16 maggio 2025

Enrico Dindo: "Per suonare il violoncello bisogna aprire le ali". A colloquio con il grande violoncellista torinese, in questi giorni alla Stauffer per una masterclass

"Per suonare il violoncello bisogna aprire le ali": questa è una indicazione tecnica, ma è anche una grande metafora, un pensiero profondo, perché le ali si possono aprire per raggiungere la libertà espressiva, la capacità di trasmettere emozioni a chi ascolta. È Enrico Dindo a dare il suggerimento agli allievi Stauffer, dove il celebre e celebrato violoncellista arriva per la prima volta, intensificando così quel network di insegnanti illustri che si susseguono all'Accademia a ritmo sempre più serrato.

"Sono felicissimo di essere qui, nonché onorato" - racconta il Maestro. "Per me la Stauffer è stata sempre un punto di riferimento per l'alto perfezionamento, anche se non ho avuto modo di frequentarla, perché ho cominciato la mia carriera appena diplomato. Ma il luogo è stupendo, aule meravigliose, attrezzatissime, e il livello dei ragazzi è davvero molto alto".

Per suonare il violoncello bisogna aprire le ali: "In realtà – ci spiega Dindo con il suo sorriso aperto e sincero – paradossalmente noi violoncellisti suoniamo lo strumento dalla parte 'sbagliata', dobbiamo aprire le braccia per passare dalla parte giusta, per così dire, per poter muovere le mani, per mettere in vibrazione le corde di questo che per me è lo strumento più bello del mondo! Il suo suono ha la tessitura che più si avvicina alla voce umana, sia nel registro maschile, per i toni molto bassi, che in quello femminile, con le altezze di suono assai acute".

Ma con Dindo ci si può abbandonare anche alla metafora, del pensiero che vola per catturare tutte quelle immagini, quella narrazione che la musica riesce a evocare. "Io invito sempre i miei allievi quando suonano, – continua a raccontare con passione - a creare dei personaggi veri e propri, a raccontare storie, creare situazioni che smuovano l'emozione di chi ascolta; per interpretare con intensità e profondità chiedo loro di immaginare e ascoltare la voce della persona che ha composto la musica, il linguaggio di Brahms, Dvořák, la voce di Schumann. Questa suggestione aiuta tantissimo a restituire al pubblico l'intensità del nostro sentire".

Figlio d'arte, Enrico Dindo comincia a sei anni lo studio del violoncello. Si perfeziona con Antonio Janigro e, nel 1997, conquista il prestigioso Primo Premio al Concorso "Rostropovich" di Parigi. Da quel momento inizia un'attività da solista che lo porta a esibirsi con le più prestigiose orchestre del mondo, nelle maggiori sale e teatri internazionali, una carriera concertistica luminosa. Ma come nasce la voglia di insegnare? È un atto di grande generosità, non sempre presente nei più grandi artisti: "Devo confessare che all'inizio non ero molto portato per l'insegnamento, perché molti anni fa ho cominciato con i bambini piccoli e mi sentivo inadeguato. Anzi, mi sono posto il problema che li avrei potuto anche rovinare! Quindi ho smesso. Invece, quando ho potuto farlo con i ragazzi più grandi, mi si è aperto un mondo. Ho scoperto che questa dimensione mi interessava tantissimo, ero a mio agio, ho subito trovato una dialettica per poter entrare in comunicazione con i giovani musicisti. Io ho avuto tanto dalla vita, ecco a quel punto volevo cominciare a condividere con queste persone che si affidavano a me le mie esperienze e ancora ora mi piace la condivisione, la connessione e soprattutto stare accanto, supportare chi comincia un percorso. Questo mi appaga davvero molto".

 

 


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