere talmente bravo, a colpo d’occhio, da sapere quando i mattoni erano cotti al punto giusto. Le fornaci garantivano una certa produzione fissa ai costruttori nel mondo dell’industria; in caso contrario potevano anche pagare i danni.

Eremita del Po

 

Paolo Panni


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commenti


Giuseppe FRANZOSI

4 settembre 2024 17:24

Anche a Costa S.Abramo c'era una famosa fornace che ha chiuso i battenti negli anni 70.Ma non tutti sanno che quasi tutti i comignoli delle fornaci del Cremonese sono opera di un illustro Costese, OMO che sapeva costruirli perfettamente.

Manuel

4 settembre 2024 19:01

Non sapevo.
Ho conosciuto un altro illustre costese: sapeva proporre golosi marubini, ma non faccio il nome perché sennò si monta la testa.

Michele de Crecchio

5 settembre 2024 21:50

Sono particolarmente felice per l'interesse che, nell'opinione pubblica cremonese, si sta manifestando per il recupero (solo parziale, purtroppo) di quanto residua delle storiche fornaci Frazzi, interesse che, sia pure a tanti anni di distanza e solo parzialmente, compensa la enorme fatica amministrativa e personale che mi costò, a suo tempo, salvarne porzioni significative, quando per ben venti anni (dal 1975 al 1995) mi dovetti impegnare, pur nella incomprensione di molti, per consentire a Cremona di conservare, nella sua immediata periferia e almeno parzialmente, la straordinaria testimonianza di "archeologia industriale" costituita dai resti della gloriosa fornace Frazzi. Tra le moltissime integrazioni e riserve che al riguardo potrei aggiungere, mi limiterò a due sole precisazioni che ritengo opportuno e doveroso fare, entrambe relative alla più alta delle due ciminiere superstiti (delle tre che caratterizzavano, sino agli anni 60, l'imponente complesso produttivo).
Tale ciminiera, se la memoria non mi inganna, dovrebbe essere alta ben 51(!) metri e la sua costruzione, come affermato dalla memoria popolare, dovrebbe essere avvenuta all'inizio del secolo scorso, ad opera di maestranze austriache (!), allora le più esperte nel sostituire i tradizionali forni "a tino" con le più complesse e più produttive fornaci "Hoffmann".
Quando, nel 1995, conclusi il mio tormentato ventennio di impegno come assessore comunale, ebbi l'accortezza di raccomandare verbalmente al compianto ottimo ingegner Amilcare Seghizzi, di tenere "d'occhio" tale imponente e monumentale costruzione, sulla totale affidabilità statica della quale cominciavo personalmente a nutrire qualche dubbio. Merito indubbio dell'ingegner Seghizzi e dei collaboratori del suo studio fu poi quello di seguire con diligente attenzione, eseguendo periodici controlli e rilievi, l'evoluzione della situazione statica del manufatto e, anni più tardi, di segnalare tempestivamente, all'ufficio tecnico comunale, la necessità di sollecitamente intervenire con alcuni opportuni accorgimenti quando tale situazione iniziò a dare segnali di peggioramento. Grazie ai lavori sollecitamente autorizzati da tale ufficio ed eseguiti sotto il diligente controllo dello stesso ing. Seghizzi, la colossale ciminiera fu messa in sicurezza, condizione che spero sia destinata a conservarsi a lungo in futuro e a beneficio, vuoi del paesaggio urbano, che del prestigio della nostra amata Cremona.