13 settembre 2021

La comunità di Sant’Ambrogio accoglie don Paolo Arienti: «Gratitudine per ciò che inizia, per ciò che continua e si trasforma»

Un pensiero di gratitudine, la condivisione di una consapevolezza, una richiesta di aiuto. Questi i tre primi indirizzi proposti da don Paolo Arienti nel suo saluto alla comunità della parrocchia di Sant’Ambrogio di Cremona, durante la Messa presieduta dal vescovo Napolioni nella mattinata di domenica 12 settembre, giorno del suo insediamento come parroco e come moderatore della erigenda unità pastorale “Don Primo Mazzolari”, che coinvolge le parrocchie di Migliaro, Boschetto e San Giuseppe nel quartiere Cambonino.

«Al parroco – ha sottolineato nella sua omelia mons. Napolioni – il compito di stare con il Signore anche per la sua comunità, e di indicare le presenze del Signore nel quartiere e tra le case, in quelle scintille di bene di cui questa comunità è ricca».

Una comunità che dopo aver salutato don Carlo Rodolfi (parroco di Sant’Ambrogio dal 2004 e nominato collaboratore presso l’Unità pastorale S. Omobono in città e Canonico del Capitolo della Cattedrale) ha accolto don Paolo Arienti con grande partecipazione.

Il primo saluto al nuovo parroco è arrivato sul sagrato della chiesa a nome della comunità civile della città e del quartiere. A pronunciarlo l’assessore Barbara Manfredini, che ha confermato la disponibilità da parte della Amministrazione comunale «al confronto e alla collaborazione e a lavorare insieme per unire e per il bene comune. Insieme – ha aggiunto l’assessore – possiamo costruire modelli innovativi per dare un impulso ai valori di solidarietà, all’importanza delle relazioni sociali e al rispetto quali valori fondamentali del bene comune».

 

Subito dopo l’ingresso nella chiesa per la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo e concelebrata dal vicario don Andrea Barbieri, dal parroco di Migliaro e Boschetto don Maurizio Ghilardi, don Claudio Rubagotti e don Francesco Fontana, che succede proprio a don Arienti alla guida di Ufficio di Pastorale Giovanile e Federazione Oratori Cremonesi, e aperta, dopo il canto iniziale intonato dalla corale parrocchiale e il saluto del vescovo, dalla lettura del decreto di nomina, data alla comunità dal vicario don Andrea Barbieri.

Al termine dei riti di ingresso è stata poi una rappresentante della comunità parrocchiale, Chiara Ghezzi, a dare il benvenuto a don Paolo con la lettura di un messaggio di saluto che ha suggestivamente introdotto un’immagine efficace per assimilare il rapporto tra un parroco e la sua comunità a quello tra due sposi: «Sono l’uno per l’altro strumento di santificazione». «Così – ha detto poi rivolgendosi al sacerdote – tu e noi assieme avremo occasione di stupirci della Provvidenza del Signore che ci dona gli uni all’altro».

Le letture hanno poi offerto profondi spunti di riflessione raccolti dal vescovo Napolioni durante la sua omelia. In particolare dal Vangelo di Marco proposto dalla liturgia domenicale: “Voi chi dite che io sia?” è la domanda che Gesù rivolge agli apostoli dopo aver annunciato il rifiuto di anziani, capi dei sacerdoti e scribi che sarebbe culminato nella crocifissione. «Nel rifiuto di Gesù da arte del mondo – ha commentato il vescovo – si rivela l’amore che va oltre le logiche umane». Poi il suggerimento a declinare la domanda sulla vita di una comunità in un momento di passaggio importante come quello dell’avvicendamento di un parroco: «E voi cosa dite? Di chi è la parrocchia?… È il parroco che deve rispondere: “La parrocchia è di Gesù”. In questo è il senso della vita cristiana: una vita in Cristo e nella Chiesa».
Nella sua riflessione mons. Napolioni non ha fatto mancare il suo ringraziamento a don Paolo per il servizio svolto in dieci anni di attività nella Pastorale giovanile diocesana e in Focr, richiamando alla presenza visibile di collaboratori e volontari in casacca gialla nell’assemblea.

Il cammino ora continua – ha proseguito – con le difficoltà e le prospettive che svela ogni cambiamento, ma sempre con quello sguardo di chi si lascia guidare: «I credenti vivono nel tempo ma con la prospettiva dell’eterno. C’è un bosco da esplorare, un deserto da attraversare: non vediamo tutto il percorso ma sappiamo che il Signore ci attende, ci accompagna e ci abbraccia. Dunque cosa fare nel corso del cammino? A quale velocità dobbiamo percorrerlo? Tocca al parroco tenere unite le diverse andature presenti nella comunità, ripartendo da qui, dalla Messa. Perché senza questi doni ci ritroviamo soli».

Non soli, dunque ma in condivisione anche tra le comunità che formeranno l’unità pastorale: faranno brillare ancora meglio le loro scintille di bene se non avranno paura di condividerle»

«Ce la faremo certamente! – ha concluso – Il canto del Gloria ci accompagnerà come sottofondo del cuore tutti i giorni. Non per i nostri meriti (non siamo sotto giudizio per ciò che facciamo), ma nell’entusiasmo di chi si scopre amato da Dio, condotti per mano da lui all’incontro con i fratelli».

E in questo clima insieme di raccoglimento e fraternità è proseguita la Messa che dopo la Comunione ha visto il nuovo parroco prendere la parola per un saluto alla comunità che lo ha accolto. Da don Paolo un primo pensiero di gratitudine «per ciò che inizia, continua e si trasforma proprio qui, attorno all’Eucaristia»; un ringraziamento che va al Vescovo, alla famiglia, all’unità pastorale di Castelverde dove ha risieduto fino a pochi giorni fa e dove – ha ricordato con una battuta – «ho svolto il “turno di notte”», alle Madri del collegio della Beata vergine dove per 4 anni ha celebrato la messa dell’alba, al team Focr e don Francesco Fontana, al vicario don Andrea Barbieri e ai confratelli che lo affiancheranno nella costituzione della unità pastorale “Mazzolari”, don Maurizio Ghilardi e don Alberto Martinelli. Un ringraziamento speciale è andato a don Carlo Rodolfi e poi alla comunità che – ha osservato – «che mi accoglie e si fida, come accade nei passaggi più belli e importanti delle nostre vite»

Il secondo pensiero di don Paolo ha riguardato la vita delle comunità nel tempo attuale: «Comunità sempre più piccole – ha commentato – è che a volte si consumano nel senso di colpa e sono tentate dalla chiusura in prassi religiose di difesa e autoconservazione», che sfociano «in certe battaglie ideologiche che non vedono attorno a sé se non nemici da combattere». Ma in gioco – ha proseguito – «non c’è il successo di un’iniziativa: conta la tessitura del bene, il “fare bene il bene”. Proviamo dunque noi per prime a “respirare”, a non morire in riti vuoti, di maniera: ci attendono lo sterminato campo della carità fraterna, la sfida educativa, l’adesione a una speranza che libera tutti, in particolare per chi è ultimo».

Infine una richiesta «di aiuto e sostegno reciproco» a tutte le componenti della parrocchia: «Preoccupiamoci non di dare una mano ai don ma di essere coscienza viva di Cristo, suo corpo nello spazio laico del nostro vivere. Non preoccupiamoci solo del nostro andare in chiesa, ma di essere Chiesa». Un appello che richiama lo stile sinodale indicato dal Papa per la Chiesa italiana, uno stile caro proprio a don Paolo che negli scorsi anni ha animato il Sinodo diocesano dei giovani: «Non un evento, ma una sfida che possiamo raccogliere insieme solo se insieme ci lasciamo guidare, gli uni accanto agli altri». (www.diocesidicremona.it)

 

 


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